Intervista

La fisioterapia in Italia, dalla riabilitazione alla prevenzione

Istituzionalizzazione e prossimità per ridurre i bisogni dei pazienti e contribuire alla sostenibilità del sistema sanitario. Come si sta evolvendo la fisioterapia in Italia? Risponde Simone Cecchetto, Presidente Aifi, Associazione italiana di fisioterapia.

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Prevenzione riabilitazione, cura, palliazione. Sono molteplici le funzioni che la fisioterapia può avere in svariati campi di intervento, in diverse fasi della vita della persona.

Per comprenderne a fondo le potenzialità, analizzando al contempo l'evoluzione della fisioterapia in Italia a partire dalle attuali criticità e dall'esigenza di rispondere adeguatamente ai mutati bisogni dei pazienti, abbiamo rivolto alcune domande a Simone Cecchetto, presidente di Aifi - Associazione italiana di fisioterapia.
 

Perché dovremmo guardare alla fisioterapia non soltanto nella riabilitazione?

La fisioterapia sta evolvendo su tanti fronti. Innanzitutto, ci si sta sempre più rendendo conto che essa non è soltanto riabilitazione, ma è anche prevenzione, cura, valutazione, abilitazione e cure palliative in condizioni debilitanti persistenti o nella terminalità.

Ad esempio, la disciplina sta differenziando molto le modalità di presa in carico da parte del professionista fisioterapista a seconda della condizione della persona in cura: di fronte a disabilità temporanee conseguenti a un evento acuto – come ictus, distorsioni, interventi chirurgici – la fisioterapia mira ad aumentare la velocità, la quantità e la qualità del recupero, modulando grazie alle sue tecniche di intervento i fattori influenzanti la plasticità dei tessuti corporei, la neuro plasticità cerebrale e più in generale l’apprendimento motorio e cognitivo. 

Nelle disabilità persistenti e progressive – parkinson, sclerosi multipla, artriti, malattie respiratorie croniche – punta a ridurre la velocità, l'entità, la qualità del declino funzionale della persona attraverso un lavoro attento sui fattori contestuali in cui vive la persona, con una particolare enfasi sull'educazione terapeutica per la promozione dell’autocura e sulle tecnologie per favorire l’autonomia.
 

In quali ambiti il lavoro del fisioterapista è maggiormente apprezzato ed efficace?

Gli ambiti sono tantissimi.

  • Pensiamo alla fisioterapia muscolo-scheletrica, dove è chiarissimo il suo ruolo nella prevenzione e cura di disfunzioni quali lombalgie, cervicalgie, dolori a vari distretti corporei, oppure nelle malattie reumatologiche, oppure ancora a seguito di interventi chirurgici. 

 

  • O alla fisioterapia neurologica, dove è essa stessa “la” cura nel potenziare il riapprendimento motorio e cognitivo in condizioni patologiche. 

 

  • La fisioterapia cardio-respiratoria, che da sempre ha dimostrato efficacia nel migliorare la qualità di vita di persone con malattie respiratorie attraverso l’esercizio. 

 

  • Oppure la fisioterapia pelvi-perineale, che cura disfunzioni spesso “nascoste” del pavimento pelvico, come incontinenza e disfunzioni sessuali.

 

  • O ancora, la fisioterapia linfologica che, attraverso esercizi, tecniche manuali e bendaggi riduce condizioni patologiche come linfedema e lipedema.

 

  • A lato di tutto ciò, analizzando anche stati e fasi di vita delle persone, pensiamo a quanto innegabile sia il ruolo della fisioterapia pediatrica nell’accompagnare i piccoli pazienti a migliorare la loro capacità di entrare in relazione con il mondo attraverso il movimento. 

 

  • Oppure a quanto la fisioterapia sportiva sia fondamentale per permettere agli atleti il migliore e più veloce recupero, mirato a riprendere quanto prima l’attività agonistica. 

 

  • E infine alla fisioterapia nell’anziano e il suo ruolo nella promozione dell’invecchiamento attivo e della prevenzione dei danni connessi alla poca mobilità e alla senescenza (prevenzione delle cadute, osteoporosi).

