Naomi Klein, chi è l'autrice di No Logo

Naomi Klein è per tutti l'autrice canadese di No Logo, il bestseller che, nell'ormai lontano 2000, aprì gli occhi di tutto il mondo sulle politiche delle multinazionali nei paesi in via di sviluppo. È giornalista, scrittrice e docente e si batte ancora oggi per un futuro più etico che, sostiene, non potrà prescindere da un Green New Deal per l’ambiente.

naomi-klein

Credit foto
©Adolfo Lujan - Flickr Creative Commons

Credit video
Montaggio: Claudio Lucca

Giornalista, scrittrice e attivista canadese, Naomi Klein è un emblema dell'attivismo dei nostri tempi. Divenuta celebre per le feroci critiche nei confronti del consumismo e delle pratiche aziendali delle multinazionali nei Paesi in via di sviluppo, è in prima linea per trovare soluzioni alla crisi climatica, alle ingiustizie sociali e alle disuguaglianze razziali.
 

 

Chi è Naomi Klein

Naomi Klein (Montréal, 8 maggio 1970) è una giornalista, scrittrice e attivista canadese. È autrice di molti saggi di fama internazionale, tra cui No Logo, bestseller tradotto in 28 lingue, che si scaglia contro le pratiche delle multinazionali nei Paesi in via di sviluppo.

 

Vive e lavora a Toronto, dove gestisce una rubrica sul “Guardian” e su “The Nation”. Come giornalista, ha ricevuto numerosi premi. È corrispondente senior per “The Intercept” e ha pubblicato su testate prestigiose come “The New York Times” e “The Village Voice”.

 

Dopo la stesura del saggio Shock economy (2007), è intervenuta con commenti, articoli ed interviste su CNN, BBC, RAI, “Los Angeles Times” e “The Washington Post”. In Italia, ha collaborato con L'Espresso, Internazionale e Il Manifesto”.

 

Impegnata in prima linea nel trovare una soluzione alla crisi climatica in atto, ha partecipato alla stesura di The Leap Manifesto, documento per una rapida ed equa transizione verso l'energia pulita.

 

Ha contribuito alla realizzazione di alcuni documentari, basati sulle sue opere, che hanno ricevuto importanti riconoscimenti a livello internazionale.

 

È titolare della cattedra in Media, cultura e femminismo presso la Facoltà di Comunicazione e informazione della Rutgers University. Da settembre 2021 lavora anche per la University of British Columbia, come docente di Giustizia climatica e co-direttrice del Centro per la giustizia climatica.

 

No Logo e il movimento no global

No Logo, Economia globale e nuova contestazione, pubblicato durante le proteste no-global del 1999-2000, prende di mira le pratiche aziendali e commerciali delle grandi multinazionali. 

 

Il saggio si apre con una riflessione sull’evoluzione vissuta dal capitalismo. Se inizialmente tale modello faceva perno sulla produzione, con il tempo quest’ultima è diventata sempre più marginale negli interessi delle aziende, che hanno iniziato a dedicare sempre più risorse (anche monetarie) alla costruzione del brand, ammantandolo di valori immateriali per fare breccia nella mente dei consumatori.

 

A farne le spese, però, sono stati i lavoratori. Perché, per potersi permettere questi nuovi investimenti, le imprese hanno risparmiato sulla forza lavoro dislocando le fabbriche nei Paesi del sud del mondo, per potersi approfittare delle minori tutele. Il saggio continua descrivendo gli attacchi che sono stati sferzati dal basso alle grandi multinazionali, ritenute colpevoli di questo atteggiamento indifferente alla dignità e ai diritti dei più deboli.

 

L'impatto della feroce critica allo sfruttamento delle risorse e dei lavoratori del Sud del mondo fu immediato, tanto da trasformare rapidamente il saggio in bestseller e in un testo di riferimento per il dibattito politico ed economico mondiale dei decenni successivi. È considerato il manifesto del movimento no-global ed è stato tradotto in 28 lingue, incluso l’italiano: considerati i tragici fatti di Genova 2001, anche nel nostro Paese il tema ebbe una grandissima risonanza.
      

 

The Leap Manifesto

Naomi Klein è una delle ideatrici di The Leap Manifesto, letteralmente “il manifesto del balzo”, un documento scritto a più mani per una rapida transizione verso una società fossil free. Firmato da oltre 200 organizzazioni e decine di migliaia di individui, fa riferimento al Canada ma ha ispirato molte altre iniziative analoghe nel mondo.

