Parto naturale: le fasi e come controllare il dolore

Quando il parto può definirsi naturale? Quali sono le fasi che caratterizzano l'atto del dare alla luce un bambino e come si può lavorare (con l'ostetrica) per ridurre al massimo il dolore delle contrazioni e le preoccupazioni? Ne parliamo con la professionista Monica Padovani.

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Con parto naturale si fa riferimento a modi anche piuttosto diversi di partorire senza l'ausilio di farmaci antidolorifici e riducendo al minimo ogni aspetto chirurgico forzato per concentrare le energie della donna accompagnata al parto in un contesto che non deve necessariamente prevedere eccessivo dolore fisico. Come scegliere e prepararsi al parto naturale e quali sono le sue fasi principali ce lo ha spiegato Monica Padovani, ostetrica dell’associazione il Nido con sede a Bologna, realtà che opera nell’ambito della maternità e della salute per una cultura della nascita che ponga al centro la donna e la sua famiglia, nel rispetto dell’unicità e della globalità della persona.

 

Cos’è il Parto naturale?

“Innanzitutto è bene premettere che un buon parto si costruisce durante la gravidanza – chiarisce l’esperta -. Di consuetudine le gestanti in Italia sono seguite da un ginecologo che monitora e si occupa principalmente dell’esigenza medica durante i diversi trimestri. Questo fa generalmente sì che la donna inizi a concentrarsi sul momento dl parto soltanto nelle ultime settimane con, e capita non di rado, un sentimento di preoccupazione e paura verso questo importante momento. Interessarsi e raccogliere informazioni sulle modalità naturali di partorire dalla 35ima settimana pone il possibile rischio che venga meno quella relazione terapeutica con l’ostetrica che non si dovrebbe improvvisare ma che andrebbe, anzi, sostenuta e avviata da subito, in particolare se la gravidanza è ritenuta a basso rischio.

 

L’ostetrica si assicura che la gestazione proceda in salute da un punto di vista medico e verifica che il bambino e la donna siano pronti a reagire bene allo stress della contrazione”.

 

Su una donna sana il parto non è una malattia, com’è ricordato anche nelle Linee guida per l’assistenza a partorienti sane e neonati e per la scelta del setting del parto della Fondazione Gimbe.

 

“Il nostro ruolo è portare la donna a scegliere un parto naturale senza ausilio di stimolazioni per calendarizzare la data in cui metterà alla luce il suo bambino, senza prevedere il contenimento del dolore quando non è necessario, perché si tratta di interventi che possono provocare patologia – spiega Mantovani –. A volte siamo noi sanitari che abbiamo presunzione di decidere su questo evento ma dobbiamo confrontarci con il fatto che il parto avviene valutando che siano pronte le energie del bambino, dell'utero e della madre. Non è solo un fatto ‘fisico’, ma ormonale anche. Gli ormoni devono lavorare bene e nel momento giusto altrimenti il parto si inceppa. La medicina resta sempre a disposizione delle situazioni che ne richiedono l’intervento ma la riuscita di un buon parto è frutto anche di intimità ricreata con la donna, la serenità e la fiducia reciproca con la professionista di riferimento per quel periodo. Mi è successo diverse volte di ascoltare vissuti di violenza, molestia o di disturbi di vaginismo: sapere ciò influisce molto su come l’ostetrica si comporterà durante le visite e al momento del parto. Non dimentichiamo che mettere alla luce è l’atto stesso del lasciare andare, è un fidarsi”.

 

Parto naturale, dove si può nascere in Italia?

