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Nuovi musei e giardini officinali in Italia da visitare

L’Italia vanta una tradizione millenaria legata alle piante officinali, preziose per le loro proprietà terapeutiche e aromatiche. Negli ultimi anni, il crescente interesse verso i rimedi naturali e verso il turismo sostenibile ha favorito la nascita e la valorizzazione di diversi musei e giardini officinali che raccontano la storia, la scienza e le tradizioni legate proprio alle piante medicinali: questi luoghi rappresentano oggi un punto di incontro tra cultura, natura e innovazione, offrendo esperienze formative e sensoriali uniche. Scoprire i musei ed i giardini officinali d’Italia significa immergersi in un patrimonio ricco di biodiversità e sapere antico, da vivere anche in modo interattivo e coinvolgente.

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©Foto di SimonaSirio su iStock

 

L’Italia e la tradizione delle piante officinali

La storia delle piante officinali in Italia è profondamente radicata nelle culture locali e nella medicina tradizionale, da quella romana fino ai moderni studi scientifici. Il territorio italiano, grazie alla sua varietà climatica, è da sempre l’ecosistema ideale per la crescita di numerose specie officinali, coltivate e utilizzate da secoli per il benessere. I musei e gli orti botanici italiani svolgono un ruolo fondamentale nel conservare questa eredità, promuovendo la conoscenza delle piante sia comuni che rare, attraverso raccolte, erbari e ricerche multidisciplinari. Questi spazi educativi aiutano a mantenere vivo il legame tra uomo e natura, trasmettendo il sapere con un approccio che unisce cultura, storia e scienza.
 

 

I musei più innovativi da scoprire


Negli ultimi anni l’Italia ha visto crescere una nuova attenzione verso i musei botanici e gli spazi dedicati alle piante officinali, dove tradizione e tecnologia si incontrano per offrire esperienze di visita sempre più immersive e formative.


Tra i musei più all’avanguardia spicca l’Aboca Museum di Sansepolcro (Toscana), che propone diversi percorsi: il Percorso Storico “Erbe e Salute nei Secoli” conduce il visitatore tra erbari antichi, strumenti di farmacia, ceramiche e manoscritti, mentre il Percorso Interattivo “Aboca Experience” apre una finestra sulla realtà produttiva e scientifica dell’azienda, con pannelli tattili, proiezioni e animazioni digitali. Il museo offre inoltre laboratori didattici, attività per le scuole ed esperienze interattive per adulti, come escape room tematiche e approfondimenti scientifici, rendendo la conoscenza del mondo vegetale accessibile a ogni età.


In Piemonte, il Museo della Menta e delle Piante Officinali di Pancalieri racconta la secolare tradizione della coltivazione della menta piperita, radicata nel territorio fin dal 1865. Attraverso documenti, attrezzi, erbari e filmati, il museo ricostruisce la storia agricola e industriale della distillazione, offrendo un racconto autentico della cultura materiale legata alle piante officinali. Le visite guidate, i laboratori e le degustazioni proposte durante eventi e manifestazioni rendono il museo un punto di riferimento per il turismo verde e sensoriale.


Più a nord, il Museo della Farmacia di Bressanone (Trentino-Alto Adige) rappresenta un ponte straordinario tra scienza e memoria. Ospitato in un edificio storico, il museo custodisce un vasto patrimonio di strumenti, medicinali e allestimenti originali risalenti a oltre quattro secoli fa. Tra i pezzi più preziosi spicca un erbario secco del 1653, composto da circa 950 piante officinali provenienti dall’Orto Botanico di Padova: una testimonianza unica della storia della farmacologia alpina e tirolese. Oggi il museo collabora con diverse università, tra cui Padova, per la conservazione e lo studio degli erbari storici, unendo ricerca e divulgazione in un’unica esperienza accessibile anche attraverso audioguide e contenuti bilingue.


Nel cuore di Milano, l’Orto Botanico di Brera continua a essere un modello di equilibrio tra storia e innovazione. Fondato nel 1775 per volontà di Maria Teresa d’Austria, conserva ancora l’impianto settecentesco originale, con vasche ellittiche, un arboreto e aiuole dedicate a piante medicinali, tintorie e tessili. Oggi è gestito dall’Università degli Studi di Milano ed è diventato un vero museo a cielo aperto che promuove progetti di divulgazione ambientale e valorizza la connessione tra arte, scienza e natura.


