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Chi è Ahmed al Jaber, il presidente della Cop28

Il presidente della Cop28 di Dubai sarà Ahmed al Jaber, amministratore delegato di un colosso petrolifero. Una scelta che mina la credibilità dei negoziati sul clima.

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©Joel Davies Photography / Wikimedia Commons

Chi è il presidente della Cop28

È ufficiale: la Cop28, la ventottesima Conferenza delle parti sul clima che si terrà a Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre 2023, sarà presieduta dal sultano Ahmed al Jaber. A uno sguardo distratto può sembrare una tipica comunicazione istituzionale di scarso interesse, ma in realtà è una notizia clamorosa. Una notizia che potrebbe determinare il successo – o, viceversa, l’insuccesso – dei più importanti negoziati internazionali sul clima. 

 

Ahmed al Jaber infatti è ministro dell'Industria degli Emirati Arabi Uniti, inviato speciale per il clima, ma anche e soprattutto Ceo della compagnia petrolifera Abu Dhabi National Oil Corporation (Adnoc). L’azienda già oggi oltre 4 milioni di barili di petrolio al giorno e ha intenzione di incrementare la produzione, arrivando a 5 entro la fine del decennio.

 

Non è una novità che la lobby dei combustibili fossili sia presente ai negoziati sul clima. Alla Cop27 di Sharm el Sheikh i lobbisti erano 636, cento in più rispetto all’anno precedente: soltanto gli Emirati Arabi Uniti, in quanto ospiti designati della conferenza successiva, avevano una delegazione più numerosa. Stavolta però è diverso, perché il presidente della Cop è colui che guida il processo negoziale. Il suo ruolo, dunque, è centrale.

 

Cosa ha detto Ahmed al Jaber sui combustibili fossili

La scelta fatta dagli Emirati Arabi Uniti appare paradossale. L’obiettivo numero uno definito con l’Accordo di Parigi, infatti, è quello di mantenere l’aumento della temperatura media globale entro i 2 gradi centigradi, facendo tutto il possibile per tentare di non superare gli 1,5 gradi. E l’unico modo per riuscirci è quello di decarbonizzare il sistema economico, cioè sostituire interamente le fonti fossili con le fonti rinnovabili.

 

Ebbene, Ahmed al Jaber non sembra ancora convinto della necessità e dell’urgenza di questa transizione. Non troppo tempo fa, nel 2021, ha esortato infatti a investire 600 miliardi di dollari all’anno fino al 2030 nei combustibili fossili, descrivendoli come necessari per fare fronte alla ripresa dell’economia post-Covid. E sostenendo che non sia possibile semplicemente “staccare la spina” per passare alle rinnovabili.

 

Perché gli ambientalisti protestano

Ci sono buoni motivi per guardare con timore a questa nomina, considerando come è andata a finire la Cop27. Il grande successo raggiunto in Egitto, infatti, è stato l’istituzione di un fondo per il loss and damage, cioè il risarcimento di perdite e danni subiti dai paesi più vulnerabili alla crisi climatica. Poco o nulla invece è stato deciso per la mitigazione, cioè per l’abbattimento dei gas serra necessario per rallentare il decorso del riscaldamento globale. Una Cop28 guidata da Ahmed al Jaber riuscirà a mostrare sufficiente determinazione? 

 

L’organizzazione ambientalista Greenpeace si definisce “profondamente allarmata”. In una nota si legge: “Questo crea un pericoloso precedente, mettendo a rischio la credibilità degli Emirati Arabi Uniti e la fiducia che è stata riposta in loro dalle Nazioni Unite e dalle generazioni attuali e future”.