Il setting del parto, secondo le principali linee guida, può essere:

  • in casa;
  • in un centro nascite in contesto non ospedaliero con solo personale ostetrico ma con la possibilità di immediato intervento medico;
  • in un centro nascite in contesto ospedaliero, vicino alle tradizionali sale parto, con solo personale ostetrico ma con la possibilità di immediato intervento medico;
  • in sala parto, in contesto ospedaliero con personale medico e ostetrico. il luogo del parto

 

“Il parto a casa è molto diverso da quello in ospedale - commenta la professionista dell’associazione Il nido -: in struttura ci sono delle routine che stabiliscono i tempi delle attività con la conseguenza spesso di non lasciare il tempo necessario all'ascolto tranquillo delle esigenze della paziente. Il luogo del parto incide sull’evento e certi contesti come quello ospedaliero attivano la produzione di adrenalina nella donna, ormone che proprio non dovrebbe lavorare in questa fase. In reparto una visita o un colloquio può essere interrotto dall’arrivo di un portantino, da altre incursioni, luci accese e suoni improvvisi. Nel travaglio e nel parto serve invece che siano attivate ossitocina ed endorfine. In casa è possibile preparare un ambiente che faccia sentire la donna circondata da odori, persone e atmosfera che la rendano sicura, serena, le donne devono sentirsi protette mentre mettono al mondo un bambino”.

 

Come riconoscere le diverse fasi del parto

“Quando una gravidanza si svolge fisiologicamente, qualunque sia stata la modalità di concepimento, se non vi sono minacce di aborto, se non si soffre di diabete gestazionale, se la placenta si trova in posizione ottimale e dalla 33ima settimana circa il bimbo è a testa in giù, si ritiene che si stia
procedendo bene a un parto naturale – precisa l’ostetrica -:

  • Con il primo figlio la fase prodromica potrebbe essere più lunga: si tratta di un periodo di diversi giorni, che generalmente consideriamo dalla 35ima settimana, in cui le contrazioni sono presenti soprattutto nelle ore serali, si avverte qualche dolore simil mestruale, l’intestino è più morbido.
  • Il travaglio è successivo e le contrazioni hanno frequenza costante. Con il primo figlio un tempo medio di fase attiva del parto, con rilassamento e dilatazione e poi fase di spinta è di 12-18 ore. Un periodo superiore di spinte non rientra nella fisiologia. Le ostetriche si orientano nella gestione delle diverse fasi del parto seguendo un partogramma cui aggiungono le informazioni sulla donna e sulla sua storia per una valutazione globale e specifica.
  • Nel periodo dilatante, l’utero, come una bocca, deve aprirsi e permettere il passaggio della testa del bambino il cui diametro biparietale è di 9,5 cm: per questo si parla di dilatazione a 10 cm perché possa passare dal canale vaginale.
  • Nella fase espulsiva la donna lavora sui muscoli e dev’essere in questo momento il più rilassata possibile per accompagnare il feto che a sua volta sta lavorando per venire alla luce”.

 

Il momento della nascita

“Alla nascita i sanitari valutano nei primi minuti di vita del bambino con un punteggio da 1 a 10 seguendo l’indice di Agpar che serve a stabilire subito se il neonato è sano e vitale – precisa Padovani -. La valutazione viene eseguita e l’osservazione di mamma e bimbo dura ancora per due ore.

  • Le due ore successive alla nascita del bambino sono anch’esse parte del parto naturale. L’osservazione da parte delle ostetriche è rivolta a verificare la corretta fuoriuscita della placenta e l’eventuale insorgenza di complicanze post-parto. Diverse donne chiedono sia praticato il lotus birth, ossia che non sia tagliato il cordone ombelicale. Al contempo si osserva lo stato di salute del neonato nel suo complesso e si osserva il primo attaccamento al seno per l’allattamento naturale con il colostro, ricco di anticorpi e nutrienti specifici delle primissime ore di vita del piccolo.
  • Solo dopo questo tempo si può dire che inizi il puerperio.

 

Si tratta di momenti speciali in cui mamma e bambino fanno conoscenza, a livello ormonale il neonato sprigiona ormoni che gli permettono di avere un profumo particolarmente gradevole che fanno sì che la madre desideri da subito accudire e proteggere quell’essere vivente che sarà particolarmente richiedente”.

 

L’intervistata è Monica Padovani, ostetrica dell’associazione il Nido di Bologna.

 

 

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