Discopatia, cos'è e come si può trattare

La discopatia è un problema davvero comune, legato anche (ma non solo) al passare dell’età. Vediamo meglio di cosa si tratta, quali zone della colonna vertebrale può interessare e come si cura con fisioterapia, osteopatia o altre tecniche.

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I mal di schiena non sono tutti uguali: c’è la sciatica con cui il dolore si irradia alla gamba, c’è la dorsalgia (fisiologica in gravidanza e inevitabile quando si passa troppo tempo nella stessa posizione), ci sono i traumi… L’elenco potrebbe continuare ancora a lungo, ma in questo articolo ci occupiamo di un problema in particolare: la discopatia.

 

 

Che cos'è la discopatia

Il termine discopatia indica, in generale, qualsiasi alterazione che interessa uno o più dischi intervertebrali e ne provoca la sofferenza. Per capire che disturbi porta una discopatia, bisogna innanzitutto vedere dove è localizzata: il dolore può coinvolgere il collo, irradiarsi alle spalle e alle braccia, o ancora la parte centrale della schiena, la zona lombare… Capita anche che una discopatia vertebrale sia del tutto asintomatica. 

 

Una discopatia è la fuoriuscita di materiale dal disco intervertebrale che, se va a comprimere una radice nervosa, la irrita. Il nervo serve per trasportare informazioni; nel momento in cui è irritato, svolge questo compito in modo anomalo. Quindi può dare formicolio, dolore o – se la compressione dura da tempo o è particolarmente importante – anestesia e ipomobilità, perché i muscoli raggiunti da quel nervo non si attivano”, spiega Silvestro Vicari, fisioterapista e osteopata libero professionista

 

I dischi intervertebrali

Per comprendere che cosa è una discopatia è necessario dedicare una breve parentesi all’anatomia della colonna vertebrale. Tra una vertebra e l’altra sono posti dei cuscinetti fibrosi e cartilaginei, detti appunto dischi intervertebrali, che fanno da ammortizzatori durante le innumerevoli sollecitazioni che la colonna stessa subisce ogni giorno. Di norma, i dischi costituiscono circa il 25% della lunghezza complessiva della colonna vertebrale di un individuo adulto. Quando però questi si disidratano, si danneggiano e perdono spessore, si innescano le discopatie. 

 

Le cause

Ci sono diverse cause che portano alla degenerazione dei dischi intervertebrali (e, di conseguenza, alla discopatia):

  • Invecchiamento, perché con l'età si riduce la percentuale d’acqua nel nucleo polposo della colonna;predisposizione genetica;
  • infiammazioni dei dischi intervertebrali;
  • traumi e lesioni;
  • errata postura;
  • stile di vita usurante (è il caso di camionisti, magazzinieri ecc.);
  • osteoporosi;
  • malattie reumatiche (si parla di discopatia artrosica);
  • infezioni; 
  • sovrappeso, soprattutto se associato a sedentarietà;
  • interventi chirurgici.

 

La discopatia lombare

Come si intuisce dal nome, la discopatia lombare interessa la parte più bassa della colonna vertebrale, di solito le vertebre L4 e L5. Se invece sono coinvolte la quinta vertebra lombare (L4) e la prima sacrale (S1) si parla di discopatia lombosacrale. Il dolore può essere acuto, nelle fasi in cui le strutture nervose del canale vertebrale vengono sollecitate maggiormente, oppure cronico, cioè meno intenso ma più duraturo. Quando coinvolge anche la gamba, si parla di lombosciatalgia

 

Discopatia dorsale

Si parla di discopatia dorsale o toracica quando i dischi intervertebrali danneggiati sono nella parte centrale della schiena. Non è tra le più comuni: le aree più sottoposte a stress di norma sono quelle cervicali e lombari, a meno che non ci sia una particolare predisposizione dovuta a una o più cause sopra riportate. Capita anche che la discopatia sia asintomatica e venga scoperta soltanto dagli esami di approfondimento.

 

La discopatia cervicale

La discopatia cervicale interessa le vertebre da C1 a C7. È una delle più note e diffuse, perché, soprattutto se è recidivante, provoca dolori che possono risultare molto fastidiosi, diventando quasi invalidanti nelle fasi acute: mal di testa, nausea, vertigini, rigidità e colore al collo. Quando il dolore si irradia fino al braccio si parla di cervicobrachialgia.

 

La discopatia degenerativa

Le discopatie degenerative si chiamano così perché consistono nella fisiologica usura dei dischi intervertebrali. Come ricordato, il motivo principale è l’invecchiamento perché diminuisce l’idratazione. Non si tratta dunque di una vera e propria malattia, tant’è che il paziente inizia a percepire dolore solo quando c’è una compressione dei nervi. In più di nove casi su dieci le vertebre coinvolte sono le ultime, cioè L4-L5 o L5-S1.

 

Esami clinici e diagnosi 

Nel momento in cui si nota un dolore alla schiena o al collo, soprattutto se nuovo e persistente, il primo passo è quello di rivolgersi al medico di base che potrà fare un’analisi preliminare della situazione e prescrivere gli esami di approfondimento. Di norma si comincia con una radiografia (RX) del rachide per poi procedere con una risonanza magnetica, che fornisce risultati molto più dettagliati e precisi.
Se lo ritiene opportuno, il medico può disporre anche di:

  • Elettromiografia, cioè lo studio della funzionalità dei muscoli e dei nervi connessi;
  • potenziali evocati, esami che valutano le risposte del sistema nervoso centrale alle stimolazioni;
  • EOS, un'apparecchiatura radiologica di nuova concezione che consente di studiare la colonna vertebrale e gli arti inferiori in posizione eretta;
  • TAC della porzione di colonna vertebrale interessata.

