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Ruben, il locale solidale a Milano

Ruben è un ristorante solidale situato alla periferia di Milano, che offre, a chi ne ha bisogno, la cena al prezzo simbolico di 1 euro. Il locale, nato da un'idea di Ernesto Pellegrini, non ha smesso di fornire pasti durante il lockdown e riapre ora con nuove modalità, nel rispetto delle norme igienico-sanitarie anti-Covid.

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©Ruben Milano

Riapre nel quartiere Giambellino-Lorenteggio- alla periferia di Milano- Ruben, il ristorante solidale che offre a chi ne ha bisogno la cena a 1 euro.

Il locale, che non ha smesso di offrire pasti cucinati da asporto neppure durante la quarantena e il lockdown, si propone come un aiuto per coloro che si trovano a vivere un momento di ristrettezze economiche.
 

Che cos'è Ruben, modalità di accesso e menù

Un aiuto per i “nuovi poveri”. Nato da un’idea della Fondazione Ernesto Pellegrini, il ristorante si rivolge alle persone provenienti da un contesto lavorativo normale che, per le cause più disparate, si ritrovano improvvisamente in una situazione di difficoltà.

Qui famiglie, singoli, studenti, padri separati, immigrati, persone che hanno perso il lavoro possono trovare un pasto completo di qualità al prezzo simbolico di 1 euro. I minori sotto i 16 anni mangiano gratis

I destinatari di questa iniziativa sono selezionati da una rete di circa 150 associazioni, sportelli di ascolto Caritas, e servizi sociali comunali, che rilascia delle tessere d’ingresso. Lo scopo è quello di individuare situazioni di effettivo disagio, importante ma non estremo al punto di essere già incluse nei programmi assistenziali pubblici.

Come sottolinea Valentina Pellegrini, figlia di Ernesto e Vice Presidente dell'azienda di famiglia Organizzazione Mense Pellegrini, gli avventori del locale “non sono persone abituate a chiedere aiuto, anzi, spesso provano un forte imbarazzo perché non sono parte della schiera di individui appartenenti alla grave emarginazione, gli ultimi, che vivono di pubblica assistenza”. Non cercano carità, ma un sostegno concreto durante il periodo necessario a rimettersi in carreggiata.

Il ristorante solidale Ruben si colloca all’interno di una struttura che opera anche come mensa interaziendale, nata allo scopo di facilitare l'inclusione, coltivando relazioni attraverso la condivisione della tavola e del buon cibo

“Nessuna fretta” si legge sul sito, nella sezione dedicata al progetto. “Vogliamo che (il tempo, NdR) vada oltre quello strettamente necessario a consumare il pasto. La nostra prospettiva è quella dello stare insieme a tavola, di un momento dedicato alle relazioni umane e sociali che da sempre caratterizzano il pasto come un’occasione di convivialità”.

Due i menù a disposizione, per garantire agli ospiti la possibilità di scegliere. Tra gli intenti dichiarati, oltre alla cura dell'ambiente del locale, c'è l'attenzione alla scelta degli ingredienti e alle quantità, proposte in modo da limitare al massimo la problematica- sempre in agguato- dello spreco alimentare.
 

Chi era Ruben

Il nome Ruben, scelto per il ristorante, non è casuale: apparteneva a una persona fortemente legata alla storia dei Pellegrini. 

Contadino di Cremona giunto alla periferia della città per coltivare i campi, abitava nella stessa cascina dove vivevano i Pellegrini, allora ortolani. All’inizio degli anni 60, quando furono espropriati i terreni, la cascina fu abbattuta e Ruben perse il lavoro. Costretto a sistemarsi in una baracca senza riscaldamento, vi morì assiderato.

Quando Ernesto- che ai tempi era uno studente con mezzi limitati- lo seppe, decise che appena possibile avrebbe aiutato le persone in difficoltà, soprattutto quelle che, come Ruben, si fossero trovate improvvisamente in stato di indigenza
 

Un nuovo Ruben nell'era Covid

E così, approfittando del 50° anniversario della Fondazione Pellegrini, nel 2015 il progetto del ristorante fu avviato.

Prima del lockdown, Ruben offriva ogni sera circa 500 pasti, distribuiti su due turni. Oggi, dopo lo tsunami socio-economico-sanitario Covid-19, il ristorante è stato riorganizzato per rispondere ai  protocolli di sicurezza.

I tavoli sono stati distanziati tra loro e organizzati in vari moduli, il pane e la frutta sono sigillati in monoporzioni e sono consegnati da personale volontario, le bevande sono in bottigliette di plastica.

Grandi cartelloni a fumetti, dislocati negli spazi del ristorante, guidano passo dopo passo i fruitori alla scoperta delle nuove norme di comportamento e gestione. 

In alternativa al consumo all'interno del locale c'è, inoltre, la possibilità di ritirare la box dinner- pensata per mantenere il servizio durante il lockdown- e di consumare altrove il pasto appena cucinato. Una ristorazione solidale che si adatta alle nuove esigenze dettate dal contesto.