News

L'Italia fra 80 anni: simulazioni sul clima

La tropicalizzazione dell'Italia non è poi così lontana da venire: secondo la prima analisi del Centro Euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici, gli effetti della crisi climatica costituiranno un danno ambientale ed economico consistente per il Paese. Investire nella sostenibilità, però, resta sempre la soluzione possibile.

Proiezioni clima dell'Italia rischio climatico

Credit foto
© federicofoto / 123rf.com

Il rischio connesso ai cambiamenti climatici interessa l’intero territorio italiano e tutti i settori economici. Pur con differenze tra diverse aree che coinvolte in maniera diversa, non ci sono regioni che possono considerarsi immuni.

A pubblicare la prima analisi del rischio climatico in Italia è stata la Fondazione CMCC - Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, una proiezione che parte da scenari in grado di fornire informazioni sul clima atteso per il futuro del Paese nei prossimi ottant’anni.

Ne emerge un quadro in cui il rischio cresce, nei prossimi decenni, in molti ambiti, con costi economico-finanziari consistenti per il Paese e con impatti che interessano in maniera più severa le fasce sociali più svantaggiate e tutti i settori, con particolare riferimento alle infrastrutture, all’agricoltura e al turismo.
 

Fino all’8 per cento di Pil

I 5 capitoli che compongono la ricerca, coordinata da trenta autori, delineano un aumento della temperatura fino a 2°C nel periodo 2021-2050 (rispetto a 1981-2010) che nel peggiore degli scenari può raggiungere i 5°C con una forte diminuzione delle precipitazioni estive nelle regioni del centro e del sud e aumento di eventi estremi e precipitazioni intense.

In tutti gli scenari aumenta il numero di giorni caldi e dei periodi senza pioggia: per quanto riguarda gli eventi estremi, teniamo conto che la probabilità del rischio è già aumentata in Italia del 9% negli ultimi vent’anni.

Tutto ciò ha un costo, non solo ambientale: i danni economici legati agli impatti dei cambiamenti climatici in Italia aumentano rapidamente e in modo esponenziale al crescere dell’innalzamento della temperatura nei diversi scenari, con valori compresi tra lo 0,5% e l’8% del Pil a fine secolo.

Inoltre i cambiamenti climatici aumentano la disuguaglianza economica tra regioni e le perdite maggiori vengono a determinarsi nelle reti e nella dotazione infrastrutturale del Paese, nell’agricoltura e nel settore turistico, nei segmenti sia estivo che invernale.
 

Resilienza e cambio d’approccio

Questo è il momento migliore in cui nuovi modi di fare impresa e nuove modalità per una gestione sostenibile del territorio devono entrare a far parte del bagaglio di imprese ed enti pubblici, locali e nazionali” scrivono gli autori del report coordinati da Donatella Spano, membro della Fondazione CMCC e docente dell’Università di Sassari.

Quindi che si può fare? “Si dovrà puntare su nuove tecniche di irrigazione, una migliore gestione della fertilità del suolo, un miglioramento genetico delle colture in modo che si adattino di più al nuovo clima. Ma per realizzare tutto questo occorrono risorse e la volontà politica di indirizzare il sistema produttivo verso il cambiamento” conclude Spano.