Agricoltura sostenibile: definizione, modelli e finalità

Il concetto di agricoltura sostenibile è molto ampio e può essere visto dal punto di vista ambientale, sociale o economico. Vediamone i diversi aspetti e finalità.

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Agricoltura sostenibile, cos’è

Il concetto di agricoltura sostenibile è molto ampio e complesso. Può essere visto dal punto di vista ambientale, intendendo un'agricoltura rispettosa delle risorse naturali quali acqua, fertilità del suolo, biodiversità, e che non utilizzi sostanze chimiche inquinanti.

 

Si può parlare di agricoltura sostenibile dal punto di vista sociale, cioè la capacità dell'intera produzione agroalimentare mondiale di far fronte alla domanda globale, non solo dei paesi industrializzati, ma anche di quelli in via di sviluppo.

 

Si può infine intendere l'agricoltura sostenibile dal punto di vista economico, cioè vantaggiosa per l'agricoltore favorendo un reddito equo (commercio equo-solidale), la tutela della salute dell'operatore e il miglioramento della qualità della vita degli agricoltori e dell'intera società.

 

Agricoltura sostenibile vs agricoltura intensiva

Basta questa breve introduzione sull’agricoltura sostenibile per far capire le differenze rispetto all’agricoltura intensiva. Questa espressione si usa per indicare quelle tecniche agricole che puntano unicamente a massimizzare la resa per metro quadro, possibilmente abbattendo la necessità di manodopera e quindi i costi.

 

Per forzare i ritmi della natura, l’agricoltura intensiva fa largo uso di:

  • pesticidi di sintesi, cioè sostanze chimiche che allontanano o uccidono qualsiasi organismo potenzialmente nocivo per le piante;
  • fertilizzanti chimici, cioè sostanze nutritive aggiuntive che rendono il terreno più fertile; così facendo però a lungo andare rischiano di impoverirlo e di contaminare i corsi d’acqua;
  • erbicidi (come il celebre glifosato) che uccidono le erbe infestanti;
  • macchinari agricoli e tecnologie che vanno a rimpiazzare quasi del tutto la manodopera.

 

Tipicamente la formula scelta è quella delle monocolture, cioè vaste piantagioni destinate ad un’unica specie vegetale, coltivata in maniera standardizzata. Esempi tipici sono i mandorleti californiani, oppure gli sterminati campi tedeschi di mais e colza.

 

Tipi di agricoltura sostenibile

Non esiste un unico modo per fare agricoltura sostenibile. I modelli agricoli che mettono in pratica i principi e le tecniche di agricoltura sostenibile sono diversi:

  • Agricoltura biologica: è un metodo di produzione effettuato nel rispetto del regolamento europeo CEE 2092/91, ammette solo l'utilizzo di sostanze naturali, evita lo sfruttamento eccessivo delle risorse quali suolo, acqua e aria. Le aziende agricole certificate bio non utilizzano sostanze chimiche di sintesi  (concimi, diserbanti, anticrittogamici, insetticidi, pesticidi), ma si servono di fertilizzanti naturali e della rotazione delle culture.

 

  • Agricoltura biodinamica: è un principio di produzione basato sulla visione antroposofica del mondo, elaborata dal filosofo austriaco Rudolf Steiner nel 1924. La biodinamica ha come fondamento il rispetto dell'ecosistema terrestre tenendo in considerazione le leggi cosmiche (soprattutto le fasi lunari) e l'attivazione della vita nel suolo, in modo che le piante possano autoregolarsi e adattarsi alle condizioni esterne. Non si utilizzano concimi chimici, né fitofarmaci ed è prevista la somministrazione in dosi omeopatiche di preparati naturali per favorire la fertilità del suolo e la crescita delle piante. 

 

  • Permacultura: è una disciplina ideata da Bruce Charles 'Bill' Mollison (Stanley, 1928), scienziato e naturalista australiano. Con il termine permacultura non si intende solo l'insieme di pratiche agricole orientate al mantenimento naturale della fertilità del terreno, ma anche un sistema integrato di progettazione che intreccia tematiche proprie dell'architettura, dell'economia, dell'ecologia e dei sistemi giuridici per le imprese e le comunità. La permacultura è un metodo per progettare e gestire paesaggi antropizzati in modo da soddisfare i bisogni della popolazione quali cibo ed energia e permettere la sostenibilità degli ecosistemi naturali.

 

  • Ecovillaggi: è un tipo di comunità che si pone come obbiettivo principale la sostenibilità ambientale, sperimentando stili di vita diversi da quelli imposti dall'attuale sistema socio-economico. L'adesione dei partecipanti è volontaria e prevede la progettazione di nuclei abitativi per ridurre al minimo l'impatto ambientale, l'utilizzo di fonti di energia rinnovabile e l'autosufficienza alimentare basata sulla permacultura o su un'agricoltura biologica. In sintesi l'ecovillaggio permette di soddisfare molti bisogni fondamentali, come casa, cibo e lavoro, garantendo alla comunità una qualità di vita migliore non legata alle dinamiche di consumo e globalizzazione proposte dalla società odierna. 

