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Kombucha: perché è diventata un fenomeno culturale (non solo salutare)

Negli ultimi anni la kombucha ha smesso di essere una bevanda di nicchia per appassionati di fermentazioni ed è entrata a pieno titolo nell’immaginario collettivo del benessere contemporaneo: oggi la si trova nei supermercati, nei bar “healthy”, nei contenuti social dedicati allo stile di vita e persino nei contesti della moda e del design. Questo successo non si spiega soltanto con le sue presunte proprietà salutari, ma con una combinazione più complessa di fattori culturali, simbolici e comunicativi. Capire perché la kombucha sia diventata così popolare significa quindi andare oltre le proprietà benefiche e osservare il contesto in cui viene consumata e raccontata.

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©Foto di lesyeuxdedidi su iStock

 

Cos’è la kombucha

Dal punto di vista tecnico, la kombucha è una bevanda ottenuta dalla fermentazione di tè zuccherato grazie a una coltura di batteri e lieviti che vivono in simbiosi tra loro, nota come SCOBY (acronimo di Symbiotic Culture of Bacteria and Yeast). Durante il processo fermentativo, zuccheri e componenti del tè vengono trasformati in acidi organici, anidride carbonica e una piccola quantità di alcol, dando origine a una bevanda leggermente frizzante e dal gusto acidulo.
Le sue origini sono antiche e vengono generalmente fatte risalire alla Cina, dove era consumata già più di duemila anni fa, per poi diffondersi in Russia e in Europa orientale. Questo passato ricco di tradizioni contribuisce ancora oggi al suo fascino: la kombucha viene spesso percepita come un ponte tra pratiche alimentari antiche e sensibilità moderne, un prodotto che unisce artigianalità, fermentazione e ricerca di naturalità.
Dal punto di vista nutrizionale e microbiologico, però, non esiste una sola kombucha: la sua composizione varia sensibilmente in base al tipo di tè utilizzato, ai tempi di fermentazione e ai microrganismi coinvolti, rendendo difficile generalizzare i suoi effetti in modo univoco.
 

Perché è esplosa sui social


L'ascesa della kombucha sui social, da TikTok a Instagram, è legata al suo appeal visivo e narrativo, in quanto si inserisce perfettamente nell’estetica contemporanea del wellness: bottiglie curate e colorate, riferimenti alla fermentazione casalinga e alla “cura di sé” fatta di rituali che la rendono perfetta per reel e storie da migliaia di visualizzazioni. È insomma un prodotto che si presta a essere raccontato visivamente e simbolicamente, più che semplicemente consumato.
È così che sui social la kombucha è diventata parte di una narrazione più ampia che associa salute, autenticità e consapevolezza: spesso viene presentata come una migliore alternativa rispetto alle bibite industriali, come gesto quotidiano di attenzione verso il proprio corpo o come segno di appartenenza a uno stile di vita informato e sostenibile. In questo contesto, influencer e personaggi pubblici hanno contribuito a rafforzarne l’immagine, assegnando alla kombucha un valore che va oltre il suo contenuto nutrizionale e che ne fa un oggetto culturale, un simbolo di una certa idea di benessere contemporaneo.
 

 

Benefici reali e miti da sfatare

Gran parte della reputazione salutistica della kombucha deriva dal fatto che si tratta di una bevanda fermentata: la fermentazione, infatti, produce composti biologicamente attivi e mantiene alcune delle sostanze antiossidanti tipiche del tè. I benefici principali includono il supporto alla flora intestinale grazie ai probiotici, che migliorano la digestione e un effetto detossificante lieve da acidi organici. Inoltre riduce le infiammazioni e fornisce antiossidanti, utili contro lo stress ossidativo. Tuttavia, ci sono alcuni miti da sfatare: in primis non "disintossica" il fegato, non cura il cancro, non funge da prevenzione nei confronti di malattie croniche, né garantisce dimagrimento miracoloso; inoltre alcol e acidità eccessiva possono irritare lo stomaco, è bene stare attenti agli eventualmente troppi zuccheri aggiunti, senza contare che, in caso di produzioni fai-da-te non controllate, è necessario porre attenzione contro eventuali contaminazioni batteriche. Insomma molte delle affermazioni più diffuse non sono supportate da prove scientifiche solide e, allo stesso modo, l’idea che ogni kombucha sia una fonte affidabile di probiotici è fuorviante: molti prodotti commerciali infatti vengono trattati per garantire sicurezza e stabilità, riducendo la presenza dei microrganismi vivi.

 

Come scegliere una kombucha di qualità


Scegliere una kombucha in modo consapevole significa prima di tutto leggere l’etichetta: ingredienti semplici, basso contenuto di zuccheri aggiunti e trasparenza sul processo produttivo sono buoni indicatori di qualità. 
Le versioni artigianali o fatte in casa, poi, possono contenere una maggiore varietà di microrganismi vivi, ma richiedono attenzione e competenze per evitare contaminazioni. Le versioni industriali, invece, offrono maggiori garanzie di sicurezza, pur sacrificando in parte la componente “viva” del prodotto.