Intervista

Farmageddon, quando la fine del mondo è nel nostro piatto

Questa intervista a Philip Lymbery, autore del libro Farmageddon, vuole mettere in luce "il vero costo della carne economica", ovvero quello che davvero "paghiamo" quando arriva nel nostro piatto. Parole per riflettere e per sentirsi in dovere, in diritto e in potere di salvare il pianeta

Farmageddon, quando la fine del mondo è nel nostro piatto

Philip Lymbery, amministratore delegato dell'associazione Compassion in World Farming, per più di tre anni ha viaggiato e lavorato per portare alla luce ciò che si cela dietro ai grandi allevamenti di animali ed è stato testimone del devastante impatto dell'industria dell'allevamento sull'uomo, sugli animali e sul pianeta.

Il risultato è proprio il libro di recente uscita Farmageddon, una chiamata al risveglio e alla presa di coscienza in merito a una problematica che coinvolge tutti.

Spreco di cibo, danni alla salute (si veda la recente questione inglese sugli antibiotici), inquinamento ambientale e crudeltà nei confronti degli animali: sono tutti temi più che mai all'ordine del giorno. Ecco cosa ci racconta Philip.

 

Philip, come ti è venuta l'idea di iniziare un'indagine così dura e difficile?

Una nuova ondata di intensificazione della produzione di carne potrebbe portare la salute della campagna e quindi del nostro cibo a un punto di non ritorno.

Nel 2011, la presidente del CIWF, Valerie James, mi ha sfidato a scoprire perché un'industria che ha cominciato con tutte le buone intenzioni - dare da mangiare alle nazioni e al mondo - si è poi comportata nel modo sbagliato, anteponendo il profitto al nutrimento delle persone.

Come ne venivano colpite le persone, gli animali e il pianeta e cosa si poteva fare? L'idea per questo libro è nata così.

Così intrapresi un viaggio per vedere con i miei occhi la realtà dietro alla patina del marketing della carne "economica", per scoprire come le cose sono cambiate, quali avvertimenti ci sono stati dati e cosa è accaduto al nostro cibo.

Per più di due anni ho viaggiato con la redattrice del Sunday Times Isabel Oakeshott e un gruppo di operatori per esplorare il complesso apparato dell'allevamento, della pesca, la produzione industriale e il commercio internazionale che coinvolgono il cibo che finisce nel nostro piatto. Abbiamo stilato una lista di paesi e posti da vedere, basati sul loro coinvolgimento nel mondo globalizzato del cibo.

La California è stata una scelta ovvia, non solo per le sue esportazioni "culturali", come Hollywood, ma anche perché alcuni vedono i suoi modi di allevamento come futuristici.

La Cina è una potenza crescente e il più popolato paese del pianeta per uomini e maiali. L'Argentina è il più grande esportatore di soia usato per il mangime degli animali.

Volevo vedere con i miei occhi come le persone, che spesso vivono in zone remote, ma che forniscono il nutrimento, gli ingredienti o il cibo dei nostri piatti, sono colpite dall'industrializzazione impazzita della campagna. Questa è tanto la loro storia, quanto la mia.

 

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È stato rischioso? Immagino che i contadini e i proprietari degli allevamenti non siano stati tanto collaborativi. Qual è la cosa peggiore che è accaduta a te e ai tuoi collaboratori?

A volte ho incontrato delle resistenze, ma sono sempre riuscito ad ascoltare testimonianze da contadini e persone danneggiate dall'allevamento intensivo.

A volte, nel libro, ho usato dei falsi nomi per riferirimi a queste persone, così da mantenere il loro anonimato.

Una delle esperienze per me più memorabili è stata in Cina. La fattoria di maiali Muyuan che speravamo di visitare ha declinato la nostra richiesta e all'inizio neppure un giro con guardie locali ci è stata proposto.

Mentre eravamo fuori presso altre fattorie di maiali, il nostro autista ha ricevuto una telefonata dal nostro hotel, che diceva che la polizia era interessata a sapere perché stavamo filmando.

Jeff ci ha avvisato che li avremmo potuti trovare ad aspettarci al rientro. Sono stato molto ben allertato del fatto che il regime comunista in Cina ha ancora un certo peso nei vari villaggi, non importa quanto siano remoti. Ora so che mi dicevano il vero.

In macchina, al sicuro, abbiamo elaborato un piano d'azione. Abbiamo deciso di essere franchi e onesti sul proposito della nostra visita - per comprendere in modo migliore il sistema di allevamento dei maiali in Cina - ma di fare qualsiasi cosa per proteggere il nostro filmato.

