Postbiotici, cosa sono e come assumerli

Oltre ai prebiotici e ai probiotici, esistono anche i postbiotici. Sono prodotti che derivano dai batteri rilasciati durante i processi fermentativi degli alimenti ed esercitano diverse azioni sul nostro organismo. Ne abbiamo parlato con la professoressa Maria Rescigno, autrice di importanti studi scientifici sul tema.

postbiotici

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Sappiamo che l’intestino è il nostro secondo cervello e che ha un ruolo cruciale per il nostro benessere fisico e psicologico. Su come prendersene cura, però, circola ancora tanta confusione.


Al di fuori degli addetti ai lavori, per esempio, in quanti conoscono la differenza tra:
 

  • Prebiotici;
  • probiotici;
  • e postbiotici?


Proviamo a fare chiarezza.

 

 

Prebiotici, probiotici e postbiotici

  1. Prebiotici. Sono fibre non digeribili che, una volta raggiunto l’intestino, nutrono la flora batterica intestinale e mantengono in salute il microbiota. 
    Ne contengono in abbondanza alcune verdure (carciofi, cicoria, asparagi, tarassaco, porri), alcuni cereali (grano, avena, orzo), legumi (soia), piante bulbose (aglio e cipolla), miele e banane. Laddove l’apporto assunto con l’alimentazione risulta insufficiente, si può ricorrere agli integratoriSono sconsigliati alle persone intolleranti al lattosio o a quelle che soffrono di sindrome dell’intestino irritabile o altre patologie intestinali.
  2. Probiotici. Sono microrganismi viventi che, una volta raggiunto l’intestino, si moltiplicano e lo colonizzano, favorendo l’equilibrio della microflora intestinale.
    Si trovano comunemente nei cibi fermentati, come lo yogurt, il kefir (latte fermentato), i crauti (cavoli fermentati), il miso (soia fermentata) e il tempeh (semi di soia fermentati). Si possono assumere anche sotto forma di integratori.
    Sono utili per ristabilire l’equilibrio intestinale compromesso da stress, antibiotici, variazioni nella dieta o infezioni intestinali, comuni soprattutto tra i bambini.
  3. Postbiotici. Si tratta sostanze chimiche (vitamine, enzimi, polisaccaridi, acidi grassi a catena corta ecc.) ed elementi rilasciati dai batteri durante la fermentazione di alcuni alimenti, cioè i già ricordati yogurt, kefir, miso, tempeh, crauti, pane con lievito madre, vino e birra. Nel processo si rilasciano anche batteri morti, detti parabiotici. C’è sempre la possibilità di assumerli attraverso gli integratori, se il medico lo ritiene opportuno. I loro benefici sulla salute sono simili a quelli dei probiotici: in particolare, risultano efficaci contro infiammazioni e infezioni croniche.

 

Il microbiota

Il microbiota, che un tempo veniva chiamato “flora batterica”, è l’insieme dei microrganismi ospitati da ciascun essere umano per tutta la vita, fin dalla nascita. Di norma si parla di microbiota intestinale, perché è lì che risiede la maggior parte di questi microbi: ma ce ne sono anche sulla pelle, sulle mucose e nel resto del canale alimentare.

 

Un recente studio sostiene che il numero di microrganismi sia all’incirca pari a quello delle altre cellule umane e che il loro peso complessivo si aggiri sui due etti. Si tratta soprattutto di batteri, ma anche virus, funghi e protozoi. È il microbiota ad attivare il sistema immunitario e a permettere la produzione di vitamine, enzimi e altre sostanze fondamentali per il benessere di ciascuno di noi. 

 

Disbiosi intestinale

Quando l’equilibrio fisiologico del microbiota si altera, in termini qualitativi e quantitativi, si parla di disbiosi intestinale.
A seconda della causa scatenante, se ne distinguono tre forme principali:

  1. Disbiosi carenziale: avviene quando la popolazione di microrganismi diminuisce, per via di un’alimentazione povera di fibre solubili e ricca di alimenti conservati.
  2. Disbiosi putrefattiva: è causata da una dieta povera di fibre e ricca di carne e grassi.
  3. Disbiosi fermentativa: si verifica quando la dieta è troppo ricca di fibre solubili che non vengono digerite né assimilate, ma usate dai batteri per attuare processi fermentativi.

 

Come capire se si ha la disbiosi intestinale?
Questa non è una vera e propria malattia ma può provocare sintomi fastidiosi, tra cui:
 

 

Visto che la salute dell’intestino è strettamente correlata a quella dell’organismo nel suo insieme, tra le conseguenze ci possono essere anche:
 

  • Stanchezza;
  • calo dell’energia;
  • perdita dei capelli;
  • maggiore vulnerabilità alle infezioni.

 

Chi soffre di disbiosi intestinale può prendere i probiotici: serve una terapia mirata, prescritta dal medico sulla base di esami che accertino la natura dello squilibrio.

