Allan Savory, l'inventore dell'holistic management

Una gestione diversa del bestiame può aiutare a contrastare la deforestazione. Ne è convinto Allan Savory, padre dell'holistic management e dei pascoli pianificati.

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©Savory Global / Wikimedia Commons

 

“La più imponente tempesta perfetta sta avanzando verso di noi. Questa tempesta perfetta sta dando luogo a una realtà sempre più triste, e noi stiamo affrontando tale realtà nella piena convinzione di poter risolvere i nostri problemi con la tecnologia, il che è comprensibile. Questa tempesta perfetta che stiamo affrontando è il risultato dell'aumento della popolazione, che sta raggiungendo i 10 miliardi di persone, della terra che diventa deserto, e, sicuramente, del cambiamento climatico”.

 

Inizia così un TED Talk del mese di febbraio 2013 che ben presto diventa virale, scatenando un acceso dibattito (e qualche critica) nell’opinione pubblica e nella comunità scientifica. Sul palco c’è Allan Savory, biologo, padre dell’holistic management.

 

Chi è Allan Savory

Allan Savory nasce nel 1935 in Zimbabwe e studia in Sudafrica, dove si laurea in Biologia. Negli anni Cinquanta si trasferisce nell’odierno Zambia, dove inizia a lavorare sul tema del degrado del suolo. Alcune sue ricerche sostengono che gli elefanti siano troppi e sfruttino l’habitat ben oltre i suoi limiti naturali, impoverendolo: sulla base di esse, il governo dispone l’uccisione di 40mila animali. In futuro, le descriverà come “il più triste e grande errore della mia vita”. 

 

Savory continua ad andare alla ricerca dell’approccio giusto per affrontare la desertificazione delle praterie, un fenomeno che – nella sua visione – è la causa scatenante della povertà, dei disordini sociali, della violenza e dei cambiamenti climatici. Dopo decenni di studio arriva a elaborare l’holistic management, descritto nell’omonimo libro (Holistic Management: A New Decision Making Framework) scritto insieme alla moglie Jody Butterfield.

 

Negli anni Settanta Allan Savory entra in politica, venendo eletto al Parlamento della Rhodesia (l’odierno Zimbabwe). Dopo diverse vicissitudini, nel 1979 va volontariamente in esilio per continuare il suo lavoro di ricerca. Una volta insediatosi negli Stati Uniti, nel 1984 fonda il Center for Holistic Management, che lascerà nel 2009 per istituire il Savory Intitute. Nel 1992 contribuisce anche alla creazione dell’Africa Centre for Holistic Management, un centro di ricerca in Zimbabwe che nel 2010 sarà premiato per il suo lavoro sul tema della desertificazione.

 

Desertificazione, il ruolo del bestiame 

Cos’è, dunque, l’holistic managment? È lo stesso Allan Savory a spiegarlo nel suo Ted Talk. Per cominciare, smentisce due falsi miti: la desertificazione non è un problema soltanto delle zone aride e semiaride, ma anche delle praterie soggette a copiose precipitazioni; e non è vero che il bestiame impoverisce i pascoli, lasciando il terreno brullo ed emettendo metano. Negli Stati Uniti, infatti, Allan Savory osserva con i suoi occhi la desertificazione che si mangia parchi nazionali dove il bestiame non pascola da oltre settant’anni. 

 

La sua teoria è esattamente opposta rispetto a quanto ipotizzato in precedenza. “Mandrie numerose concimano e urinano sul loro stesso cibo, pertanto devono continuare a spostarsi, ed è questo spostamento che ha impedito lo sfruttamento eccessivo della vegetazione, mentre il periodico calpestamento assicurava una buona copertura del terreno, come si vede quando passa una mandria”, spiega. 

 

Per secoli è stata in vigore l’abitudine di dare fuoco alla vegetazione per impedire l’ossidazione dopo la stagione secca, ma gli incendi rilasciano CO2 e sostanze inquinanti. La soluzione, secondo Savory, è un’altra, è “l’impensabile”: usare proprio il bestiame

 

“Facciamolo allora. Lo faremo su questo pezzo di prateria, ma solo in primo piano. L'impatto con il bestiame sarà molto pesante per imitare la natura, e guardate un po'. Tutta l'erba ora copre il terreno come concime, urina e lettiera o pacciame, come capiranno i giardinieri che ci sono tra voi, e quel terreno è pronto per assorbire e trattenere la pioggia, per depositare carbonio, e scomporre il metano. Lo abbiamo fatto, senza usare il fuoco per danneggiare il terreno, e le piante sono libere di crescere”.

 

Cos’è l’holistic management

Tale teoria impone dunque di trovare un approccio per gestire il bestiame in modo funzionale alla lotta contro la desertificazione e i cambiamenti climatici. Questo approccio si chiama, appunto, holistic management. Una grande novità sta nel fatto che viene meno la rigida distinzione tra l’ambiente naturale e quello coltivato; al contrario, i pascoli sono pianificati per imitare la natura e gli animali domestici vengono fatti interagire con quelli selvatici.

 

Per dimostrare l’efficacia di questi metodi, durante il suo Ted Talk Allan Savory cita diversi esempi. Sempre nello Zimbabwe, un terreno brullo da tre decenni è stato riportato alla vita “aumentando il numero di bestiame e capre del 400%, pianificando il pascolo perché imitasse la natura e integrandolo con gli elefanti, i bufali, giraffe e gli altri animali che ci sono”. Con conseguenze positive anche per la sussistenza dei 150mila abitanti che, fino a quel momento, avevano un “bisogno quasi permanente di aiuti alimentari”.

 

Ad oggi, quasi 16 milioni di ettari sono gestiti seguendo i princìpi dell’holistic management e più di 14mila persone hanno seguito una formazione ad hoc. Nella comunità scientifica, c’è anche chi ha espresso critiche nei confronti di questo metodo: il dibattito è ancora aperto.