Intervista

Ortofficina: giovani contadini crescono

A Nova Milanese da qualche mese c'è una società agricola molto particolare: è il "ritorno alla terra" di tre ragazzi della zona, che credono in un'agricoltura che rispetti il Pianeta e diventi occasione di conoscenza e scambio tra le persone.

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©Ortofficina

Un pregiudizio comune vuole che gli under 30 di oggi stiano sempre con gli occhi incollati allo smartphone, immersi nella loro vita di agio e comodità. Poi, però, a dare una sferzata ai pregiudizi arrivano Matteo, Nicolò e Marco. Tre ragazzi giovanissimi, laureati, che hanno deciso di lasciar perdere CV e uffici e aprirsi la loro azienda agricola.

 

E non un'azienda agricola qualunque: Ortofficina, che si trova a Nova Milanese, in Brianza, produce più di quaranta specie di ortaggi ed erbe officinali (e tra poco anche il miele) con tecniche che riducono al minimo l'impatto ambientale. Il canale di vendita scelto è quello della distribuzione diretta al pubblico e ai Gas (gruppi d'acquisto solidale), che garantisce una filiera cortissima e a km zero

 

"Tempo concreto a contatto con la terra, occasione per creare comunità e partecipazione attiva, un presidio territoriale volto anche al rinverdimento e recupero paesaggistico, oltre che alla conservazione e tutela della biodiversità che non implichi o giustifichi lo sfruttamento di nessuno e di niente: né un abuso sull’uomo, né una predazione intensiva delle risorse naturali": con queste parole descrivono lo spirito che anima il loro progetto.

 

Abbiamo raggiunto uno di loro, Marco, per conoscere meglio la loro storia.

 

Raccontaci qualcosa in più su di voi.

Siamo tre ragazzi, due di Nova Milanese e uno di Desio.

 

Matteo è del ‘95, ha una laurea triennale in Scienze agrarie ed è iscritto alla magistrale in Protezione e produzione delle piante all’Università Statale di Milano. In passato ha lavorato in un orto per disabili e tossicodipendenti, ha esperienza come giardiniere e nel campo dell'educazione ambientale per il circolo Legambiente di Cinisello Balsamo.

 

Nicolò è del ‘94 ed è laureato magistrale in Produzione e protezione delle piante. Anche lui, come Matteo, ha fatto educazione ambientale con Legambiente e ha esperienza come giardiniere.

 

Poi ci sono io, Marco. Sono del '92, non sono laureato in agraria ma ho una triennale in Scienze umanistiche per la comunicazione e una magistrale in Comunicazione e marketing. Ho fatto il mediatore museale e il fonico freelance, quindi lavori che non c’entrano con l’ambiente. Tra di noi, scherzando, diciamo sempre che sono la “pecora nera” del gruppo! 

 

Quando avete iniziato l'avventura di Ortofficina?

Abbiamo iniziato a studiare il progetto un annetto fa, aprendo una sorta di tavolo con altre persone potenzialmente interessate. Col tempo siamo rimasti noi tre.

 

Fortunatamente in concomitanza scadevano le concessioni di alcuni terreni a Nova Milanese, che il Comune avrebbe rimesso a bando a breve. A gennaio infatti è uscito il bando riferito all’agricoltura sociale, quindi ci siamo costituiti come società agricola e abbiamo partecipato.

 

Il terreno ci è stato dato intorno al 20 marzo e abbiamo subito iniziato con i primi lavori di insediamento: recintare l’area, preparare il terreno, condurre una serie di pratiche. Di fatto, siamo in campo a lavorare da tre-quattro mesi.

 

L’apertura alla comunità è avvenuta all’inizio di giugno, quando abbiamo avviato la vendita e abbiamo accolto le persone nel campo, per spiegare loro cosa stavamo facendo.

 

Abbiamo iniziato a interfacciarci con le scuole elementari e medie di Nova, nell'ottica di iniziare alcuni progetti il prossimo anno, oltre a una serie di iniziative, eventi e workshop che stiamo definendo. Per ora, siamo presi al 100% dal lavoro nel campo.

 

Siete certificati per l’agricoltura biologica?

Per una questione etica, non abbiamo richiesto certificazioni. Lavoriamo seguendo i dettami dell'agricoltura biologica ma non ci sembra necessario pagare un ente esterno che lo certifichi. Questa scelta secondo noi ha senso per chi vende alla grande distribuzione e, giustamente, vuole dare una garanzia al cliente.

 

Noi che facciamo principalmente vendita diretta e fornitura ai Gas, invece, abbiamo la possibilità di accogliere direttamente le persone al campo e mostrare ciò che facciamo. Ci sembra più bello ripristinare un rapporto di fiducia tra chi produce la verdura e chi la compra.

 

Oltre a seguire la stagionalità dei prodotti, abbiamo adottato una serie di pratiche agricole che riducono l'impatto sull'ambiente.

 

Con questa logica abbiamo scelto l'impianto di irrigazione, pratichiamo la pacciamatura (che ci permette di ridurre il fabbisogno di acqua per le piante) e lasciamo inerbite le interfile, mantenendo la biodiversità all’interno dello spazio agricolo. In pratica, lasciamo che le piante spontanee interagiscano col resto della produzione: sul lungo periodo, questo fattore ha un impatto positivo sulla qualità del terreno. 

 

Oltre agli ortaggi di stagione, producete altro?

Produciamo anche piante officinali e ci teniamo molto, perché in Italia vengono quasi tutte importate dall'estero. Certo, il nostro terreno di circa due ettari non ci consente di avviare una produzione gigantesca, ma ci dà comunque la possibilità di diversificare. 

 

Inoltre abbiamo un apiario e prossimamente avvieremo la produzione di miele

 

Quali sono gli aspetti più sorprendenti del lavoro nei campi?

Sicuramente, ciò che stupisce di più le persone è che tre ragazzi giovani si siano messi a fare tutta questa fatica. Questo è un mestiere durissimo, è vero. Stiamo lavorando 13-14 ore al giorno, a volte anche la domenica. 

 

Per noi, il fatto di avere un rapporto diretto con le persone ripristina la fiducia e la speranza nei confronti della società. Notiamo che tante persone, anche anziane, hanno una sensibilità molto sviluppata nei confronti delle tematiche ambientali e del consumo locale.

 

Non è solo una questione di “andare a fare la spesa”. Tanti hanno capito che Ortofficina non è un sostituto del supermercato, ma un modo diverso di scegliere e di avere un impatto su ciò che si ha attorno. Questa è una nota positiva che non ci aspettavamo fosse così spiccata; immaginavamo che a mostrare questo genere di consapevolezza fossero più i giovani che gli adulti.

 

Oltre al lavoro nei campi, ci tenete molto a coinvolgere la comunità. Come?

Durante questo primo anno abbiamo tanto da fare, anche perché la stagione è partita in ritardo, ma dai prossimi anni vogliamo avviare una serie di attività sociali e culturali rivolte alla cittadinanza, allo scopo di creare un senso di comunità intorno allo spazio agricolo. 

 

Non vogliamo solo produrre ortaggi, ma portare valore sul territorio. Vogliamo che le persone possano attraversare lo spazio agricolo e vivere momenti di socialità, magari anche imparando pratiche da sperimentare nel proprio giardino o balcone.

 

Vista la necessità sempre più impellente di fare qualcosa per l'ambiente e per la società, pensiamo che il ritorno all'agricoltura non sia solo lavoro produttivo, ma possa anche "dare" qualcosa agli altri. L’assetto che abbiamo dato al progetto e alla società agricola tiene conto dei valori che sposiamo, anche al di fuori di qui.