 

Cosa sono i postbiotici

Come già ricordato, i postbiotici sono qualcosa di diverso sia dai prebiotici sia dai probiotici. La loro definizione ufficiale è quella di “preparazione di microrganismi inanimati e/o dei loro componenti che conferisce un beneficio per la salute all'ospite”.

 

Si tratta di prodotti che derivano dai batteri rilasciati durante i processi fermentativi degli alimenti: batteri morti (parabiotici), materie rilasciate batteri stessi e sostanze chimiche.

Scendendo ancora più nel dettaglio, i postbiotici sono suddivisi in diverse categorie:
 

  • Esopolissaccaridi (EPSs);
  • enzimi;
  • supernatanti;
  • frammenti di parete cellulare;
  • lisati batterici;
  • acidi grassi a catena corta.

 

Si tratta di un ambito di ricerca molto promettente, perché le prime evidenze scientifiche raccolte suggeriscono benefici contro infiammazioni e infezioni croniche, per esempio per la sindrome dell’intestino irritabile o come coadiuvanti della terapia farmacologica per la dermatite atopica.

 

Derivazione dei postbiotici

I postbiotici dunque non sono contenuti direttamente negli alimenti, ma sono elementi generati dai batteri nel corso della fermentazione di matrici alimentari.

A seconda del tipo di batterio e della matrice, si ottengono postbiotici di tipo diverso. 

 

Per garantire un corretto apporto di postbiotici nella dieta è consigliato assumere:

  • Alimenti fermentati tra cui kefir, miso e tempeh;
  • fibre alimentari, contenute in frutta, verdura, legumi e cereali integrali;
  • integratori alimentari consigliati dal medico qualora riscontri carenze che non si riescono a colmare con l’alimentazione.

 

Azione dei postbiotici

Nel concreto, cosa fanno i postbiotici? L’abbiamo chiesto a Maria Rescigno, professoressa ordinaria di Patologia generale e prorettrice vicaria con delega alla ricerca presso l’Humanitas University, autrice di “Microbiota geniale. Curare l'intestino per guarire la mente” (edito da Vallardi). 

 

I postbiotici sono un po’ come i probiotici: sono tantissimi e ognuno ha le sue peculiarità. Quello che si è visto è che i postbiotici mediano l’attività dei probiotici e ne sono responsabili”, spiega.

In questo contesto, possono: 

  • Proteggere la barriera intestinale, impedendo alle sostanze nocive di passare attraverso l’intestino e raggiungere i distretti sistemici;
  • ridurre l’infiammazione legata ad alcuni cibi che può portare a dolore addominale;
  • avere un’attività sul sistema immunitario;
  • agire direttamente sul microbiota intestinale, favorendo la crescita di alcuni microrganismi positivi, chiamati simbionti;
  • contribuire a controllare la composizione del microbiota intestinale, riducendo alcuni batteri patogeni (chiamati patobionti) e favorendo lo sviluppo dei simbionti”. 

 

In sintesi, dunque, i postbiotici agiscono ad ampio spettro. E ce ne sono anche alcuni che esercitano azioni diverse in contemporanea.

 

Un postbiotico che abbiamo studiato ora è contenuto anche in una crema antiage”, fa sapere la professoressa Maria Rescigno.
Tra le caratteristiche dei postbiotici infatti c’è anche quella di indurre i cheratinociti (cioè le cellule della pelle) a produrre acido ialuronico. Quest’ultimo serve per mantenere l’effetto barriera dell’epidermide e stimolare la produzione di procollagene, che rimpolpa la pelle e contrasta le rughe. Possono dunque essere assunti a uso topico, attraverso creme specifiche”.

 

Postbiotici e infiammazione

I postbiotici possono essere utili in caso di disbiosi intestinale, conferma la professoressa Maria Rescigno. “A differenza del probiotico, che arriva nell’intestino e inizia a produrre i postbiotici anche sulla base della dieta del soggetto, il postbiotico è il suo prodotto finale e quindi ha un effetto immediato”, spiega. “Agisce direttamente sull’intestino e sul sistema immunitario, ma svolge anche un’attività di regolarizzazione della composizione del microbiota in caso di disbiosi intestinale”.

 

Largo quindi ai cibi fermentati tipici della cucina orientale, come yogurt, kefir, kimchi, miso. Ma avranno anche delle controindicazioni? È vero che, introducendoli nella propria alimentazione, c’è un rischio (per quanto basso) legato alla presenza di batteri vivi. “Ma è un’ipotesi remota: di norma, i cibi fermentati sono vantaggiosi”, chiarisce Rescigno.

 

I postbiotici hanno infine un altro effetto antinfiammatorio, prezioso nella terza età. “Possono aiutare a ridurre la permeabilità intestinale che è associata all’invecchiamento e contribuisce ai processi infiammatori sistemici”, conclude la professoressa.