Intervista

Colazione con lo sciamano

Al giorno d’oggi lo sciamanesimo viene venduto a seminari, laboratori e workshop, come se una cultura millenaria potesse passare per poche ore e molti euro. Qualche giorno prima che finisse il 2015 la redazione di Cure ha voluto incontrare Regis Myrupu, sciamano indigeno della tribù Dessana in Amazzonia. Ci ha spiegato come nasce il sapere sciamanico, a quali strumenti ricorre per la guarigione e cosa significa la malattia nella dimensione da cui proviene

Colazione con lo sciamano

Regis Myrupu è un Pajé (sciamano), cosi si dice in lingua geral. Non si può scrivere che Myrupu faccia il Paje, lui semplicemente lo è. Cade quella distinzione tra fare ed essere, in quanto si tratta di un tirocinio che è durato tutta la vita.

È di fatto l’unico erede del sapere sciamanico trasmessogli dal padre Raimundo Kissibi e sta ultimando la propria formazione.  

Il giorno fissato per l’intervista ad accogliermi in casa c’è Romina Bianconi, che per tutta la seduta assiste e traduce, nel delicato passaggio dal portoghese all’italiano su temi come guarigione, malattia, origini di un popolo.

Mi spiega subito dove si trova il luogo di origine di Regis, São João do Tupè, a 25 km da Manaus. Sul territorio da cui viene Regis ci sono circa 35 indigeni, tra bambini e adulti che hanno mantenuto vive e pure tradizioni tra musica, danza, ricette, artigianato.   

Quando Regis è entrato nella stanza c’è stata come un’ondata di calma, quasi l’aria si fosse tinta di verde, con il suo passo calmo, le spalle solide e le mani eloquenti. Si è seduto davanti a me con occhi sorridenti e nei suoi lineamenti e nelle sue modalità ho riconosciuto quella saggezza, quella gestione consapevole di se stessi vista in molti maestri di tante altre tradizioni - dallo meditazione alle arti marziali - che ho avuto modo di conoscere da vicino.

Anche Romina - il ponte di questo felice incontro - è una donna meravigliosa, di quelle che spostano mondi in silenzio, con forza e sorriso. Laureata in Graphic Design e poi in Product Design, con indirizzo in Social Service Design, e ora specializzanda presso il Master in Product Design, sta dando tutta la sua energia al progetto che con la tribù indigena di Regis sta sviluppando in Amazzonia: Floresta Cultural Herisãrõ.

Si tratta di un progetto che coinvolge gli indigeni residenti e porta volenterosi avventori tra la foresta e il Rio per un’esperienza più autentica rispetto a quelle proposte da molte agenzie di viaggio, dove si osserva da fuori la realtà indigena ma senza immergervisi. 

Herisãrõ creerà un contatto con questi indigeni: si potrà imparare la storia e l’origine della loro cultura, come usano acque piovane e torrenziali, scoprire in quale relazione sono con la terra e la foresta, come si occupano della manutenzione delle case, come cucinano, giocano, danzano, curano.

Con loro si potrà ascoltare la foresta e il suo spirito, rigenerarsi facendo passeggiate nella foresta, all’esplorazione delle piante, dei suoni, degli odori e del silenzio, assaggiare frutti e sperimentare a sporcarsi le mani e costruire o cucinare insieme a loro. Si dormirà in amaca tra gli alberi o nelle loro case, si assaporerà il senso della scoperta come gli occhi e lo stupore di un bambino dentro storie diverse, remando la barca nel lago o seduti in una barca-anaconda simbolica. 

Esiste in rete Cultural Identity and needs, presentazione di un primo progetto tesi sulla loro comunità e gruppo, con analisi situazione attuale e galleria fotografica della comunità dove vivono e della famiglia di Regis realizzato da Romina.

Montura ha inoltre dedicato a Raimundo Kissibi (Pajé) e suo figlio Regis Myrupu un bellissimo reportage. È appena uscito anche il libro "Uno spazio per scoprire il tuo Herisãrõ: Un quaderno-notes per stimolare al primo viaggio nel sapere ancestrale indigeno dell’Amazzonia” (Michael Edizioni) i cui ricavi saranno usati per la messa ad opera del progetto. 