 

Le possibili complicanze

Nel migliore dei casi, la discopatia è asintomatica o quasi. A seconda della sua entità e della sua localizzazione, può provocare un dolore più o meno intenso che può essere tenuto sotto controllo attraverso apposite terapie fisioterapiche, osteopatiche o farmacologiche.

 

Nei casi più gravi, i dischi intervertebrali perdono la loro funzione di ammortizzatori. Sono queste le circostanze in cui insorge l’ernia al disco. Quest’ultima è una lacerazione dell’anello fibroso, cioè di quella parte del disco intervertebrale che circonda e contiene il nucleo; di solito è collocata nell’area lombare. Nei casi meno gravi si può optare per un approccio conservativo, attraverso farmaci e altri trattamenti; se il dolore è troppo intenso e invalidante, può essere opportuno l’intervento chirurgico.

 

C’è anche chi si chiede se la discopatia, per esempio la discopatia l5 s1, dia diritto all’invalidità. Di per sé, questo disturbo non è stato inserito nell’elenco delle patologie che danno diritto all’invalidità civile. Se però il paziente viene sottoposto a un intervento chirurgico di stabilizzazione del rachide lombare, può essergli riconosciuta una percentuale di invalidità compresa fra il 31 e il 40%.

 

La terapia

Come si può curare la discopatia? Di solito si inizia con un approccio conservativo, cioè:

  • Farmaci analgesici e antinfiammatori, anche a base di cortisone;
  • farmaci miorilassanti, cioè capaci di rilassare la muscolatura;
  • fisioterapia e altre terapie fisiche;
  • osteopatia;
  • ozonoterapia.

 

Più di rado si ricorre alla chirurgia.

 

Abbiamo chiesto al dottor Silvestro Vicari di indicarci anche cosa non fare in caso di discopatia, quali sono gli esercizi da evitare. “Non c’è una cosa specifica da non fare, dipende molto da cosa si fa. In generale, io sono per il movimento”, spiega. “La nostra vita stessa è movimento, perché è fatta di respirazione, metabolismo, circolazione di fluidi e liquidi. I nostri tessuti hanno una densità: finché siamo fermi, diventano più rigidi e ci fanno percepire di più i sintomi; se ci muoviamo, invece, si scaldano e diventano più flessibili”.

 

Bisogna valutare caso per caso ma, parlando di discopatia, ci sono dei movimenti che non facciamo ma di cui la colonna avrebbe bisogno. È necessario essere più consapevoli del proprio corpo, ridare mobilità alla colonna, ma con un’intensità adatta alla propria condizione individuale”.

 

Fisioterapia, osteopatia e altre tecniche

In presenza di una discopatia bisogna rivolgersi a un fisioterapista o a un osteopata? Entrambe queste figure sono qualificate per trattare il problema, ma differiscono l’una dall’altra soprattutto per l’approccio.
La fisioterapia parte da una visione medica classica per cui la persona viene inquadrata in funzione della sua patologia. È quella visione per cui, se il paziente ha la gastrite, gli viene prescritto un farmaco contro l’acidità di stomaco”, spiega Silvestro Vicari. 

 

L’osteopatia, pur essendo nata in America, ha una visione olistica che la avvicina alla medicina orientale. In presenza di un dolore localizzato, l’osteopata esamina quella specifica parte del corpo (che può essere la schiena appunto, o un ginocchio, o altro) in relazione al sistema persona. E può anche andare a migliorare le sue condizioni senza agire direttamente sulla parte che in quel momento è irritativa”.

 

I tempi di guarigione

Discopatia e guarigione: quali sono i tempi? Questa è una domanda che spesso i pazienti mi rivolgono ma che, in realtà, non ha senso”, puntualizza il fisioterapista e osteopata Silvestro Vicari.

 

Noi siamo tutti diversi e la vita non è un ragionamento lineare, perché presenta troppe variabili. Il terapista ha il ruolo di leggere le reazioni del paziente per indirizzare il trattamento nel modo più efficiente possibile, ma a priori è difficile dire quanto tempo ci vuole. Addirittura i farmaci hanno un effetto diverso a seconda di chi li assume. Insomma, secondo me è deontologicamente scorretto promettere una guarigione in un tempo prestabilito”.

 

Fare prevenzione

Abbiamo chiesto al dottor Vicari anche se è possibile prevenire l’insorgere della discopatia. “Assolutamente: questo è un principio che non vale solo per la discopatia, ma per la medicina nel suo insieme. Il terapeuta deve saper cogliere i segnali per tempo”, risponde.

 

Se per esempio faccio uno screening della colonna vertebrale, noto che ci sono dei punti in cui ha più tensione e si muove peggio. Lì è più probabile che, col passare degli anni, si sviluppi un’ernia. Chiaramente ci sono alcuni fattori su cui l’individuo può intervenire, come lo stile di vita, il peso e l’allenamento, e altri assolutamente imprevedibili come i traumi”, continua.

 

Per semplificare, considerato che il disco intervertebrale è un ammortizzatore, dobbiamo alleggerire il peso su di esso. Un tempo si consigliava di rafforzare gli addominali ma, così facendo, si applica energia su un punto che è già compresso”, spiega. 

 

La prima cosa da fare, piuttosto, è ridurre la tensione dei muscoli in zona – oppure dei muscoli che sono distanti ma hanno un razionale anatomico con quella zona – aumentando la flessibilità, anche attraverso lo stretching. Bisogna inquadrare anche l’aspetto articolare: più si torna ad avere una mobilità ampia in tutte le direzioni, meno tensione ci sarà”.