Cop27, cos’è e com’è andata a finire

Com'è andata la Cop27, la Conferenza delle parti sul clima che si è tenuta a novembre 2022 a Sharm el-Sheikh, in Egitto.

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©Casa Bianca / Wikimedia Commons

 

Cos’è una Cop

Si può dire che i negoziati sul clima abbiano una data di nascita, il 1992. Nel mese di giugno per la prima volta i delegati di quasi duecento governi si incontrarono a Rio de Janeiro per discutere su come affrontare i cambiamenti climatici. 

 

L’incontro, ribattezzato Summit della Terra, si concluse con la stipula della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc), un trattato con cui i Paesi si impegnavano a ridurre le concentrazioni in atmosfera dei gas a effetto serra allo scopo di limitare il riscaldamento globale, pur senza porsi limiti vincolanti.

 

I rappresentanti degli Stati aderenti presero l’impegno di incontrarsi una volta l’anno per definire insieme come concretizzare questo obiettivo. Nacquero così le Conferenze delle parti, meglio note come Cop

 

Le Cop più importanti 

La prima di queste conferenze, la Cop1, si riunì a Berlino nel 1995 e fu presieduta da Angela Merkel. Tra gli appuntamenti da ricordare, possiamo citare:

  • La Cop3 del 1997 in cui si adottò il Protocollo di Kyoto, il primo trattato internazionale che fissava per i Paesi industrializzati un target di riduzione delle emissioni giuridicamente vincolante.
  • La Cop15, tenuta a Copenaghen nel 2009, fu sostanzialmente un fallimento perché i governi non riuscirono ad accordarsi su un nuovo testo che sostituisse il Protocollo di Kyoto, divenuto ormai obsoleto.
  • La Cop21 del 2015 riuscì invece a centrare l’obiettivo che era sfumato nel 2009. Con l’Accordo di Parigi, la comunità internazionale si impegnò a contenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto dei 2 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali, facendo tutto il possibile per tentare di non superare gli 1,5 gradi.

 

Cop27: dove e quando

Per convenzione, le Cop si tengono ad anni alterni in un Paese industrializzato e in uno emergente. Così, dopo la Scozia nel 2021, nel 2022 è il turno dell’Egitto. I negoziati si sono quindi svolti nella località turistica di Sharm el-Sheikh dal 6 al 19 novembre 2022, sforando di un giorno sulla durata prevista per la difficoltà di trovare un accordo.

 

Il fatto stesso di svolgersi in Egitto è risultato di per sé problematico, trattandosi di un Paese in cui sono state accertate diffuse e gravi violazioni dei diritti umani, con un peggioramento soprattutto a partire dal 2013, quando ha preso il potere con un colpo di Stato l’attuale dittatore Abdel Fattah al-Sisi

 

Questa impronta autoritaria si è da subito manifestata attraverso una rigida selezione delle pochissime ong autorizzate ad accreditarsi all’evento. Impossibile esprimere dissenso, cosa che invece sarebbe normale e fisiologica in occasioni del genere; le pochissime manifestazioni pacifiche sono state sottoposte al vaglio delle autorità con largo anticipo. 

 

I temi della Cop27

Ciascuna giornata delle Conferenze delle parti sul clima è dedicata a un tema, e la Cop27 non ha fatto eccezione:

  • 9 novembre: finanza;
  • 10 novembre: scienza e salute;
  • 10 novembre: giovani generazioni;
  • 11 novembre: decarbonizzazione;
  • 12 novembre: adattamento e agricoltura;
  • 14 novembre: questioni di genere;
  • 14 novembre: acqua;
  • 15 novembre: società civile;
  • 15 novembre: energia;
  • 16 novembre: biodiversità.

 

Cosa è stato discusso alla Cop27

Ciascuna di queste giornate è l’occasione per annunciare iniziative congiunte prese dagli Stati membri dell’Unfccc, così come da esponenti del settore privato.

 

Degna di nota la richiesta presentata ai negoziatori dall’arcipelago di Tuvalu: siglare un trattato internazionale di non proliferazione dei combustibili fossili, sulla scia di quanto fatto in passato per il nucleare. Per ora si tratta soltanto di una richiesta, ma dal grande valore simbolico perché rappresenta una “prima” storica e perché arriva da uno stato insulare direttamente minacciato dall’innalzamento del livello dei mari.

 

Lunedì 14 novembre Brasile, Indonesia e Repubblica Democratica del Congo, cioè i tre Stati che messi insieme ospitano il 54 per cento delle foreste del pianeta, hanno lanciato un ambizioso patto anti-deforestazione. Anche in questo caso bisognerà valutare se e come verrà implementato, tanto più perché anche alla Cop26 di Glasgow era stato siglato un analogo impegno ad azzerare la deforestazione entro il 2030.

 

Loss and damage: cos’è e cosa è stato deciso

Fin da prima dell’inizio dei negoziati, era chiaro che il tema centrale sarebbe stato uno: il meccanismo di loss and damage. Si tratta di un sistema che si basa concettualmente su un fatto riconosciuto: le nazioni industrializzate sono storicamente responsabili dell’assoluta maggioranza delle emissioni di gas serra in atmosfera, ma i Paesi più vulnerabili all’impatto dei cambiamenti climatici sono quelli del Sud del mondo. 

 

L’esigenza di cui si discute ormai da anni è quella di fare in modo che i Paesi ricchi risarciscano quelli più poveri per le perdite e i danni che hanno subìto e continueranno a subire. Loss and damage, appunto. 

 

Le discussioni, come ricordato, vanno avanti da tempo. Nel Patto di Glasgow siglato alla fine della Cop26, tuttavia, non ce n’è traccia. La Cop27 doveva essere l’occasione per recuperare a questo ritardo, ma i negoziati sono andati avanti a rilento e con molti tentennamenti.

 

A poche ore da quella che doveva essere la conclusione ufficiale dei negoziati, la proposta caldeggiata dalla presidenza egiziana era quella di inserire nel trattato finale il loss and damage, ma barattandolo con un indebolimento delle promesse di riduzione delle emissioni. E quindi dell’obiettivo degli 1,5 gradi. Un’eventualità che ha scatenato l’opposizione del primo vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans che ha addirittura minacciato il ritiro dell’Unione europea dal tavolo negoziale.

 

Alla fine, nella nottata tra il 19 e il 20 novembre 2022, l’accordo è stato raggiunto. Il loss and damage c’è. Il trattato tuttavia è molto vago in merito, perché si limita a dire che verrà istituito un fondo, ma dà appuntamento al prossimo anno per decidere quali Paesi dovranno contribuire e quali potranno beneficiarne e come verranno erogati i finanziamenti (se in forma diretta o attraverso coperture assicurative).

 

Ma cosa intende fare la comunità internazionale per limitare le emissioni di gas serra in atmosfera per restare entro la fatidica soglia degli 1,5 gradi, quella che fa la differenza tra la crisi e la catastrofe? Su questo, la Cop27 non ha dato una risposta. L’obiettivo degli 1,5 gradi c’è, ma manca una vera tabella di marcia per raggiungerlo.