Regis mi spiega che il suo sapere gli è stato tramandato dal padre e ciò ha richiesto una fase di apprendistato lunga e piena di prove spirituali. 

 

Stare bene o voler guarire implica un “io posso”. Cos’e il potere?

Per uno sciamano, ma anche in senso esteso, direi che il potere sta nella scelta. Per me nella scelta di fare del bene

 

Da dove deriva all’origine il potere che ti è stato tramandato?

Il nostro Dio nel primo mondo* si chiama Boreka e creò tutto questo, prevedendo anche che ci sarebbe stato l’avvento di una medicina “bianca”, che avrebbe fornito cure più rapide e con mezzi tecnologici molto diversi dai nostri. Il nostro Dio aveva predisposto cure e risposte anche per malattie e disequilibri che si sarebbero sviluppate in futuro. 

 

Perché una persona dovrebbe affidarsi a uno sciamano? 

Andare dallo sciamano significa tornare alle radici e affidarsi alla spiritualità. Non si deve venire per forza in Brasile, la possibilità di stare bene c’è in tutti i luoghi, se esiste volontà e purezza interiore. 

Lo sciamano è un tramite che permette un contatto tra lo spirito e il terreno, è colui che sta al servizio del bene, per curare, purificare e proteggere.

 

Usi molto strumenti con materiali in legno, piumaggio di uccelli, denti di altri animali; sigaro, bastone sacro rituale, collane. Il richiamo alla natura nei tuoi strumenti di guarigione e costante... 

La natura è vita (e viva) ed essa in noi rianima la vita stessa. 

 

Quali sono le responsabilità di un guaritore? 

Prendersi cura del prossimo senza seguire il lato della negatività, valicando antipatie personali. Non posso negarmi a qualcosa che mi viene domandato; anche fosse il mio peggior nemico a chiedermi di farlo star meglio, io devo prestar servizio. Questa attitudine è anche una via per sviluppare me stesso. 

Per uno sciamano il mondo è piccolo”, mi dice e precisa che per lui è fatto di sei case e che lo spirito può viaggiare e muoversi attraverso di esse. “Sapevo che tu saresti venuta e stanotte ho fatto un sogno al riguardo”. Mi descrive il sogno, che risuona anche su molte cose che avevo vissuto il giorno precedente al mio arrivo in casa di Romina.  

Mi spiega che è compito dello sciamano guarire, pulire, proteggere, e che i vari orifizi accolgono la genesi della malattia, i veicoli del disequilibrio che poi colpisce i vari apparati.

La bocca, per prima, da lì escono parole che possono essere cattive. Le narici, gli occhi (ci si può ammalare per aver visto altri o aver visto se stessi compiere azioni indegne), l’udito (per aver sentito indicazioni non benevole ed averle seguite). “Tutte le cose” mi dice “si collegano poi e si riconducono immediatamente a un unico luogo che è la mente. Tutto si sedimenta li ed é compito dello sciamano purificarla”.

La cosa davvero meravigliosa è che questa verità per cui la sorgente è la nostra mente e i disequilibri nascono dall’uso errato che ne facciamo si ritrova in moltissime tradizioni, che siano di impronta cristiana, indiana (l’uso improprio dei sensi si definisce nella cultura medica ayurvedica come asatmya indriyartha samyog), tibetana o legata ai nativi d’America o di altri tipi di sciamanesimo. E non va rinnegata la mente, ha confermato anche Regis, ma tenuta in contatto con il cuore, per sentire e usare quella forza che ci rende capaci di trasformare la vita

*Secondo questa tradizione indigena nel primo mondo noi uomini eravamo invisibili, non esistevano forme concrete di persone e animali nel modo visibile attuale. C’è stato un diluvio, una forte inondazione, le acque si sono successivamente abbassate, la terra si è seccata per poi prender fuoco, e rimasta solo pietra e il dio aiutato da un piccolo e apparentemente semplice esserino si è occupato di raccogliere la terra e ricrearla, spargerla, formare le montagne, creare il Rio. In questa fase l’essere umano ha preso la forma di essere visibile.

Attenzione: non si tratta di una leggenda. Per la tradizione cui lo sciamano appartiene questo non è mito, ma storia, per quanto ciò possa sfuggire alla nostra comprensione. 

 

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Immagine | Regis Myrupu