 

Qual è il grado di consapevolezza del pubblico, secondo Lei, intorno ai benefici della fisioterapia?

Crediamo che la richiesta sia ancora fortemente orientata alla fisioterapia riabilitativa in evento acuto o in presenza di patologia.

Quello che manca – anche a causa di campagne mediatiche orientate alla promozione di altre tipologie di interventi – è la consapevolezza sull'importanza della fisioterapia muscolo-scheletrica, in ambito di prevenzione e trattamento. Qui, si è persa la percezione collettiva che la fisioterapia è la prima risposta, oltre che quella maggiormente sostenuta dalle più recenti acquisizioni della letteratura.

Negli altri campi (neurologica, pelvi-perineale, respiratoria, sportiva, geriatrica), la convinzione è che il ruolo del fisioterapista sia maggiormente riconosciuto.
 

Il Covid ha cambiato in qualche modo la percezione fra i pazienti del ruolo della fisioterapia respiratoria?

La pandemia ha dato grandissima riconoscibilità alla figura del fisioterapista in ambito respiratorio.

Non solo all'esterno: entrando nelle rianimazioni, accanto a pazienti in condizioni molto gravi, tutta la fisioterapia ha riscoperto le sue competenze in tale settore e gli stessi professionisti hanno acquisito maggiore consapevolezza, riscoprendo la bellezza e l'importanza di intervenire sulle problematiche respiratorie.

Un ambito che, fra l'altro, conta su altissime prove di efficacia all'interno della letteratura scientifica.
 

Quali sono i maggiori ostacoli al riconoscimento dei benefici del lavoro del fisioterapista?

Un ostacolo primario, a mio avviso, risiede nel fatto che in Italia la fisioterapia è ancora purtroppo considerata solo “riabilitazione”, a discapito del suo acclarato ruolo in altre ambiti e fasi.

In seconda battuta, nel mondo riabilitativo del nostro Paese predomina una mentalità “ospedalocentrica” e “prestazionale”, fatta di “cicli di 10 sedute”, che non hanno più senso alla luce delle nuove conoscenze e dei nuovi modelli organizzativi. Questo, purtroppo, condiziona molto perché le istituzioni vedono il mondo della fisioterapia soprattutto per come viene (mal) proposta nel sistema pubblico, dove spesso i fisioterapisti sono costretti ad agire secondo modalità superate e antiquate. 

A suon di campagne mediatiche, inoltre, negli ultimi anni si è dato risalto ad altre tipologie di risposta ai bisogni dei cittadini, ancorate su principi senza alcun fondamento scientifico, offuscando il ruolo della fisioterapia, ad esempio nel dolore muscolo-scheletrico.

Infine, un ulteriore ostacolo è costituito dalle incomprensibili barriere di accesso ai ruoli accademici: per accedere a ruoli del mondo accademico - come ricercatore e professore associato - il fisioterapista deve fare una fatica molto maggiore rispetto ad altre professioni, come infermieri e medici, in quanto le soglie per ottenere l’Abilitazione scientifica nazionale sono due o tre volte più alte.
 

È stata recentemente annunciata l'istituzione dell'Ordine dei fisioterapisti. Quali garanzie per professionisti e pazienti?

Già con l’istituzione dell'Albo della professione di fisioterapisti negli Ordini TSRM PSTRP, si è avuta per la prima volta la possibilità di consentire al cittadini di distinguere in modo inequivocabile chi è fisioterapista da chi non lo è, contribuendo alla lotta all'abusivismo. 

Tuttavia, la mancata chiarezza su alcune realtà formative - tuttora aperte - di operatori che, in qualche modo, agiscono nel campo di attività del fisioterapista rende il quadro ancora torbido. Si tratta di un danno per il cittadino perché, a causa di questa mancata chiarezza normativa, persistono confusione e disorientamento nonostante la presenza dell'Albo. 