Un ruolo di primo piano spetta anche al Giardino delle Erbe “Augusto Rinaldi Ceroni” di Casola Valsenio (Ravenna), riconosciuto dalla Regione Emilia-Romagna come centro di eccellenza per la coltivazione e la conservazione delle piante officinali. Di recente il giardino ha ampliato le sue attività didattiche e i percorsi guidati, rafforzando la collaborazione con scuole e università e offrendo ai visitatori esperienze legate alla tradizione erboristica appenninica. 


Ancora: il Giardino della Minerva di Salerno, erede della tradizione della Scuola Medica Salernitana, è stato da poco riaperto al pubblico dopo un accurato restauro che ha restituito splendore ai terrazzamenti e alle antiche strutture idriche. Il progetto ha introdotto nuove aree didattiche e percorsi sensoriali pensati per valorizzare la biodiversità mediterranea e far conoscere le antiche pratiche terapeutiche trasmesse nei secoli dalla Scuola Medica Salernitana, attraverso esperienze dirette e inclusive.


Tra gli spazi più innovativi merita una menzione speciale l’Orto Botanico e Museo Botanico dell’Università di Padova, protagonista di un ambizioso progetto di digitalizzazione dell’erbario storico nell’ambito del National Biodiversity Future Center (NBFC). In collaborazione con la Sapienza Università di Roma e il Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze, il progetto prevede la riproduzione digitale di oltre 700.000 campioni vegetali, parte di un archivio nazionale di più di 4 milioni di esemplari. Grazie a tecniche di acquisizione avanzata, le piante officinali, aromatiche e medicinali conservate negli erbari italiani diventano accessibili online, trasformando la ricerca botanica in un museo diffuso e digitale della biodiversità.

 

Giardini officinali e turismo verde


Negli ultimi anni, i giardini officinali sono diventati luoghi privilegiati di incontro tra natura, cultura e turismo sostenibile. Se in passato rappresentavano spazi di studio, coltivazione e conservazione di specie medicinali, oggi si configurano come veri e propri laboratori a cielo aperto dove il visitatore può riscoprire ritmi naturali, profumi e gesti antichi. Questa evoluzione risponde a un bisogno crescente di esperienze autentiche e consapevoli, che vadano oltre la semplice fruizione del paesaggio e favoriscano una relazione diretta con l’ambiente.
In molti contesti rurali, i giardini officinali sono stati integrati nei circuiti dell’agriturismo e dell’ecoturismo, diventando tappe di percorsi sensoriali, luoghi di laboratori di erboristeria, spazi per attività educative e iniziative di benessere. La visita a questi giardini non è solo un’occasione di conoscenza botanica, ma anche un’esperienza emotiva e formativa: l’osservazione delle piante, la raccolta guidata e la trasformazione delle erbe medicinali introducono a un turismo più lento, partecipativo e rispettoso del territorio.
Insomma, visitare un giardino officinale oggi significa entrare in un ecosistema di conoscenze, profumi e rispetto per la terra.
 

 

Perché visitarli arricchisce la conoscenza naturale


Visitare un giardino officinale non è soltanto un gesto di curiosità o di svago, ma un vero atto di educazione ambientale: ogni pianta racconta una storia di adattamento, di interazione con l’uomo e di equilibrio con gli altri organismi del suo ecosistema. Imparare a riconoscerne forme, odori e proprietà significa allenare lo sguardo alla complessità del vivente e riscoprire il valore di quelle conoscenze che per secoli hanno guidato la medicina popolare.
In un’epoca dominata dalla tecnologia e dalla distanza dalla natura, questi luoghi offrono la possibilità di ristabilire un contatto diretto con la terra e i suoi cicli.
In questo senso, i giardini officinali non sono solo destinazioni turistiche, ma spazi di apprendimento ecologico, in quanto invitano a un nuovo modo di conoscere la natura: non dall’alto, come osservatori distaccati, ma dall’interno, come parte di un sistema vivente di cui siamo responsabili.