Articolo

La sostenibilità è diventata una performance? Quando il green diventa marketing (anche personale)

Negli ultimi anni si sente parlare sempre più spesso di sostenibilità: sembra quasi diventata una moda, tanto da far sorgere il dubbio che contino più i ritorni in termini di immagine che il suo valore etico e il dovere ambientale che dovrebbe rappresentare. In questo scenario è nata la cosiddetta performance ecologica, un fenomeno in cui l’impegno ambientale viene spesso ridotto a una vetrina comunicativa.

performance-ecologica

Credit foto
©Foto di narvovexar su iStock

 

Cos’è la performance ecologica


Parlare oggi di sostenibilità significa spesso confrontarsi con un doppio livello: da una parte ci sono azioni concrete per ridurre l’impatto ambientale, dall’altra una comunicazione che mette in scena queste azioni per rafforzare la reputazione di chi le mette in atto. La performance ecologica nasce proprio in questo spazio: non è solo ciò che si fa, ma soprattutto ciò che si mostra. Aziende, istituzioni e persino individui utilizzano il linguaggio della sostenibilità per costruire consenso, ottenere fiducia o distinguersi sul mercato.

Il problema è che questa performance di sostenibilità può facilmente diventare un’operazione di facciata: non tutte le dichiarazioni green infatti corrispondono a un reale cambiamento nei processi produttivi, nelle filiere o nei modelli di consumo…. a volte l’attenzione è rivolta più alla narrazione che ai risultati concreti: si comunicano piccoli gesti simbolici mentre le pratiche ad alto impatto restano immutate.
È in questo slittamento che si insinua il greenwashing: quando la sostenibilità viene ridotta a strumento di marketing ambientale, si rischia di confondere immagine e sostanza, il messaggio ecologico perde forza e, anziché favorire la transizione, la rallenta, generando sfiducia nei consumatori e rendendo più difficile distinguere chi agisce davvero da chi punta solo a sembrare virtuoso.

 

Come riconoscerla


Saper distinguere una performance di sostenibilità autentica da una di facciata è fondamentale per non cadere nella trappola del greenwashing. Alcuni segnali rivelatori sono:

  • Uso di termini vaghi: parole come “eco-friendly”, “naturale” o “green” senza dati verificabili o certificazioni da enti terzi sono prive di significato e possono essere fuorvianti;
  • Enfasi selettiva: si mettono in evidenza solo alcune caratteristiche “verdi”, che fungono da specchietto per le allodole, trascurando l’impatto complessivo di un prodotto o di un’azienda;
  • Mancanza di trasparenza: si forniscono poche informazioni – imprecise e veicolate - su materie prime, processi produttivi, gestione dei rifiuti o modalità di riciclo;
  • Etichette non ufficiali: si mettono in bella mostra simboli ambientali non riconosciuti o facilmente confondibili con certificazioni reali;
  • Comunicazione sproporzionata rispetto all’azione: si punta di più su investimenti nella promozione di una immagine “verde” che in azioni concrete di riduzione dell’impatto.

Un esempio tipico è quello delle multinazionali che promuovono singoli prodotti “sostenibili” mentre gran parte delle loro attività rimane altamente inquinante. È un chiaro squilibrio tra immagine vs azione, dove la narrazione pesa più dei risultati concreti.
 

 

Cosa fare per essere veramente sostenibili


La sostenibilità non deve ridursi a una mera performance, né a un esercizio di immagine. Se il “green” rimane solo un facile slogan, il rischio è duplice: da una parte rischia di minare la fiducia dei cittadini e dall’altra di frenare la transizione ecologica. Solo con coerenza, trasparenza e responsabilità condivisa possiamo superare il divario tra immagine e azione e trasformare la sostenibilità in un cambiamento reale, quotidiano e duraturo. Per superare la logica della performance ecologica e contrastare il marketing ambientale ingannevole, servono scelte autentiche e verificabili.

Ecco alcuni esempi:

  • Preferire prodotti certificati: affidarsi a etichette ambientali riconosciute (EU Ecolabel, EMAS, ISO 14001), basate su controlli indipendenti;
     
  • Ridurre sprechi e consumi: adottare stili di vita che privilegino energie rinnovabili, filiere corte, materiali riciclabili e prodotti con un ciclo di vita sostenibile;
     
  • Informarsi in modo critico: cercare fonti affidabili e dati concreti per evitare la trappola della “sostenibilità di facciata” o del greenwashing, dove conta più l’immagine che l’azione;
     
  • Promuovere un cambiamento culturale: considerare la sostenibilità come responsabilità individuale e collettiva, non solo come compito da demandare alle aziende;
     
  • Sostenere realtà virtuose: appoggiare cooperative agricole biologiche, imprese impegnate nella decarbonizzazione e aziende trasparenti nel rendere conto dei propri risultati.