Mose, cos'è

Dopo decenni di lungaggini tecniche e controversie, il Mose è entrato in funzione per proteggere Venezia dall'acqua alta. Facciamo il punto su cos'è e come funziona.

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Venezia: la città dell'acqua 

Venezia non ha bisogno di presentazioni. Il centro storico del capoluogo veneto è unico al mondo perché è adagiato su un centinaio di isolotti all’interno della laguna, nel mare Adriatico. Non ci sono strade ma canali, non ci sono autobus ma vaporetti. Qui stanno tanto il suo fascino quanto la sua fragilità. 

 

La cosiddetta acqua alta è un fenomeno fisiologico e passeggero: si tratta di un picco di alta marea che interessa la città soprattutto tra novembre e dicembre. Se la marea rimane entro i 120 centimetri, resta tutto sommato gestibile perché i trasporti pubblici continuano a funzionare e veneziani e turisti possono camminare sulle passerelle. Se invece supera i 140 centimetri, viene considerata eccezionale e può provocare svariati disagi.

 

Venezia: le soluzioni all'acqua alta

La città di Venezia si è giocoforza dovuta abituare all’acqua alta nel corso dei decenni, adottando una serie di misure volte a garantire il corretto svolgimento delle attività ordinarie e la sicurezza delle persone. 

 

Il centro maree monitora costantemente la situazione, diffondendo notizie aggiornate che si possono consultare nel suo sito web oppure attraverso le app mobile (Hi!Tide per iPhone e Android e Venice Tide per Windows Phone). Per avvisare con anticipo dell’arrivo di un’acqua alta superiore ai 110 centimetri, in città suonano le sirene. Quando scatta l’alta marea vengono allestite le passerelle su vie e piazze principali, i mezzi pubblici modificano il proprio percorso, le persone indossano stivali di gomma. 

 

Tutte queste contromisure, però, sono efficaci fino a quando l’acqua alta si mantiene su valori tutto sommato nella norma. Decenni fa si è iniziato a studiare un approccio differente che prevede di fermare l’acqua prima che raggiunga la città.

 

Mose di Venezia: origini e storia

La storia del Mose inizia a metà degli anni Settanta, quando la legge speciale 171/73 mette nero su bianco che la difesa di Venezia è una questione di “preminente interesse nazionale”. Viene quindi indetto un primo concorso, ma per anni le istituzioni discutono di svariate soluzioni senza però varare un progetto unitario.

 

Nel 1988 il Consorzio Venezia Nuova presenta un piano che comprende anche il Modulo Sperimentale Elettromeccanio (Mose, appunto). Il primo prototipo viene varato il 3 novembre 1988 alla bocca del porto di Treporti: è un cassone metallico subacqueo di 20 metri per 17,5, montato su uno scafo e sormontato da quattro colonne e una gru.

 

Due anni dopo, il Consiglio superiore dei lavori pubblici decide che è quello il modello da seguire: si costruirà un sistema di dighe mobili indipendenti, alloggiate su cassoni di cemento posati sul fondale, da sollevare elettricamente all’arrivo dell’alta marea. Il progetto viene bloccato nel 1998 dalla Commissione per la valutazione di impatto ambientale del ministero dell’Ambiente, con un decreto poi annullato dal Tar del Veneto.

 

Il 14 maggio 2003, con una cerimonia alla presenza di alte cariche istituzionali tra cui l’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, si dà ufficialmente il via ai lavori con la posa dei primi sassi. Il sindaco di Venezia Massimo Cacciari prova a riaprire il dibattito, proponendo progetti alternativi ritenuti meno impattanti, ma la replica del ministro delle Infrastrutture Antonio di Pietro è netta: non ci sono elementi a sufficienza per accantonare il Mose né per rallentare i lavori.

 

Nel 2013 si alza la prima paratia alla bocca di porto di Lido-Treporti. Il traguardo viene però messo in ombra dall’inchiesta giudiziaria che porta all’arresto dei vertici delle aziende del Consorzio, di volti noti della politica locale (tra cui l’ex-governatore del Veneto Giancarlo Galan), generali della finanza e funzionari. Le accuse sono pesantissime: corruzione, frode fiscale e finanziamento illecito dei partiti. Il Mose viene paragonato a una nuova Tangentopoli. 

 

Su input del presidente del Consiglio Matteo Renzi, il presidente dell’Autorità Anticorruzione Raffaele Cantone dispone il commissariamento del Consorzio Venezia Nuova. I lavori così vanno avanti. Il Mose viene testato per la prima volta il 3 ottobre 2020, con esito positivo. La consegna, fissata per la fine del 2021, viene posticipata alla fine del 2023. Nel frattempo però il sistema inizia a funzionare anche in via ordinaria, proteggendo effettivamente Venezia dall’acqua alta.

