Calabrone, caratteristiche

E' il più grande vespide europeo. Come riconoscerlo? Cosa lo attira? Quanto è pericoloso il suo veleno? Scopriamo le caratteristiche del calabrone e, soprattutto, cosa fare in caso di puntura?

calabrone

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Calabrone, origine e caratteristiche   

Insetto imenottero appartenente alla famiglia degli apocriti, il calabrone (Vespa crabro) è il più grande vespide europeo. Detto anche aponale, calabrone o cravunaro rosso, la Vespa crabro è diffusa in quasi tutti gli Stati europei con esclusione dell’Irlanda, del sud della Turchia, del nord della Svezia, della Norvegia e della Russia. E', inoltre, presente negli Stati Uniti e in Asia. Il “calabrone italiano” abita l'intero territorio, che nelle regioni meridionali divide con la congenere Vespa orientalis

Organizzato socialmente, il calabrone europeo in età adulta è glabro, di colore bruno rossiccio con macchie e strisce gialle. La sua estensione è variabile a seconda del sesso e della sottospecie: il calabrone regina supera normalmente i 35 mm di lunghezza, mentre i maschi e le operaie misurano da 20 a 25 mm.

Le zampe del calabrone sono robuste, il pungiglione è liscio, senza le seghettature tipiche, ad esempio, del pungiglione delle api.

La Vespa crabro è un predatore e, pur non disdegnando il nettare dei fiori e la polpa zuccherina dei frutti, si nutre prevalentemente di insetti, come bombi, mosche, api, cavallette, bruchi e zanzare. Dotato di un'aggressività moderata, che tende ad aumentare in prossimità del nido e in presenza di minacce, è incline al volo notturno. 

Quanto vive un calabrone? La durata di vita media di un calabrone è di qualche mese, di solito dalla primavera all’inverno, con differenze a seconda del ruolo che ricopre all'interno della comunità. In primavera, la regina si sveglia dal letargo e costruisce il nido. Depone le uova, che accudirà da sola fino a quando non saranno nate le operaie, femmine sterili che d'ora in poi si occuperanno del nido, mentre la regina si dedicherà a deporre altre uova. Durante l’estate, la colonia cresce fino ad arrivare al suo massimo a settembre. Quando l’ultima covata si schiude, le nuove regine e i maschi si accoppiano, mentre la vecchia regina si allontana dal suo nido e muore. Successivamente, muoiono anche le operaie e la colonia finisce. Le uniche a sopravvivere sono le regine, che andranno in letargo, pronte a risvegliarsi la primavera successiva.


 

Il nido di calabrone

Il nido del calabrone è dotato di una struttura ben definita e organizzata. Generalmente costruito in alberi cavi, trova posto anche in cavità sotterranee, nei giardini o nei solai di vecchi edifici. 

E' caratterizzato dalla presenza di una serie di piani paralleli, cellette esagonali e l’apertura rivolta verso il basso. Ne risulta una sorta di favo, avvolto da un rivestimento chiaro, composto da una mistura di polpa di carta che le vespe operaie realizzano utilizzando parti di alberi o materiale vegetale tagliato con le mandibole, masticato, mischiato con saliva e fango.

Un nido di calabroni di medie dimensioni può contenere anche 5000 cellette.


 

Cosa attira i calabroni

Che cosa attira i calabroni? Perché i calabroni entrano in casa? I calabroni sono attratti dalla luce e da particolari odori, cui sono particolarmente sensibili, fra cui alcune sostanze chimiche, denominate feromoni. 

La ricerca delle Vespe crabro di sostanze zuccherine, contenute all'interno della frutta in via di maturazione, possono provocare seri danni ai frutteti: concentrandosi esclusivamente sulle parti del frutto già maturo, i calabroni lo scavano in profondità, lasciandolo alla mercé di parassiti secondari e passando ad attaccare il frutto successivo.

I calabroni sono attirati, infine, dal sudore umano e dal movimento durante la corsa: se ci imbattiamo in uno di questi insetti - o, ancor più, in uno sciame - è preferibile limitare i movimenti al minimo.

 

La puntura di calabrone

Come accade per altri imenotteri pungitori, anche nel caso della puntura di calabrone si manifestano prurito, gonfiore, arrossamento e dolore.  

