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Fast fashion: il ruolo delle fibre sintetiche

L'industria della moda dipende dalla fibre sintetiche che a loro volta dipendono dai combustibili fossili. Continuando di questo passo, le emissioni di CO2 del settore del tessile raddoppieranno entro il 2030.

Poliestere fibre sintetiche

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©stocksnapper / 123rf.com

L'industria della moda di oggi è diventata sinonimo di consumo eccessivo, valanga di rifiuti, inquinamento diffuso e sfruttamento dei lavoratori nelle catene di approvvigionamento globali.

Tra i problemi meno segnalati vi è il crescente rapporto tra l’industria della moda e l'uso di fibre sintetiche a basso costo, in particolare poliestere, che vanno ad alimantere un insaziabile modello di business fast-fashion.

Il report “Fossil fashion. The hidden reliance of fast fashion on fossil” redatto dall’organizzazione Changing Market Foundation rivela quanto l'attuale modello di produzione dell'industria della moda sia dipendente dall'estrazione di combustibili fossili e come questo ostacoli la transizione verso un'effettiva economia circolare.
 

Fast fashion raddoppiata

"Senza un intervento legislativo tempestivo e radicale e un notevole rallentamento, la produzione di vestiti economici creerà volumi insostenibili di rifiuti e microfibre tossiche, le quali emettono più carbonio di quanto il pianeta possa gestire" scrive Changing Markets.

Dall'inizio degli anni 2000, infatti, la fast-fashion è raddoppiata e si prevede che passerà dalle 62 milioni di tonnellate del 2015 a 102 milioni di tonnellate entro il 2030.

Gran parte di questa crescita è radicata nel consumismo: stiamo acquistando più vestiti che mai, indossandoli di meno e creando enormi pile di rifiuti, la maggior parte dei quali finisce in discarica o viene bruciata in inceneritori.
 

Poliestere usa e getta

Esiste una correlazione tra l'aumento della produzione di poliestere e la crescita dell'industria della moda: l'uno non può esistere senza l'altra. La produzione di poliestere è aumentata di nove volte negli ultimi 50 anni e la fibra è stata ampiamente adottata nell'industria della moda come materiale a basso costo che consente ai marchi di sfornare una varietà infinita di articoli economici per l'ultima stagione.

Il poliestere è economico, costa la metà rispetto a un chilo di cotone e si è affermato per essere la spina dorsale del modello di moda usa e getta di oggi. Il consumatore medio acquista il 60% in più di vestiti rispetto a 15 anni fa, ma li indossa per la metà del tempo.

La flessibilità del poliestere gli ha permesso di insinuarsi anche in altri materiali: le miscele di cotone e poliestere sono sempre più utilizzate, creando un'altra serie di problemi quando si tratta di gestione dei rifiuti.

 

Le fibre sintetiche consumano più dell'1% del petrolio mondiale

La produzione di fibre sintetiche a basso costo non solo fa crescere la moda usa e getta di bassa qualità, ma crea anche una forte dipendenza tra industria della moda ed estrazione di combustibili fossili.

La produzione di fibre sintetiche per l'industria del tessile rappresenta attualmente l'1,35% del consumo mondiale di petrolio. Si tratta di un consumo superiore a quello annuo della Spagna.

Numerosi studi hanno anche dimostrato che l'industria petrolifera e del gas sta scommettendo sul futuro della plastica (che include le fibre sintetiche): lo scenario energetico di una compagnia come la BP, ad esempio, presume che la produzione di plastica rappresenterà il 95% della crescita futura della domanda di petrolio.
 

Tre quarti dei tessuti prodotti da combustibili fossili

Ora, si stima che le fibre sintetiche cresceranno dal 69% al 73% della produzione totale di fibre entro il 2030, con il poliestere che rappresenta l'85%.

In altro parole, se l'industria della moda continua a fare affari come di consueto, in meno di 10 anni quasi tre quarti dei nostri tessuti saranno prodotti da combustibili fossili.

Nel 2015, la produzione di poliestere solo per i tessili era responsabile di oltre 700 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, simili alle emissioni annuali di gas serra del Messico o di 180 centrali elettriche a carbone.

Questo dato è destinato a raddoppiare entro il 2030, raggiungendo il doppio delle emissioni di gas serra dell'Australia. I marchi di moda, insomma, potrebbero minare gli impegni climatici a livello globale.