Jim, il nostro cameraman, ha rimosso la memory card dalla telecamera e l'ha nascosta. I quaderni con gli appunti messi da parte per non essere visti. Tutti noi ci stavamo immaginando una notte in una cella di prigione cinese, arrestati con la scusa si sconfinamento o spionaggio - cosa che pensavamo non fosse così difficile o insolita.

Una volta in hotel, dopo un profondo respiro, facemmo del nostro meglio per far finta di niente, ma i nostri nervi non furono aiutati quando il personale della reception ci aveva tolto i nostri passaporti. Ci dissero che la polizia voleva controllare e verificare chi fossimo. Io ero preoccupato - essere in Cina, essere investigato e senza passaporto non era una cosa buona. Ma c'era ben poco che potevamo fare.

Un'ora dopo ci incontrammo per cena nella lobby dell'hotel. Lasciammo che Jeff sbrigasse questioni amministrative, visto che era l'unico che parlava mandarino, mentre l'hotel si prendeva cura di noi in modo impeccabile, accompagnandoci in una sala da pranzo privata. Ci eravamo appena seduti, quando Jeff irruppe nella stanza con un enorme sorriso, come se avessimo vinto la lotteria. «Grandi notizie!» esclamò «Abbiamo nuovi amici per cena! Dalla fattoria Muyuan!»

Proprio dietro di lui c'era un uomo di mezza età, che si presentò come Mr Chen, uno dei manager di Muyuan. Era accompagnato da due giovani donne. «Gli ho raccontato che abbiamo cercato di contattarli per diverse settimane, e li ho convinti ad unirsi a noi per cena!». Apparentemente l'ufficiale della Muyuan si è imbattuto in lui nella lobby dell'hotel, dove Jeff ha avuto il piacere di invitarlo ad unirsi a noi.

Con sorrisi e con ciò che io spero fossero gesti di benvenuto, balzai in piedi, trovando posti a sedere per i nostri inattesi ospiti e accompagnandoli calorosamente a tavola, nascondendo così il nostro disorientamento. I nostri esagerati gesti di ospitalità sembravano aver spezzato la tensione. Prima che ce ne fossimo resi conto, la nostra cena informale si era trasformata in un vero incontro, con birra e apparente giovialità.

Tuttavia, dietro ai sorrisi, l'allevatore di maiali e il sottoscritto, stavamo prendendo le distanze, studiandoci a vicenda. La sua curiosità su cosa stessi facendo con una telecamera proprio vicino alla sua fattoria era tanto grande quanto il mio bisogno di sapere cosa davvero stesse accadendo al di là di quelle mura di cemento.

Ciò che entrambi sapevamo, ma eravamo troppo discreti per dirlo, era che il pettegolezzo che girava in quel piccolo paese era chiaramente un innesco per Internet. C'erano occhi e orecchie dappertutto. Non era una coincidenza che l'allevatore di maiali fosse nell'hotel quella notte.

La nostra presenza era stata notata. Apparentemente, grazie i nostri sorrisi incoraggianti e i brindisi amichevoli al Regno Unito - la cooperazione cinese era stata saldata - andammo a vedere cosa c'era dentro quei capannoni. E i passaporti ci furono riconsegnati.

 

allevamento maiali

 

Quale è stato il peggiore allevamento di bestiame che hai visto, sia riguardo gli animali che il paese?

Quando andai in California, vidi ciò che considero essere il più oppressivo sistema per l'allevamento delle mucche da latte.

Per vedere l'impatto che i mega caseifici hanno sull'ambiente, siamo andati su, nel cielo. Partendo con un piccolo aereo, abbiamo potuto vedere enormi distese di stesse colture che disegnavano la valle, interrotte da ciò che sembravano crudeli cicatrici. Mega caseifici che colpivano lo sguardo, ognuno con centinaia di mucche confinate in recinti fangosi, non si intravvedeva un filo di erba.

Stavamo forse sorvolando la più enorme concentrazione di caseifici del mondo. In verità làggiù la terra non mancava di certo, quindi non c'era motivo che non fossero tra i prati. Questa esperienza scongiurava la domanda: era questa una crudele abberrazione o la direzione futura che avrebbero preso gli allevamenti? Dopo aver visto ciò, Isabel Oakeshott pensò che il libro dovesse essere intitolato "Farmageddon" e il nome rimase.

In termini di allevamento selettivo, qualcosa che mi salta alla mente sono gli allevamenti Blue in Belgio. Gli allevamenti Blu sono originari del Belgio e sono il risultato di una selezione portata avanti durante la seconda metà del 20esimo secolo.