 

Mose: i costi e i tempi di realizzazione

A conti fatti dunque la progettazione e realizzazione del Mose si spalma su quasi quattro decenni, dal novembre del 1984 (data della seconda legge speciale per Venezia) fino al 2023, quando sarà ufficialmente consegnato. 

 

Il costo completo, stando al Corriere, è di 5 miliardi e 493 milioni di euro. Questo soltanto perché nel 2005 è stato introdotto il “prezzo chiuso” per il completamento delle opere di regolazione delle maree alle bocche di porto; senza di esso, le cifre sarebbero salite ancora. 

 

Come funziona il Mose di Venezia

Ma quante barriere ha il Mose? Una volta ultimato, il sistema conta quattro barriere (due a Lido, una a Chioggia e una a Malamocco) formate da 78 paratoie mobili indipendenti, in grado di sollevarsi isolando temporaneamente la laguna dal mare. A questo link si può trovare un disegno del Mose di Venezia, mentre qui c’è una mappa del Mose. 

 

Come funziona e quanto tempo ci mette il Mose ad alzarsi? Quando la marea sale, si immette aria compressa nelle paratoie per svuotarle dall’acqua nell’arco di circa mezz’ora. Man mano che l’acqua esce, le paratoie ruotano attorno all’asse delle cerniere e si sollevano fino a bloccare la marea in ingresso. Quando la marea cala, si riempiono di nuovo d’acqua e tornano alla propria sede nell’arco di circa 15 minuti.

 

Mose: quanto costa l'apertura delle barriere

Dei costi di costruzione abbiamo già parlato, ma quanto costa alzare il Mose di Venezia? “Per due ore di chiusura vengono calcolati 248 mila euro, che salgono a 323 mila per dodici ore. Il costo annuo per il funzionamento e la manutenzione del Mose è stato stimato in 100 milioni di euro”, si legge nel portale specializzato Progetto Ingegneria. È uno dei motivi per cui le barriere vengono alzate soltanto quando l’alta marea supera i 130 centimetri.

 

Mose e cambiamenti climatici

Quando è iniziata la lunga storia del Mose di Venezia, le conoscenze sul riscaldamento globale – e sui suoi effetti – erano a uno stadio embrionale rispetto a ora. Ora sappiamo che Venezia è altamente vulnerabile all’innalzamento del livello dei mari, e sappiamo che i fenomeni meteo estremi sono destinati a ripetersi con sempre maggiore frequenza. La domanda sorge spontanea: il Mose è all’altezza della situazione?

 

La barriera è stata progettata per reggere a maree alte fino a tre metri. Finora il record storico, mai più superato, è stato di 194 centimetri con l’alluvione del 1966: nel 2019 si è sfiorato un livello simile, con l’eccezionale acqua alta di 187 centimetri che ha sconvolto la città.

 

Di per sé, dunque, il Mose può essere ritenuto ancora all’altezza della sua missione. Per ora. Perché la crisi climatica è in corso ed è destinata ad avere un impatto sempre più devastante. Lo afferma addirittura uno dei “padri” del Mose, Paolo Costa, ex rettore dell’Università Ca’ Foscari, ex ministro ai Lavori pubblici del governo Prodi, ex sindaco e membro del Comitato di valutazione dell’impatto ambientale del Mose. 

 

“Il Mose va completato e “superato” per prepararci al prossimo nuovo capitolo della resilienza dell’ecosistema veneziano, quello dettato dai cambiamenti climatici”, dichiara al Corriere. Spiegando che la “data di scadenza” del Mose può essere collocata intorno alla fine del secolo.

 

Venezia sopravviverà ai cambiamenti climatici?

Sulla soluzione da mettere in atto prima della fine del secolo, le opinioni sono divise. C’è chi preme per un sistema di dighe non più temporanee ma permanenti. C’è chi spera in un metodo meno impattante sul paesaggio.

 

Per ora, sappiamo soltanto che il livello del mare continuerà a crescere. Il Panel intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici stima che, nel peggiore dei casi, aumenterà tra i 63 e i 101 centimetri entro la fine del secolo. Nel frattempo, soprattutto per via dell’emungimento delle falde acquifere nella zona di Marghera, il fondale nei pressi della laguna veneta sprofonda (in gergo si parla di subsidenza). Negli ultimi anni le navi da crociera hanno ulteriormente eroso le fondamenta della città, rendendola ancora più vulnerabile.

 

Nessuno è in grado di prevedere quale sarà il destino di Venezia. Quel che è certo è che dovrà farsi trovare pronta a condizioni climatiche e ambientali sempre più dure.