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Migranti in partenza dall'Africa ai tempi del coronavirus

Nonostante lo spettro del coronavirus, migliaia di persone continuano a fuggire dall’Africa nella speranza di una vita migliore.

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©Anne Jose Kan / 123rf.com

Mille migranti in fuga dalla Libia in una settimana

Mentre il mondo è alle prese con l’emergenza sanitaria senza precedenti dovuta al coronavirus, migliaia di persone continuano a fuggire dall’Africa, spinte dalla forza della disperazione. 

 

A fornire alcune cifre (inevitabilmente parziali) è Alarm Phone, il progetto che ha istituito un numero di emergenza auto-organizzato per migranti in difficoltà nel Mar Mediterraneo. 

 

Solo nella settimana compresa fra il 5 e l’11 aprile 2020, fa sapere tramite una nota, più di mille persone sono scappate dalla Libia a bordo di una ventina di imbarcazioni. Dieci si sono rivolte al soccorso telefonico e due sono state soccorse il 6 aprile dalla nave Alan Kurdi, utilizzata dall'Ong tedesca Sea Eye per le missioni nel Mediterraneo.

 

Alarm Phone ha avuto notizia di cinquecento persone che sarebbero state rispedite in Libia nell’arco di tre giorni. Molte di loro sarebbero state imprigionate a bordo di una nave nel porto di Tripoli. Sei le persone che sarebbero annegate. 

 

I migranti in quarantena e le polemiche sui soccorsi

Anche in Italia abbiamo toccato con mano il perdurare di questa crisi umanitaria proprio nel giorno di Pasqua, quando a Pozzallo sono sbarcati 101 migranti, subito trasferiti in una struttura tra Comiso e Ragusa. Il ministero dell’Interno riferisce di 3.231 migranti sbarcati dall’inizio del 2020 al 15 aprile; nella prima metà di aprile sono stati 437. 

 

“C'è l'esigenza di garantire anche per i migranti che sbarcano la sorveglianza sanitaria, cioè la quarantena e l'isolamento”, ha dichiarato il 12 aprile Angelo Borrelli, a capo del dipartimento della Protezione civile. “Per questo il dipartimento creerà strutture o aree sulla terraferma oppure navi dove poter ricoverare i migranti. Dopo, saranno gestiti secondo le procedure ordinarie”.  

 

La situazione, però, è delicata. E c’è chi critica pesantemente l’approccio scelto dall'Europa per affrontarla. È il caso sempre di Alarm Phone, che nella sua nota scrive: “Se è vero che alcune misure sembrano giustificate per contenere la diffusione di un pericoloso virus, le autorità europee hanno usato questa crisi per normalizzare la pratica (che già esisteva) di non prestare assistenza in mare”. 

 

Solleva diversi elementi di preoccupazione anche l’analisi di Marie McAuliffe e Céline Bauloz (International Organization for Migration) pubblicata nel sito del World Economic Forum. “Il confinamento imposto in alcuni Paesi ha un impatto su tutti i servizi pubblici, rallentando sia la gestione delle migrazioni sia l’assistenza per i richiedenti asilo. Alcuni servizi essenziali di supporto per i migranti sono semplicemente stati chiusi fino a data da destinarsi a causa del divieto di assembramenti”.

 

L’Italia chiude i porti

Nel frattempo, il governo italiano decide di chiudere i porti ai nuovi sbarchi. È quanto prevede un decreto firmato l’8 aprile dai ministri delle Infrastrutture (Paola De Micheli), degli Esteri (Luigi di Maio), degli Interni (Luciana Lamorgese) e della Salute (Roberto Speranza). 

 

Per l’intera durata dell’emergenza sanitaria, che formalmente è stata sancita fino al 31 luglio 2020, “i porti italiani non assicurano i requisiti necessari per la classificazione e definizione di Place of Safety (‘luogo sicuro’)”. In assenza di questa condizione, il ministero dell’Interno non può consentire lo sbarco di navi battenti barriera straniera che hanno soccorso i migranti al di fuori dell’area Sar italiana.   

 

Le conseguenze di questa decisione non hanno tardato a manifestarsi. Mentre scriviamo questo articolo (15 aprile), la nave tedesca Alan Kurdi è al largo delle coste di Termini Imerese, in provincia di Palermo, con a bordo 149 profughi duramente provati dalla traversata. Una delle ipotesi di cui si è discusso nei giorni scorsi è quella di trasferirli su un’altra nave per il periodo di quarantena. Ma al momento la situazione è ancora in fase di stallo.