Ci fu una grande svolta negli anni 60 grazie all'uso di antibiotici, che permettavano al bestiame di partorire attraverso il parto cesareo. Il bestiame viene selezionato appositamente per dare alla luce vitelli "dalla doppia muscolatura".

Questi vitelli sono infatti troppo grandi per essere partoriti in modo naturale, quindi la percentuale del parto cesareo può salire anche al di sopra del 90%.

Questa selezione genetica può creare anche problemi per il vitello, come deformità della bocca, difficoltà nella suzione, che possono anche portare alla morte; una congenita rigidità articolare può anche rendere molto difficile o impossibile ai vitelli lo stare in piedi.

Inoltre può causare problemi cardio-respiratori, infatti alcuni di loro muoiono entro 48 ore dalla nascita, a causa di insufficienze cardiache o polmonari. È crudele permettere che un animale nasca in una vita fatta di sofferenze.

 

Il capitolo che riguarda la Cina (allevamenti di maiali) e il modo in cui loro allevano gli animali sembra molto doloroso. Penso all'Italia, come potremo tutelare un giorno gli animali e la salute?

In Italia ci sono leggi che proteggono i maiali negli allevamenti. Le nostre indagini del 2013 hanno mostrato che le leggi non sono rispettate nelle fattorie ad allevamento intensivo e che i controlli del Ministero della Salute nel 2013 hanno portato alla luce che circa il 38% delle fattorie monitorate erano illegali. Dobbiamo iniziare a chiedere una reale applicazione delle leggi che già esistono.

 

Com'è la situazione in Inghilterra?

Io vivo nella parte sud e rurale dell'Inghilterra, dove pascoli, cespugli e vita selvaggia sono parte del territorio. Tuttavia, sotto le sembianze di "intensificazione sostenibile", sono stati delineati dei "campi di battaglia"; un approccio più industrializzato all'allevamento, con piccole stanze per animali, è ora visto come un modello innovativo.

Dopo tutto dobbiamo alimentare una crescente popolazione - miliardi di bocche in più devono essere sfamate nel pianeta entro qualche decennio. Ciò significherà che, che ci piaccia o no, animali confinati in mega allevamenti, che scopaiono dal paesaggio e sono rimpiazzati da colture che crescono con l'aiuto di pesticidi chimici e fertilizzanti.

Le cose si sono mosse in questa direzione per un po', ma ora il ritmo si sta velocizzando. La lacerazione si sta mostrando in molte cose; gli uccelli che vivevano tra i terreni coltivati, che una volta erano comuni in Gran Bretagna, all'improvviso sono diminuiti; il numero di api è al di sotto di quanto sia necessario per una corretta impollinazione dei raccolti in Europa; e la preoccupazione cresce riguardo la qualità del cibo tra gli scaffali del supermercato - da dove viene, come è prodotto e cosa sta facendo alla nostra salute.

Secondo il DEFRA (Department for Environment, Food and Rural Affairs), le ultime statistiche, la presenza degli uccelli è crollata di più della metà negli ultimi 40anni, con il calo peggiore avuto tra la fine degli anni 70 e l'inizio degli anni 90.

Ciò proprio quando ebbe luogo l'intensificazione delle colture, con le monocolture intrise di sostanze chimiche, il venire a meno delle coltivazioni miste e l'incremento nell'uso dei pesticidi.

Duramente colpiti sono stati animali come pernici grigie, colombe, passeri e colombine del granoturco, che sono diminuti di più dell'85% in quattro decenni. Un forte calo si è verificato nei tempi più recenti anche per altre specie, come allodole, pavoncelle, storni e gheppi.

 

Quale è dunque secondo te il migliore tipo di modello di allevamento che hai visto? Quale pensi potrebbe essere la vera soluzione?

Evitare Farmageddon è facile. Se noi comprassimo solo prodotti da animali allevati a terra (al pascolo, organici), favorendo i produttori locali o i distributori in cui abbiamo fiducia, mangiando ciò che compriamo e inoltre riducendo lo spreco di cibo, ed evitando di esagerare con il consumo di carne, possiamo riempire i nostri piatti per far sì che la campagna ne tragga beneficio, così come la nostra salute e il benessere degli animali.

Il mio consiglio: comprare cibo dalla terra, da animali allevati in fattorie, non in fabbriche; apprezzare e usare gli avanzi, per ridurre lo spreco di cibo; e scegliere una dieta bilanciata, senza mangiare troppa carne.

 

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Per approfondire:

> Vai alla scheda del libro Farmageddon