 

Ma perché questo nome inconsueto? La risposta sta nel testo: “Sappiamo che il tempo che abbiamo per questa grande transizione è breve. Gli studiosi del clima ci hanno detto che questo è il decennio in cui agire con decisione per evitare un catastrofico riscaldamento globale. Ciò significa che i piccoli passi non ci porteranno più dove avremmo bisogno di arrivare. Pertanto dobbiamo fare un balzo.

 

Il testo non va confuso con un trattato scientifico sul riscaldamento globale, perché chiama in causa anche fattori culturali, sociali, economici. Invitando per esempio rispettare i diritti degli indigeni, l’internazionalismo, i diritti umani, la diversità; a redistribuire la ricchezza alla cittadinanza; a riequilibrare la bilancia della giustizia. Insomma, adotta quell’approccio olistico che è essenziale per affrontare temi tanto complessi e cruciali.

 

Naomi Klein è stata inoltre co-fondatrice e membro del direttivo di The Leap, organizzazione per la giustizia climatica originatasi sulla base dei contenuti del Manifesto, per sensibilizzare sulle più grandi crisi dei nostri tempi: clima, razzismo e disuguaglianza. Un’esperienza che si è conclusa dopo cinque anni, nel 2021.

 

Insieme per un Green New Deal

Nelle pagine de Il mondo in fiamme, Naomi Klein unisce trova un nesso tra i due grandi temi della contemporaneità: il modello economico capitalista e la crisi climatica. La consapevolezza di un meccanismo potenzialmente irreversibile che potrebbe sconvolgere nostra società così come la conosciamo, spiega, deve spingerci a fare scelte coraggiose. A partire dall’adozione di un Green New Deal. 

 

Il Green New Deal è la visione necessaria a trasformare le economie in modo da vincere la battaglia climatica, abbattendo allo stesso tempo le crescenti disuguaglianze che essa porta con sé. 

 

In questa raccolta di saggi”, ha dichiarato l'attivista canadese a Vogue Italia, “spiego come abbiamo procrastinato l’azione sul clima per venticinque anni, perché i sistemi che i paesi hanno messo in atto, soprattutto i meccanismi di mercato, chiaramente non hanno funzionato, e oggi abbiamo bisogno di un nuovo sistema, un Green New Deal; perché la sfida del futuro è diventata la sfida del presente, e dobbiamo capire che la nuova rivoluzione verde funzionerà solo se la leghiamo a una rivoluzione sulle disuguaglianze”.

 

Chi l’ha capito sono i giovani attivisti dei Fridays for Future, a cominciare dalla loro capostipite Greta Thunberg. È per questo che a loro viene dedicato ampio spazio, fin dalle prime pagine. 

 

Serve un piano Marshall per il Pianeta

A partire dalla diffusione dall'emergenza climatica e ancora di più dopo lo tsunami della pandemia da Covid-19,  Naomi Klein è convinta della necessità di un Piano Marshall per il Pianeta Terra.

 

A detta della stessa Klein, si tratta di “un programma per il futuro della nostra società, un upgrade del  sistema operativo, un piano del tirarci su le maniche e portare a termine concretamente il lavoro”.

 

Come la ricostruzione dell'Europa in seguito alla Seconda Guerra Mondiale aveva richiesto l'intervento degli Stati Uniti con un programma politico-economico senza precedenti, così la crisi in atto a livello mondiale (ambientale, sociale, economica, sanitaria) necessita della mobilitazione di risorse ingenti e di una strategia mirata a creare tecnologie, soluzioni e posti di lavoro sostenibili.

 

Questa frase, un Piano Marshall per il Pianeta Terra, l'ho sentita per la prima volta più di 10 anni fa, mentre stavo iniziando a interessarmi giornalisticamente alla crisi climatica e incontrai Angélica Navarro, negoziatrice per il governo boliviano” ha dichiarato in un'intervista con la giornalista e attivista Livia Firth. Fu lei a introdurmi al concetto di risarcimento climatico, ossia alla semplice idea che la crisi climatica è una crisi creata dai ricchi, ma schiacciante per i poveri, che poco hanno a che fare con la sua creazione”.

 

Un debito tangibile, dunque, che i ricchi hanno nei confronti dei poveri, e che necessita di un intervento strutturale e strutturato per essere saldato.