Si tratta di sintomi che possono durare da poche ore a qualche giorno, dopodiché - a meno di complicazioni dovute a reazioni generalizzate e allergiche - la parte colpita guarisce completamente.


 

Veleno di calabrone e tossicità

La diffusione sul territorio nazionale e la capacità di pungere l'uomo - iniettandogli il proprio veleno - ha spinto la comunità medico-scientifica ad analizzare il livello di tossicità degli imenotteri, come gli apidi (ad esempio, ape e bombo) e i vespidi.

Il veleno di questi insetti è principalmente rappresentato da enzimi a base proteica che possono danneggiare i tessuti umani e provocare reazioni allergiche, anche molto severe.

In particolare, il veleno del calabrone è piuttosto potente: il suo valore LD50 (dose letale 50, unità tossicologica che sta a indicare il grado di tossicità di una sostanza) è di 4.0 mg/Kg.

Fortunatamente, la quantità che viene iniettata con una singola puntura è minima. Tuttavia è necessario prestare attenzione alle punture multiple che, a fronte di una moltiplicata quantità di veleno, sono in grado di aggravare gli effetti indesiderati fino a comprendere, senza un tempestivo intervento medico, la morte dell'individuo.


 

La reazione: locale o generalizzata

Cosa succede se vieni morso da un calabrone? Nel 90% dei casi, la puntura di calabrone provoca dolore, gonfiore e arrossamento della zona punta per un tempo variabile da qualche ora a qualche giorno. Non essendo seghettato come il pungiglione dell’ape, normalmente il pungiglione del calabrone non rimane conficcato nella pelle.

Per le punture delle Vespe Crabro, così come per gli imenotteri in generale, occorre tuttavia considerare due differenti tipologie di reazione:

  • Reazioni cutanee localizzate, che si presentano appunto in forma moderata e localizzata e si risolvono generalmente senza cure. Se  si desidera alleviare i sintomi, è possibile trattare la zona con applicazioni locali di ghiaccio (non direttamente sulla cute) ed eventualmente con cortisone e antistaminici. Le reazioni cutanee localizzate possono rappresentare un problema serio quando la quantità di veleno iniettato è abbondante, ad esempio in seguito a decine di punture. Una situazione di questo tipo può portare a una reazione tossica talmente grave da non essere distinguibile da reazioni allergiche generalizzate e richiede l’intervento dei sanitari dei servizi di emergenza.
  • Reazioni generalizzate e sistemiche: comprendono orticaria, gonfiori sottocutanei, difficoltà respiratoria da edema laringeo, vomito e diarrea. Il quadro più grave è rappresentato dallo shock anafilattico, caratterizzato da un improvviso calo della pressione arteriosa, con conseguente collasso e perdita di coscienza. Tali reazioni possono essere estremamente gravi, persino fatali.


 

Cosa fare in caso di reazione allergica

In caso di puntura di calabrone è, dunque, di fondamentale importanza osservare la reazione immediata dell’organismo.

In presenza di sintomi di una reazione allergica anafilattica (orticaria diffusa, malessere generale, mancanza di respiro o senso di svenimento) è necessario agire tempestivamente, recarsi al presidio medico più vicino, o allertare il 112 e farsi trasportare al Pronto Soccorso.

Per le persone che hanno già manifestato reazioni allergiche alla puntura di imenotteri, è disponibile gratuitamente una terapia specifica salvavita: un farmaco a base di adrenalina ad azione rapidissima, da portare con sé e iniettarsi in caso di emergenza. 

 

Altri calabroni

La Vespa Crabro, che noi riconosciamo come il calabrone nostrano e “calabrone italiano” abita l'intero territorio nazionale e nelle regioni meridionali condivide il suo habitat con Vespa orientalis con cui facilmente viene confusa.

 

Il calabrone è anche scambiato per la Vespa velutina, conosciuta come "vespa aliena" e invasiva, segnatala sporadicamente in Italia a partire dal 2014. Al contrario, non è mai stata rilevata in Europa e nel Belpaese la presenza della Vespa mandarinia, il calabrone gigante giapponese che si è guadagnato negli anni il titolo di calabrone killer per la sua pericolosità. L'impropriamente definito “calabrone nero” è, invece, l’ape legnaiola, nome scientifico Xylocopa violacea.

 

Fonti