Intervista

A caccia di imballaggi sostenibili: intervista a Barbara Bonori

La qualità di un imballaggio può condizionare il sistema dei trasporti e l'impatto sull'ambiente. Ne parliamo con un'esperta in ricerca e sviluppo per la sostenibilità.

barbara-bonori-imballaggi

Credit foto
©Barbara Bonori

Parlare con Barbara Bonori significa parlare di imballaggi sostenibili. Lei stessa dice di andare “a caccia” di packaging virtuosi.

Per questo le abbiamo chiesto in che cosa consiste la sua ricerca e come si fa a riconoscere un imballaggio sostenibile.
 

Cosa significa andare a caccia di packaging sostenibile?

Mi sono sempre occupata di consulenza in campo ambientale. Il mio approccio al tema degli imballaggi è iniziato 20 anni fa con Coop, quando seguivo gli aspetti di educazione al consumo consapevole.

Il tema degli imballaggi era già allora trainante nella comunicazione rivolta ai consumatori. Ho quindi maturato un certo interesse sul tema: partendo dal modello del consumo consapevole continuo tutt’ora a usare lo scaffale del supermercato come palestra e oggi faccio ricerca di soluzioni sostenibili in particolare per i consorzi della filiera del riciclo, più in particolare per Comieco (Consorzio nazionale per il recupero di imballaggi in carta e cartone, nda), per il quale curo una banca dati consultabile gratuitamente online dove vengono riportati gli imballaggi sostenibili che ottengono riconoscimenti in Italia e nel mondo.
 

Quindi esistono dei premi per gli imballaggi sostenibili?

Esistono sì e sono una bella vetrina. Uno di questi è il Bando Prevenzione Conai che nel solo 2019 ha premiato 86 casi di imballaggi sostenibili, consegnando premi in denaro del valore complessivo di 500 mila euro.

In questo caso parliamo di un concorso che premia gli investimenti aziendali sulla sostenibilità ambientale degli imballaggi che adottano una o più leve di eco-design, ad esempio che prediligono il minor scarto possibile nel fine vita oppure che facilitano l’attività di riciclo.
 

La sostenibilità di un imballaggio va dimostrata? Quali sono i criteri per riconoscerla?

Per valutare gli imballaggi del bando Conai vengono utilizzati dei criteri scientifici, perché la sostenibilità sì, va dimostrata, non può essere solo una dicitura riportata sul packaging.

Ci sono diversi strumenti oggi in grado di effettuare delle misurazioni. Prendiamo ad esempio la certificazione di compostabilità: perché un imballaggio sia compostabile ci sono delle norme specifiche da valutare, viene fatto un test di laboratorio, quindi una prova tecnica (secondo la norma UNI 13432).

Un altro strumento utilizzato è quello del Life Cycle Assessment: l’imballaggio viene sottoposto a un’analisi prima e a una dopo, per valutare le prestazioni delle performance ambientali.

Quindi, se una scatola di una certa dimensione viene ridotta, un software misurerà i benefici ambientali prima e dopo la riduzione, compresi i consumi di acqua ed energia. Insomma, ci sono diversi strumenti e vengono impiegati a seconda dei casi.

 

Quali sono i trends del packaging sostenibile?

Possiamo dire che per l’Italia i trends sono la riduzione dell’uso di materie prime e l’alleggerimento che vuole dire anche ottimizzazione della logistica.

Questo è un aspetto importante per le aziende che spostano merci perché riducendo dimensione e peso del packaging ci sono benefici a cascata anche per il trasporto.

A parità di spazio vengono trasportate più merci con meno viaggi con considerevoli effetti sull’ambiente ed economici.
 

L’ecodesign degli imballaggi quindi è fondamentale per l’economia circolare

L’approccio sostenibile al design è collegato non solo alla scelta del materiale ma anche nella progettazione dell’imballaggio su quali siano poi i canali di distribuzione della vendita; calcolare se l’imballaggio avrà una vita breve o più lunga, se il trasporto richiede imballaggi più resistenti e via così.

Perciò non serve ragionare solo sul consumo finale a casa del consumatore ma sull’intero ciclo, dalla produzione alla distribuzione, dalla vendita e infine al consumo. Per chiudere il ciclo, naturalmente, l’imballaggio deve essere intuitivo per il consumatore e facilmente differenziabile.
 

Con il passare degli anni gli imballaggi siano diventati più intuitivi?

Il fatto è che sono nati molti nuovi materiali. Oggi gli scaffali sono popolati da imballaggi che spesso hanno un grado di difficoltà in più: pensiamo ad esempio ai "poliaccoppiati", carta più plastica o bioplastica, che rispondono a determinate funzioni di mercato ma che tante volte il consumatore non sa dove buttare.

Le aziende che scelgono questo tipo di imballaggi devono preoccuparsi di comunicare al meglio il fine vita degli stessi.
 

Quindi la comunicazione ambientale è indispensabile in questo processo?

Sicuramente sì. La comunicazione è un elemento fondamentale, però tante volte è un atto volontario dell’azienda. Oggi gli standard di mercato si sono elevati rispetto al passato e la normativa europea traccia la via della sostenibilità anche nella produzione degli imballaggi.

Le aziende devono quindi destreggiarsi tra le linee guida del legislatore e le richieste di fornitori e consumatori finali, un compito difficile ma che garantisce competitività sul mercato. La sostenibilità del packaging passa di qui.