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La star del Super Bowl Tom Brady e il veganesimo

Tom Brady, il quarterback al suo settimo trionfo al Super Bowl, fa parlare di sé anche perché ha scelto di ridurre al minimo il consumo di carne.

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©All-Pro Reels from District of Columbia, Usa / Wikimedia Commons

Tom Brady entra nell’olimpo del football americano

È un momento d’oro per Tom Brady, 43 anni, campione di football americano che milita nel ruolo di quarterback. Alla sua prima stagione con la squadra dei Tampa Bay Buccaneers (o più semplicemente Bucs), l’ha trainata ai playoff e in finale, appuntamenti da cui mancava rispettivamente da 13 e 19 anni.

 

Di fronte al pubblico del loro stadio (ridotto a 25mila persone per le restrizioni anti-Covid) e ai 96,4 milioni di spettatori collegati da casa, i Tampa Bay Buccaneers hanno vinto il Super Bowl, uno degli appuntamenti sportivi più seguiti a attesi al mondo. Un trionfo ottenuto battendo per 31-9 i Kansas City Chiefs, dati per favoriti e vincitori del titolo nel 2020.

 

Questa vittoria, che per lui è la settima su dieci partecipazioni, ha definitivamente consacrato Brady tra le leggende del football americano. Oltre ai suoi successi sportivi, però, tra giornali e mass media si dibatte parecchio anche della sua dieta. Perché, se non è vegana, poco ci manca.

 

La dieta quasi-vegana di Tom Brady

“Quando mi chiedono se sono vegetariano o vegano rispondo di no, assolutamente no”, ha dichiarato Tom Brady. Osservando la sua dieta da vicino, però, si scopre che è formata all’80% da alimenti vegetali, una percentuale che sale fino al 90-95% nei mesi estivi. Tendenzialmente Brady consuma latticini e uova, ma cerca di limitare soprattutto la carne.

 

Lo scorso anno ha collaborato con Purple Carrot, brand che consegna a domicilio kit per ricette a base vegetale, con la missione di “fare cibo vegano per i non vegani”. Tra le linee di sviluppo su cui sta lavorando l’azienda c’è anche quella delle ricette ad alto contenuto di proteine, ideali per gli sportivi.

 

Troppa carne nella dieta degli americani

Indipendentemente dalle scelte etiche e personali, appare chiaro che quello di Brody è un messaggio forte. Soprattutto perché è indirizzato a una popolazione, quella statunitense, che in tema di consapevolezza alimentare ha ancora molta strada da fare.

 

Rispetto agli anni Settanta gli americani consumano più frutta e verdura (categoria, quest’ultima, che conteggia però anche le patate), ma sono ancora molto lontani rispetto alle linee guida federali per una dieta sana. Soprattutto a causa di una quantità eccessiva di carne e uova.

 

Il cambiamento più rilevante degli ultimi due decenni è stato il sorpasso del pollo sul maiale nella classifica delle carni più consumate, sempre dominata dal manzo. Sommando queste tre fonti, si arriva comunque a una media di circa 100 chili di carne all’anno per ogni singolo cittadino americano. Un'enormità.

 

Salute, vince la dieta mediterranea

L’International Agency for Research on Cancer (Iarc), un'agenzia che fa capo all’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), raccomanda di restare entro i 500 grammi alla settimana di carne rossa per limitare il rischio di cancro. Particolare attenzione va riservata alle carni processate o lavorate, come salumi e insaccati. 

 

In questo senso, noi italiani possiamo solo dirci fortunati per la tradizione che ci lega alla dieta mediterranea. Incentra sul consumo di frutta, verdura, cereali, pesce e grassi sani come l’olio extravergine di oliva, è il nostro più prezioso elisir di salute.