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Movimento zero waste e dopo pandemia

Produrre meno rifiuti e vivere in modo più sostenibile sono i principi alla base del movimento zero waste. Ma come si evolverà il pianeta dopo la pandemia? Tre esperte “zero sprechi” delineano possibile scenari futuri.

Movimento zero waste e pandemia

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©mihalec / 123rf.com

Dopo la pandemia il mondo sarà più sostenibile? E come si evolverà il movimento zero waste? Se lo chiede la giornalista Cait Munro in un articolo pubblicato su Refinery29, mettendo a confronto tre punti di vista differenti, quello di Laura Singer, di Bea Johnson e di Jacqueline Klopp, tre personalità di riferimento della comunità zero sprechi a livello internazionale.

 

A seguito dell’emergenza in atto, infatti, il rapporto tra uomo e cibo dovrà essere necessariamente ridiscusso e lo stesso varrà anche per la gestione dei rifiuti, gli sprechi e il riciclo. Con esiti potenzialmente differenti, stando alle opinioni delle tre esperte.
 

Come ha inciso l’emergenza COVID-19 sulle scelte di Lauren Singer

Lauren Singer - blogger, influencer e attivista ambientale - il 21 marzo scorso si è “autoaccusata” su Instagram davanti ai suoi 379mila followers, “rea” di aver fatto delle scelte contrarie alla filosofia zero waste a seguito dell’emergenza del COVID-19.

 

Sul social, infatti, Singer, ha affermato di aver acquistato in due settimane un quantitativo di plastica superiore a quanto ai suoi consumi realizzati in diversi anni. E a conferma del “danno” l’instagrammer ha pubblicato la foto della sua dispensa piena di lattine di alluminio e barattoli di vetro, in cui era presente anche un sacchetto di plastica. 

 

Nel suo lungo post, l’influencer - consapevole di essere andata contro le proprie convinzioni - ha sottolineato la necessità di essere onesta a riguardo e come questa tipologia di acquisti e imballaggi le abbia creato un profondo conflitto interiore. Tuttavia, così facendo - commenta - ha evitato di andare in più negozi, di interagire con più persone e di incrementare di conseguenza il rischio di contrarre o diffondere il COVID-19.

 

“In situazioni come queste, se le tue esigenze prioritarie e basilari quotidiane non vengono garantite, non puoi preoccuparti della sostenibilità - ha commentato Singer - tuttavia questo non vuol dire che i comportamenti individuali e l'attivismo ambientale non siano importanti: vale sempre la pena investire in uno stile di vita zero waste”.

 

Secondo la blogger, infatti, in un momento di emergenza può essere lecito fare un passo indietro nell’ottica di sopravvivere alla pandemia, ma nel post-coronavirus sarà necessario e prioritario ricostruire l’economia globale in un’ottica meno distruttiva e invasiva per il pianeta.
 

Bea Johnson: consumare meno ed essere più esigenti

Bea Johnson -pioniera del movimento zero waste, eco-blogger e scrittrice - al dilagare della pandemia si trovava in campeggio in Arizona con la propria famiglia. Impossibilitata a rientrare a casa, durante l’emergenza ha continuato a promuovere con coerenza il proprio stile di vita a zero sprechi evitando scorte eccessive, cibi trasformati, lattine, contenitori di plastica o alimenti in scatola. 

 

Ipotizzando un possibile scenario post-Covid, inoltre, la donna si è focalizzata su due principi basilari: consumare meno ed essere più esigenti sugli acquisti. Consapevole, tuttavia, che al tempo stesso saranno da (ri)valutare alcuni comportamenti zero waste come, ad esempio, acquistare bevande e prodotti sfusi tramite tazze e contenitori riutilizzabili.

 

Ma non è tutto: secondo la blogger, infatti, i “piccoli gesti” sostenibili aiutano a stare bene e possono essere un primo passo in vista di un più ampio e strutturato piano futuro. "Voglio davvero che le persone capiscano che vivere a zero spreco non apporta benefici solo al pianeta, ma anche a se stessi"- ha sottolineato Johnson - “Questo stile di vita, infatti, è più salutare, permette di eliminare i prodotti tossici e di risparmiare un'enorme quantità di denaro".
 

Nuove priorità e reti di persone: le considerazioni di Jacqueline Klopp

Anche Jacqueline Klopp - codirettore del Center for Sustainable Urban Development del Earth Institute della Columbia University - si è interrogata sulle future priorità (ambientali e non) post pandemia. E lo ha fatto partendo da alcune considerazioni legate alle problematiche odierne.

 

“Stiamo vivendo una brutta recessione - sottolinea Klopp - ma in futuro ci saranno risorse a disposizione. Come ci comporteremo a riguardo?” Perché se è vero che alcuni gesti sostenibili quotidiani sottendono una maggior attenzione verso il pianeta, in altri casi proprio questo tempo sospeso di lockdown sta rimandando l'agire ad alti livelli sulle misure più urgenti. A causa dell’emergenza in atto, inoltre, è stata rinviata la conferenza COP26 delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e molte imprese statunitensi (e non) hanno dovuto sospendere temporaneamente i programmi di compostaggio e riciclaggio. Senza contare che il coronavirus ha reso i problemi ambientali ancora più evidenti". 

 

A tal proposito Klopp ha sottolineato come "molte pandemie siano legate al modo in cui l’umanità sta affrontando la deforestazione e la distruzione dell'habitat”. E che pertanto condurre una vita a zero sprechi sia ciò di cui abbiamo bisogno momentaneante, sebbene non sia abbastanza in un’ottica lungimirante.

 

Secondo la studiosa in futuro sarà fondamentale ristrutturare le priorità, ipotizzando al tempo stesso delle riforme sociali ed economiche per affrontare in modo più significativo i problemi ambientali e sociali.

 

"Penso che questa pandemia abbia aggravato una serie di difficoltà contingenti.- ha spiegato Klopp - ma al tempo stesso è evidente come il domani non possa dipendere solo dai comportamenti dei singoli individui. La differenza la faranno le reti, i movimenti, l’insieme di più persone. E per questo è importante incoraggiare i cittadini ad agire e ad adottare comportamenti sostenibili, non solo individualmente".