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Ftalati: pericolosi anche per il feto

Presenti in numerosissimi prodotti e confezioni - anche alimentari - gli ftalati possono risultare dannosi in gravidanza per lo sviluppo del feto. A rivelarlo, un numero crescente di studi scientifici, condotti in varie parti del mondo per verificare gli effetti negativi sulla salute di questi onnipresenti contaminanti.

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© lightfieldstudios / 123rf.com

Attenzione agli ftalati in gravidanza. Contaminanti ambientali che tutti, quotidianamente, ingeriamo, inaliamo o assorbiamo attraverso la cute, gli flatati non solo sono accusati di provocare una lunga serie di effetti negativi sulla salute di uomini e donne, ma - secondo alcuni studi - possono gravare pesantemente sullo sviluppo del feto. 
 

Ftalati, cosa sono

Gli ftalati sono dei contaminanti ambientali ubiquitari a cui tutti siamo ampiamente esposti: si tratta di "sostanze chimiche a tutti gli effetti, sono utilizzati per ammorbidire, o plastificare, alcuni materiali usati in una serie di prodotti industriali e di consumo, tra cui quelli a contatto con alimenti come il Pvc (polivinilcloruro)", fonte Efsa.

In un opuscolo diffuso dal Ministero della Salute nel luglio 2012 si legge: “gli ftalati sono prodotti chimici che vengono aggiunti alle materie plastiche per migliorarne la flessibilità e la modellabilità. Sono sostanze tossiche per la riproduzione, soggette a restrizione europea”. 

Dopo aver valutato cinque ftalati autorizzati per l’impiego nei materiali in plastica destinati al contatto con gli alimenti nel 2005, l'Efsa è stata recentemente chiamata a riesaminare le soglie di sicurezza per comprendere se- con l'attuale livello di esposizione- esistano rischi per la salute pubblica.

Gli esperti hanno, dunque, stabilito un nuovo livello di sicurezza di gruppo per quattro dei cinque ftalati (Dbp, Bbp, Dehp e Dinp) di 50 microgrammi per chilogrammo di peso corporeo al giorno, sulla base delle conseguenze sul sistema riproduttivo e, in particolare, sulla diminuzione del testosterone nei feti.

Si tratta tuttavia di livelli di sicurezza provvisori, a causa delle incertezze su ulteriori effetti avversi e sull'impatto, specifico degli ftalati presenti nei materiali plastici a uso alimentare sull'esposizione complessiva dei consumatori.
 

Esposizione agli ftalati durante la gravidanza

Secondo quanto riportato nello studio citato dall'Associazione culturale pediatri "Esposizione agli ftalati durante la gravidanza e rischi fetali" (2015), l’esposizione del bambino agli ftalati inizia già durante la gravidanza, con un fattore di rischio maggiore durante il primo trimestre, finestra di particolare vulnerabilità per il feto. 

I risultati presentati in questo articolo, pur in parte necessitanti di ulteriori conferme, indicano chiaramente il possibile ruolo nocivo degli ftalati nella vita fetale. Queste sostanze, grazie alla loro attività di perturbatori endocrini, possono infatti alterare l’equilibrio ormonale materno durante la gravidanza, causando delle modificazioni delle funzioni ormonali deputate al corretto sviluppo del feto con conseguenze che vanno dall’interruzione della gravidanza, al parto pretermine, alla nascita di bambini con possibili deficit di sviluppo” riporta l'analisi. “Le principali fonti evitabili di esposizione, come risulta dalle attuali conoscenze, sembrano essere rappresentate dai cibi, dalle bevande e dai cosmetici conservati in plastica, e dal contatto diretto con molti prodotti plastici”.
 

Nuovo studio, nuove conferme

A conferma di una possibile relazione pericolosa, la rivista scientifica Environment International ha recentemente pubblicato uno studio, condotto su circa mille donne in gravidanza senza particolari fattori di rischio. Oggetto della misurazione è stato l'ormone placentare di rilascio della corticotropina o pCrh, sostanza identica a quella di norma presente nel cervello, garante di un armonico avanzamento dello sviluppo del bambino. 

In particolare gli autori, provenienti da diversi centri di ricerca e cliniche statunitensi, riportano un’associazione tra alterazioni della pCrh rispetto ai livelli medi attesi e la presenza di ftalati nella placenta. Inoltre, le donne che mostravano livelli anomali dell’ormone facevano registrare con maggiore frequenza patologie quali l’ipertensione o il diabete gravidico, pericolose per la madre e per il bambino. 
 

Come limitare l'esposizione

Pur necessitando di ulteriori approfondimenti, l'analisi dei rischi indotti dagli ftalati sulla salute delle persone sin dal periodo precedente la nascita suggerisce, dunque, quantomeno precauzione.

Per limitare l’esposizione quotidiana a tali interferenti endocrini è possibile attuare alcuni accorgimenti:

  • evitare frutta e cibi confezionati;
  • utilizzare contenitori di vetro, ceramica o legno per conservare gli alimenti;
  • non riscaldare il latte o gli alimenti nella plastica;
  • evitare materiali plastici contenenti ftalati come PVC, vinile o polistirolo, cercando sull’etichetta la scritta senza ftalati” o “PVC-free".