Articolo

Dove va a finire la plastica?

Dove va a finire la plastica che gettiamo nella spazzatura? Quale percentuale viene davvero riciclata e quale, invece, finisce in discarica o addirittura all'estero? Greenpeace ci dà alcune risposte.

plastica-riciclo

Credit foto
©Bogdan Ionescu / 123rf.com

Raccolta differenziata e riciclo non sono la stessa cosa

In questi mesi si è scatenata una mobilitazione senza precedenti sul principale problema ambientale dei nostri tempi: l’inquinamento da plastica. 

 

Dopo decenni di incuria e indifferenza, pare che le cose stiano finalmente cambiando. Le aziende più illuminate riprogettano il packaging dei loro prodotti, l’Unione europea ha messo al bando la plastica monouso, le persone più attente ci pensano due volte prima di usare inutilmente una cannuccia o un piatto usa e getta. 

 

Da consumatori, però, prima o poi ci siamo fatti tutti la stessa domanda: in fondo, che problema c’è a usare un qualsiasi oggetto in plastica, se poi lo buttiamo nel bidone giusto? La raccolta differenziata non ci assicura che i nostri rifiuti siano smaltiti nel rispetto dell'ambiente?

 

La domanda è legittima, ma la risposta purtroppo non è rassicurante. La raccolta differenziata è solo il punto di partenza, ma il reale riciclo è un passaggio successivo. 

 

Immaginiamolo come un imbuto. Soltanto una quota di ciò che abbiamo correttamente buttato nel bidone della plastica verrà effettivamente riciclato; tutto il resto prenderà strade diverse. Greenpeace, con due report recenti, ci aiuta a chiarire le idee. 

 

Quanta plastica viene riciclata in Italia

Quanta plastica usiamo in Italia e quanta ne ricicliamo? Ad affrontare questa prima questione è il report “Plastica: il riciclo non basta”, redatto dalla Scuola agraria del parco di Monza per conto di Greenpeace e pubblicato a giugno 2018.

 

In Italia ogni anno sono immessi al consumo tra i 6 e i 7 milioni di tonnellate di plastica, una quantità che ci colloca al secondo posto in Europa, dietro alla Germania. 

 

Di per sé, la plastica è indispensabile per una vasta gamma di impieghi (pensiamo per esempio all’industria automobilistica o biomedica), perché è un materiale leggero e indistruttibile

 

Il vero problema sta nel fatto che il 40% di questo materiale così resistente serve per produrre articoli da gettare via dopo pochi minuti di utilizzo, come cannucce, bottiglie o confezioni.

 

Insomma, su 2,27 milioni di tonnellate, circa 986mila sono state davvero riciclate. E stiamo parlando solo degli imballaggi, per cui entrano in gioco normative e procedure restrittive: è verosimile che le percentuali si abbassino per gli altri prodotti. 

 

Dove va a finire la plastica made in Italy

Dopo questi dati è il momento di passare al secondo quesito: dove va a finire la plastica che produciamo e usiamo in Italia? La nostra fonte è un altro studio, sempre di Greenpeace, che si intitola “Le rotte globali, e italiane, dei rifiuti in plastica” ed è stato pubblicato ad aprile 2019.

 

Non tutti sanno che una vasta quota dei rifiuti in plastica esce dai confini del Paese in cui è stata prodotta, andando spesso a finire in zone in cui le regolamentazioni sono meno rigide.

 

A scoperchiare il vaso di Pandora è stata la Cina. Dopo aver importato complessivamente il 45% della plastica prodotta nel mondo negli ultimi 25 anni, lo scorso anno il gigante asiatico ha detto basta. Dal 1° gennaio 2018 respinge al mittente 24 diversi materiali, inclusa la plastica che non sia pura al 99,5%.

 

È stato un vero e proprio terremoto. Nell’arco di pochi mesi il volume di export globale si è ridotto circa della metà rispetto al 2016, dirigendosi soprattutto verso Malesia, Vietnam e Thailandia.

 

Ma anche questi paesi hanno quasi subito introdotto nuovi divieti, lasciando spazio a Indonesia e Turchia.

 

Nel 2018 dall'Italia proveniva il 2,25% di tutti gli scarti in plastica esportati nel mondo. Stiamo parlando di poco meno di 200mila tonnellate, l’equivalente di 445 Boeing 747 a pieno carico, passeggeri compresi. Ci collochiamo così all’undicesimo posto nella classifica globale degli esportatori, che è dominata dagli Usa.

 

I nostri rifiuti vanno a finire soprattutto in Austria (poco meno di 40mila tonnellate), Germania (più di 26mila) e Spagna (quasi 18mila), ma a destare preoccupazione sono soprattutto quelli che escono dai confini del Vecchio Continente, che sono circa un terzo del totale.

 

Sulla carta, spiega infatti Greenpeace, l’Europa ci permette di esportare i rifiuti solo nei paesi in cui le norme sulla salute e sull'ambiente sono equivalenti a quelle comunitarie

 

Nei fatti, sostiene Greenpeace, dietro all’export in Cina si celavano anche vaste sacche di illegalità. “Container pieni di plastica spediti dall’Italia alla Cina, che poi tornavano indietro in Europa sotto forma di oggetti (giocattoli, contenitori, perfino biberon per neonati) realizzati con plastica contaminata”, si legge nel report.

 

Ora che la Cina si è tirata indietro, dove vanno a finire tutti quegli scarti di pessima qualità, contaminati e non sanificati? Gli osservati speciali, secondo Greenpeace, sarebbero Malesia (dove abbiamo esportato poco meno di 13mila tonnellate nel 2018), Turchia (oltre 7mila tonnellate) e Vietnam (5.500 tonnellate circa). 

 

Senza contare tutti quei casi in cui, per aggirare i controlli, si mette in piedi una triangolazione di container che fanno tappa in altri stati europei per poi finire comunque in Asia.

 

Usiamo meno plastica, per il bene di tutti

Di fronte a fenomeni così vasti, intricati e per molti versi ancora oscuri, cosa possiamo fare noi comuni cittadini?

 

Gettare un imballaggio o una bottiglia nel bidone corretto è il minimo indispensabile. Non è un atto virtuoso, ma un'abitudine alla base della nostra routine quotidiana. 

 

È evidente che, dal momento in cui differenziamo un rifiuto in plastica, quest'ultimo esce dal nostro controllo. Non siamo noi a decidere se finirà all'interno di un impianto di smaltimento nel nostro comune, di un inceneritore o di un container diretto dall'altra parte del mondo.

 

Però abbiamo un enorme potere: quello di produrre meno rifiuti.

 

Non è un semplice consiglio di buon senso, ma la raccomandazione che arriva da tutti gli esperti di svariati settori. Se continueremo a usare plastica a piè sospinto, senza alcun criterio, sarà letteralmente impossibile riciclarla tutta.

 

Ridurre alla fonte la produzione e il consumo è l'unica strada per un futuro più sostenibile. E dipende soprattutto da noi, che possiamo selezionare con più cura i nostri acquisti e premiare le aziende che si dimostrano responsabili.