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Alimenti ricchi in triptofano

Il triptofano è un amminoacido essenziale che può essere introdotto solo con l’alimentazione. E' precursore del neurotrasmettitore serotonina conosciuto anche come “ormone della felicità”.

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Triptofano negli alimenti

Possiamo parlare di “cibi del buon umore”, ossia l’elenco di tutti quegli alimenti il cui apporto di triptofano è tale da apportare dei benefici al nostro organismo a livello psicologico.

Dagli spinaci al cioccolato rigorosamente fondente, passando per tacchino, salmone e zuppa di cereali integrali: ecco alcuni cibi antistress da mettere nel piatto, specie dopo una giornata particolarmente pesante che ci ha lasciato di cattivo umore.

Infatti, sono ormai numerosi gli studi scientifici che provano gli effetti antistress di certi cibi, specie quelli che contengono "serotonina" (la molecola del buon umore) o molecole affini, "dopamina", la "molecola del piacere" e sostanze che riducono nell’organismo la concentrazione dell’ormone principale dello stress, il cortisolo.

Livelli eccessivamente bassi di triptofano influenzano processi cognitivi sia nei soggetti sani che in quelli con una “vulnerabilità serotoninergica” e la sua misurazione plasmatica diventa un’importante indice di malnutrizione.

Gli alimenti che davvero ne contengono il quantitativo maggiore sono:

farro (198 mg/100g);
fagioli crudi (226 mg/100g);
asparagi di bosco (55mg/100g);
mandorle dolci secche (394mg/100g);
provolone (336mg/100g);
uova di gallina con tuorlo (237 mg/100g).
 

Importanza del triptofano

Vale la pena tuttavia ricordare che se l’assunzione di triptofano puro aumenta la produzione di serotonina ma questo non è di norma vero per i cibi che lo contengono.

Semplificando al massimo possiamo dire che la presenza di altri amminoacidi (nelle proteine assunte con la dieta) ne impedisce l’assorbimento a livello cerebrale.

Per aggirare questo limite alcuni autori propongono il consumo di alimenti particolarmente ricchi di triptofano, in modo da far pendere la bilancia verso questo amminoacido rispetto ai restanti e permetterne così almeno un modesto assorbimento a livello del sistema nervoso.

L’obiettivo quindi non è tanto aumentare la quantità di triptofano di per sé, ma aumentarla in rapporto alla quantità degli altri amminoacidi.


È stato infine dimostrato che assumere gli alimenti sopra citati in un pasto ricco di carboidrati (pane, pasta), può aumentare l’assorbimento del triptofano a livello cerebrale, perché una parte degli altri amminoacidi viene sequestrata dalle cellule muscolari dietro l’impulso fornito dal rilascio di insulina.

La serotonina così prodotta viene in parte convertita in melatonina, che potrebbe rendere conto della sonnolenza post-prandiale tipica dei pasti ricchi di carboidrati.

Alcuni autori suggeriscono peraltro che il cattivo umore che spesso si nota nei soggetti che seguono diete iperproteiche potrebbe essere anche dovuto a questo aspetto, ossia all’insufficiente consumo di carboidrati che non permette un adeguato assorbimento cerebrale di triptofano.
 

Triptofano, mal di testa e fibromialgia

Mal di testa? Colpisce una persona su cinque. Avendo componenti genetiche, nella stessa famiglia possono soffrirne mamma e figlia. Gli stili di vita sani aiutano a ridurre la frequenza e l’intensità degli attacchi ma possono non essere sufficienti ad eliminarli.

Quando la cefalea interferisce con le attività quotidiane, sarà il medico a scegliere gli interventi farmacologici più specifici, cominciando da quelli meno valutati.

Ecco dunque come il triptofano può venire in aiuto delle donne ad esempio quando la cefalea si accompagna a depressione premestruale. Questo interessante collegamento è emerso inoltre da alcuni studi, nei quali si è osservato come cefalee e mal di testa cronici di tipo tensivo abbiano alla base delle anomalie del metabolismo di triptofano e tirosina.

Infine molte testimonianze supportano l'ipotesi del ruolo della serotonina nella patofisiologia della fibromialgia, attraverso una riduzione dei livelli plasmatici di tale sostanza ed un incremento di chinurenina nel liquido cerebro-spinale, con conseguente aumento della percezione del dolore.