L'istituzione dell'Ordine darà accesso a un ulteriore grado di tutela garantendo la capacità di interlocuzione diretta con le istituzioni, che finora è stata inibita dal fatto di trovarsi in un albo insieme a diciotto altri, all'interno di un Ordine multi-professionale tenuto a considerare necessariamente le esigenze di tutti.  

Si acquisirà una potenza di intervento non solo reattiva - ad esempio, per rispondere con decisione all'abusivism o- ma anche proattiva, grazie alla possibilità di proporsi come interlocutore diretto di Regioni, enti locali e aziende sanitarie.  

Infine, il Presidente della Federazione nazionale dell'Ordine siederà all’interno del Consiglio Superiore di Sanità, importante organo consultivo per il Ministero. 
 

Quali tutele, dunque, l'Ordine sarà in grado di garantire agli utenti?

In ambito sanitario, gli Ordini nascono essenzialmente per garantire, come ente sussidiario dello Stato, la realizzazione dell'art. 32, secondo cui “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”. 

Con l'Ordine autonomo dei Fisioterapisti aumenterà la possibilità per il cittadino di avere riferimenti chiari per ottenere risposta ai propri bisogni di salute attraverso la fisioterapia perché ci sarà un ente che potrà intervenire con maggiore forza in tutti i casi in cui il diritto ad avere le migliori cure fisioterapiche sarà in qualche modo alterato.
 

L'istituzione dell'Ordine può influenzare, ad esempio, il tariffario dei professionisti o i luoghi di erogazione dei servizi?

Il tariffario dei professionisti non è influenzato all'istituzione dell'Ordine e, inoltre, quello che era il “tariffario minimo” è stato abrogato per via legislativa nel 2012 per tutte le professioni.

Potrebbe non cambiare la tipologia di luoghi in sé, ma potrebbe cambiare la numerosità di professionisti. 

Avere una rappresentanza propria aumenterà, di fatto, la capacità di proporre la figura del Fisioterapista in contesti innovativi quali, ad esempio, quelli proposti dal PNRR e dal DM77, come le Case della Comunità e gli Ospedali di Comunità, dove la professionalità può essere particolarmente efficace.
 

Si parla sempre più di fisioterapia in ottica di prossimità: cosa significa e perché è importante andare in questa direzione?

La prossimità di cui si parla è su vari livelli. È una prossimità fisica, fatta di vicinanza ai bisogni del cittadino, lì dove essi nascono e si sviluppano. Immaginiamo la potenza che potrebbe avere il connubio tra medico di medicina generale e fisioterapista nel poter affrontare velocemente e al meglio il dolore muscolo-scheletrico prima che peggiori. Oppure la necessità di tecnologie per l’autonomia. Oppure la promozione del movimento per mantenersi in salute.

È prossimità cognitiva e relazionale, che sa sfruttare anche le nuove tecnologie (ad esempio, la teleriabilitazione e il teleconsulto) per garantire prese in carico continuative nel tempo e non far sentire le persone abbandonate soprattutto nei momenti più critici.

È una prossimità emotiva perché fare fisioterapia significa accompagnare la persona nel suo percorso di miglioramento o nella prevenzione del peggioramento. La prossimità emotiva è per noi fondamentale, in quanto solo attraverso la condivisione di esperienze ed emozioni fra fisioterapista e paziente si riesce a camminare bene insieme in casi tanto complessi quali la disabilità grave e persistente. Si tratta di un aspetto di enorme valore, del quale abbiamo grandi riscontri da parte dei pazienti.

Andare in questa direzione è importante: la pandemia ci ha insegnato che accentrare i servizi in ospedali non risponde sufficientemente ai bisogni dei cittadini. La crisi di presenza a breve-medio termine di alcune professionalità spinge a valorizzare figure come i fisioterapisti e altri professionisti della riabilitazione per il contributo che possono dare ai bisogni di salute. 

Da tempo siamo convinti che, mentre l'assistenza colma i bisogni, la riabilitazione riduce i bisogni. Intervenendo prima e con le competenze giuste, la fisioterapia riesce a prevenire il peggioramento della persona. Diminuendo in questo modo le necessità, può contribuire consistentemente alla sostenibilità del sistema sanitario.