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Consulente di Shell: "Non lavoro più con voi. Danneggiate l'ambiente"

“Non posso più essere parte di tutto questo”. Con queste parole Caroline Dennett, consulente storica di Shell, abbandona il suo incarico dopo 11 anni.

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Le clamorose dimissioni di Caroline Dennett

“Il mio nome è Caroline Dennett, e queste sono le mie dimissioni”. Con queste parole la fondatrice di Clout, società di consulenza focalizzata sulle procedure di sicurezza nei settori ad alto rischio, mette la parola fine a una relazione professionale che durava da undici lunghi anni: quella con la compagnia petrolifera Shell, sua cliente.

 

Dopo aver “aiutato decine di migliaia di lavoratori a migliorare la cultura della sicurezza nei loro luoghi di lavoro, cercato di tenere al sicuro le persone, agito per prevenire perdite di gas e di petrolio e grandi incidenti”, Dennett decide di non poter più lavorare con una società così “ambivalente” in materia di clima. E lo annuncia attraverso un video pubblicato su Linkedin alla vigilia dell’assemblea degli azionisti e diventato ben presto virale.

 

“Shell non sta diminuendo i combustibili fossili”

Il tono è pacato, professionale, ma le parole pesano come macigni. L’ambizione che Shell ha ribattezzato come “Goal Zero”, cioè quella di azzerare gli incidenti e i danni in tutte le operazioni, sembra “lodevole”. Ma lo è solo in apparenza, perché l’azienda “sta fallendo su tutta la linea”. “Loro sanno che continuare a estrarre gas e petrolio provoca danni estremi al clima, all’ambiente e alle persone”, scandisce la consulente. 

 

“E, qualsiasi cosa dica, Shell non sta diminuendo i combustibili fossili. Li sta espandendo, mediante nuovi progetti esplorativi ed estrattivi. Andando contro i chiari avvertimenti della scienza e non prendendo in considerazione gli enormi rischi legati ai cambiamenti climatici”.

 

Non posso più essere parte di tutto questo”, conclude Caroline Dennett, considerandosi fortunata per questa possibilità di scelta che non è da dare per scontata. Pur ammettendo il fatto che molti operatori del settore dei combustibili fossili non possano rinunciare da un giorno all’altro al proprio stipendio, Dennett li invita comunque a cogliere qualsiasi opportunità per sganciarsi da un settore che appartiene al passato

 

La protesta all’assemblea degli azionisti

Dopo questa batosta per la reputazione di Shell, ne è subito arrivata un’altra. All’assemblea annuale – come sempre – hanno preso parte anche gli azionisti critici, cioè attivisti che comprano appositamente una piccola quantità di azioni. 

 

Un gruppo di circa quaranta manifestanti si è rivelato particolarmente agguerrito, inscenando una plateale protesta all’insegna dello slogan “We will stop you”, e accusando la compagnia di avere speso “più denaro per la pubblicità verde che per le tecnologie verdi”. Il presidente Andrew Mackenzie si è innervosito a tal punto da sospendere l’assemblea dopo appena quaranta minuti, per ricominciare i lavori ben tre ore dopo. La tensione è stata palpabile.

 

Nonostante il grande clamore destato dall’episodio, l’assemblea si è comunque chiusa con una parziale vittoria per Shell. La coalizione olandese Follow Whis infatti ha presentato una risoluzione indipendente per chiedere l’adozione di obiettivi climatici molto più stringenti: lo scorso anno aveva incassato i voti favorevoli del 30% degli azionisti, stavolta si è dovuta accontentare del 20%.