 

  • Agricoltura solidale: i prodotti da agricoltura solidale e sostenibile crescono su terreni liberi dallo sfruttamento delle persone, liberi da ricatti, estorsioni e mafie. È un'agricoltura che rispetta l’uomo e l’ambiente, basata su relazioni dirette, solide e di fiducia, per ridurre la distanza tra chi la terra la coltiva e chi ne gode i frutti.

 

  • Agroforestazione: si tratta di un sistema complesso in cui i seminativi e le piante da frutto convivono con alberi, arbusti e pascoli, senza più una distinzione netta tra foresta e terreno agricolo.

 

Quali caratteristiche deve avere un’azienda agricola sostenibile

Chi può praticare l'agricoltura sostenibile è libero di scegliere tra questi approcci. Ciascuno di essi ha le sue regole, i suoi requisiti e – soprattutto nel caso del biologico e del biodinamico – le sue certificazioni. Volendo ricostruire alcune linee generali, le aziende agricole sostenibili:

  • salvaguardano la biodiversità, cioè la varietà degli organismi viventi;
  • si inseriscono in modo armonico nell’ecosistema;
  • riducono gli sprechi di risorse (in primis l’acqua);
  • evitano di forzare oltre misura i ritmi naturali;
  • restringono l’uso di sostanze chimiche potenzialmente nocive per la salute dell’uomo e dell’ecosistema;
  • garantiscono condizioni di lavoro dignitose agli agricoltori;
  • distribuiscono il valore in modo equo lungo tutta la filiera.

 

Agricoltura sostenibile in Europa

Anche le istituzioni europee promettono di mettere la sostenibilità al centro delle proprie politiche agricole, i cui indirizzi strategici sono regolati soprattutto da:

 

Nel concreto, le disposizioni che riguardano il comparto agricolo sono innumerevoli e interrelate: l’iter affinché vengano tradotte in leggi dagli Stati membri, inoltre, è lungo e non certo intuitivo. In linea generale, anche la Commissione europea chiarisce che la sostenibilità – anche in materia di agricoltura – va intesa nelle sue tre dimensioni:

  • Ambientale: si inseriscono qui gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra dovute all’allevamento del bestiame, il focus su tutela del suolo e riforestazione come mezzi per aumentare la capacità di sequestro della CO2, le iniziative per rendere le colture più resilienti di fronte alla crisi climatica.
  • Sociale: bisogna produrre cibo a sufficienza per sfamare una popolazione in aumento, ma bisogna al tempo stesso garantire agli agricoltori un reddito adeguato, favorendo la loro crescita professionale e il ricambio generazionale.
  • Economica, perché “senza la capacità di fornire un reddito stabile e remunerativo, l'agricoltura non sarebbe in grado di fornire i suoi prodotti e servizi essenziali per la società”.

 

Agricoltura sostenibile in Italia

In questo percorso di transizione verso l’agricoltura sostenibile, l’Italia è già a buon punto. Lo dimostrano i dati elaborati da Fondazione Symbola:

  • Le emissioni di gas serra dovute al comparto agricolo sono pari a 30 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, meno della metà rispetto a quelle di Francia (76 milioni) e Germania (66 milioni).
  • Tra il 2011 e il 2018 l’uso di pesticidi è stato sforbiciato del 20%, una tendenza opposta rispetto a quella registrata in Francia e Germania. 
  • Sempre tra il 2011 e il 2018, il comparto agricolo italiano è stato capace di accrescere l’approvvigionamento di energia da fonti rinnovabili e ridurre i consumi d’acqua.
  • Con 2,1 milioni di ettari, 102mila in più rispetto al 2019, l’Italia nel 2020 è stata la terza nazione europea per superficie agricola coltivata a biologico, dopo Spagna e Francia.
  • Se si misura invece il numero di produttori biologici attivi, invece, l’Italia è sul primo gradino del podio europeo, a quota 71.590.
  • Il Belpaese vanta 305 specialità e 524 vini Dop e Igp.
  • Un’impresa agricola su quattro è guidata da una donna: notevole la presenza di imprenditori e imprenditrici under 35, oltre 56mila.

 

Le finalità dell'agricoltura sostenibile e solidale

L'agricoltura solidale propone un modello di economia fondato su un codice etico vincolante per tutti i soggetti che lavorano in questo settore e finalizzato a:

  • migliorare le condizioni di vita dei produttori aumentandone l’accesso al mercato, pagando le loro merci a un prezzo più equo e assicurando continuità delle relazioni commerciali;
  • promuovere opportunità di sviluppo per produttori svantaggiati, specialmente gruppi di donne e popolazioni indigene e proteggere i bambini dallo sfruttamento;
  • divulgare informazioni sui meccanismi economici di sfruttamento, tramite la vendita dei prodotti, favorendo e stimolando nei consumatori la crescita di un atteggiamento alternativo al modello economico dominante e la ricerca di nuovi modelli di sviluppo;
  • proteggere i diritti umani promuovendo giustizia sociale, sostenibilità ambientale, sicurezza economica, uso equo e sostenibile delle risorse ambientali.