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Vivere "off grid", una scelta non sempre facile

Vivere in mezzo alla natura, in case ecosostenibili e totalmente autosufficienti dal punto di vista energetico e non solo. Tutto questo significa vivere off grid, ed è una strada romantica ma non priva di difficoltà.

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Dire addio agli edifici energivori

Sentiamo parlare in continuazione della crisi climatica che minaccia il nostro futuro, e sappiamo che anche le case in cui viviamo hanno gigantesche responsabilità per questo. In Italia – per limitarci al contesto che conosciamo meglio – 7,6 milioni di edifici residenziali su 12,5 milioni sono stati costruiti prima del 1970, quando l’attenzione per i consumi energetici non esisteva. Anche per questo, l’assoluta maggioranza è dichiaratamente inefficiente: l’87,9% non supera la classe D, in una scala che va da un massimo di A4 a un minimo di G. La classe G, da sola, rappresenta il 35,7% del totale.

 

Parliamoci chiaro: è inutile auto-definirsi green, se non si presta la minima attenzione all’impatto ambientale e climatico che si genera ogni singolo giorno semplicemente per dormire al caldo, lavarsi e ricaricare smartphone e computer. Tanto più dopo un’esperienza come la pandemia che ha forzatamente attribuito all’ambiente domestico un ruolo ancora più centrale rispetto al passato. C’è chi risponde a questa nuova consapevolezza ristrutturando la propria casa, anche grazie ai numerosi bonus offerti dallo Stato. E c’è chi, invece, ne approfitta per fare una scelta molto più radicale. Quella di vivere off grid.

 

Cosa significa vivere off grid

Una casa off grid è scollegata dalla rete di distribuzione dell’elettricità e del gas naturale, dal sistema fognario e dalle infrastrutture telefoniche. Tutti servizi che, soprattutto in città, abbiamo imparato a dare per scontati. Di conseguenza, un’abitazione off grid è completamente autosufficiente da ogni punto di vista; l’energia arriva dal sole e dal vento, l’acqua è piovana o di pozzo, i reflui vanno smaltiti in autonomia e non c’è nessuno che passi a ritirare la spazzatura.

 

Si tratta di soluzioni senza dubbio estreme. Spesso sono anche molto particolari a livello architettonico perché sono costruite con materiali naturali e di recupero: in primis il legno, ma anche la paglia, l’argilla, gli pneumatici riempiti di terra.

 

Non vanno confuse con le case passive, cioè con quelle abitazioni che sono costruite seguendo i canoni della bioedilizia, a tal punto da abbattere quasi completamente i consumi di energia. Queste ultime infatti sono case vere e proprie, dotate di tutti i servizi e allacciate alle reti; anzi, si distinguono per le loro tecnologie all’ultimo grido, a differenza delle abitazioni off grid che tendenzialmente sono molto più spartane.

 

Una scelta di vita che non è per tutti

Kevin Maimann è un giornalista freelance e musicista, è canadese e, ormai esasperato dai prezzi immobiliari alle stelle della British Columbia, si è trasferito insieme alla sua fidanzata in un piccolo cabin di legno in mezzo al bosco. In principio gli era sembrata “la scelta giusta a livello spirituale, ambientale e finanziario”. La realtà si è rivelata però ben più dura del previsto.

 

Dura innanzitutto dal punto di vista psicologico, perché – come racconta in un articolo su Vice – cenare al lume di candela senza dubbio è romantico, ma dover smaltire ogni singolo giorno le acque reflue del proprio bagno non lo è altrettanto. 

 

Anche dal punto di vista economico la vita off grid non è semplice come può sembrare a uno sguardo superficiale. Per essere autosufficienti bisogna innanzitutto affittare una casa e il terreno, preferibilmente tutelandola con un’assicurazione. Una casa che va dotata di pannelli solari, un generatore per le giornate di pioggia, un veicolo, batterie, una motosega per tagliare la legna, un ripetitore per la connessione internet che consenta di lavorare da casa. Messe insieme, queste spese sono paragonabili a quelle che si sostengono prendendo in affitto un appartamento dotato di tutti i comfort.  

 

Avendo vissuto off grid in prima persona, Maimann mette in guardia dalla rappresentazione un po’ semplicistica e idealizzata che ne viene trasmessa su Instagram. I post pubblicati dagli influencer saranno anche evocativi, ma sono studiati nei minimi dettagli e rispecchiano soltanto in parte la realtà. Tantissimi si lasciano affascinare dalla romantica prospettiva di una vita da nomadi digitali immersi nella natura, ma rischiano di sopravvalutare le proprie reali capacità di vivere in ambiente outdoor. E trovarsi così in forte difficoltà. 

 

In Italia si può vivere off grid?

Nel nostro Paese esiste anche un’associazione, chiamata Off Grid Italia, che si propone di “imparare, e al contempo divulgare, come l’ambiente può renderci liberi”, attivando una serie di progetti volti a riconnettere uomo e natura e alleggerire il proprio impatto sul pianeta. Come “To be circular”, un raccoglitore di iniziative per l’economia circolare, oppure il progetto di ristrutturazione dei nuovi locali della Cooperativa sociale Paradigma, a Torino, impiegando materiali di riuso, riciclati o rinnovabili.

 

L’associazione propone dunque una concezione di off grid che è allargata rispetto all’indipendenza dalle reti elettriche e fognarie. Anche perché questa seconda strada, più radicale, in Italia non è praticabile prevalentemente per vincoli di tipo burocratico che, per giunta, variano di Regione in Regione o addirittura di Comune in Comune. Negli ultimi anni sono stati tentati degli esperimenti parziali, soprattutto nelle Marche e in Toscana, ma di base un edificio in Italia viene ritenuto abitabile soltanto se è allacciato alle varie reti ritenute essenziali. E vivere in una casa non abitabile è un illecito amministrativo.

 

In sintesi, ben venga anche una concezione un po’ più light di vita off grid, coerente con le proprie capacità e con le disposizioni di legge, purché sia il pretesto per ripensare in chiave più sostenibile il proprio stile di vita.