 

Opere

No Logo, manifesto dell’attivismo no global, è e rimane l’opera più famosa di Naomi Klein, ma è stata seguita da molte altre:

  • Recinti e finestre (2002): raccolta di scritti dell'autrice sulla globalizzazione.
  • The Take (2004): film-documentario diretto insieme al giornalista canadese Avi Lewis sulle proteste di quegli anni nelle fabbriche in Argentina.
  • Shock economy. L'ascesa del capitalismo dei disastri (2007): il saggio è un atto d’accusa nei confronti di un’economia di conquista, che sfrutta cinicamente le disgrazie e i disastri a vantaggio di pochi
  • Una rivoluzione ci salverà. Perché il capitalismo non è sostenibile (titolo originale: This Changes Everything: Capitalism vs. the Climate): il saggio, pubblicato nel 2014, mette in relazione i cambiamenti climatici con il capitalismo selvaggio e iniquo. Nel 2015, This Changes Everything diventa un documentario diretto da Avi Lewis, premiato al Toronto International Film Festival.
  • Shock politics. L'incubo Trump e il futuro della democrazia (2017): secondo Naomi Klein, l’elezione di Donald Trump come presidente USA e la sua avanzata in campo politico non riguardano solo gli Stati Uniti, ma il mondo intero. Occorre, dunque, promuovere una sorta di rivoluzione globale in grado di condurre il mondo occidentale a una vera e propria scossa.
  • Il mondo in fiamme: contro il capitalismo per salvare il clima (2019): la crisi climatica non è più una minaccia lontana, ma un'emergenza quantomai attuale e pressante.
  • Capitale contro il clima (2020): un pamphlet che sostiene la tesi per cui la lotta contro la crisi climatica sia efficace soltanto se va di pari passo con il superamento del capitalismo.
  • How to Change Everything: The Young Human's Guide to Protecting the Planet and Each Other (2022): scritto insieme a Rebecca Steffof e non ancora tradotto in italiano, è il suo primo volume espressamente rivolto a un pubblico di giovani.
     

 

Premi e riconoscimenti

Una carriera costellata di premi, quella di Naomi Klein, tanto in ambito giornalistico e letterario, quanto in campo ambientalista.

 

I suoi libri, in primis, hanno ricevuto riconoscimenti di ogni genere. No Logo è stato definito dal New York Times “una bibbia del movimento ambientalista”, mentre The Literary Review of Canada lo ha annoverato tra i cento libri canadesi migliori mai pubblicati. Nel 2016, The Guardian lo ha consacrato tra i Migliori 100 libri di saggistica pubblicati dal 1923.


Una rivoluzione ci salverà (This changes everything) ha ricevuto nel 2014 il premio Hilary Weston Writers' Trust per la saggistica, è stato libro dell'anno per The Observer e uno dei 10 migliori libri del 2014 per i lettori del Guardian.

 

Shock Economy si è aggiudicato il Warwick Prize, è apparso in molteplici liste “best of the year” ed è stato insignito del premio della critica del New York Times. Nel 2017, Shock politics è stato un bestseller del New York Times e ha ricevuto la nomination per il National Book Award.

 

Nel 2015, Naomi Klein ha ricevuto, inoltre, l'Izzy Award per il Giornalismo:Pochi giornalisti affrontano le grandi questioni dei nostri tempi tanto esaustivamente e coraggiosamente quanto Naomi Klein. In lei convivono inchieste rigorose, analisi, storia e principi globali in uno stile capace non solo di identificare i problemi, ma anche di portare alla luce soluzioni e attivismo di successo. Questo vale tanto per il suo pionieristico libro sul cambiamento climatico quanto per le sue colonne sui giornali, in grado di unire brillantemente i puntini- collegando ad esempio giustizia climatica e giustizia razziale”.

 

Nel 2016 le è stato assegnato il premio internazionale d'Australia per la pace, il Sydney Peace Price. Nel 2019 è stata eletta una dei Frederick Douglass 200, un progetto per onorare l'operato dei 200 individui che meglio incarnano lo spirito di Douglass, baluardo dei diritti razziali.

 

Non mancano, infine, riconoscimenti da parte del mondo accademico: nel 2011 e nel 2019 ha ricevuto due lauree ad honorem, rispettivamente presso la Saint Thomas University e l'Università di Amsterdam.