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La scommessa del vaccino

Decine di milioni di dosi di vaccino per il Covid-19, già a partire dall'autunno. Questa è la sfida epocale che vede impegnati centri di ricerca e case farmaceutiche in una vera lotta contro il tempo.

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©Jovan Mandic / 123rf.com

Il coronavirus continua a mietere vittime

Dopo settimane di angoscia e tensione, in questo periodo molti italiani iniziano a tirare un sospiro di sollievo

 

A partire dal 4 maggio sono state gradualmente allentate le pesanti restrizioni alla mobilità individuale introdotte due mesi prima per contenere il coronavirus. Fermo restando l’obbligo del distanziamento interpersonale e (in alcune regioni) di indossare la mascherina, siamo di nuovo liberi di fare una passeggiata, incontrare parenti e amici, cenare al ristorante o entrare in un negozio. 

 

Stando al bollettino diramato dalla Protezione Civile, nel nostro Paese i malati accertati sono 35.877, di cui 5.002 ricoverati con sintomi e 293 in terapia intensiva. Nella giornata del 6 giugno sono stati riportati 270 nuovi contagi e 72 vittime di Covid-19. Mentre la Lombardia si conferma come l’epicentro italiano della pandemia, cinque regioni segnano zero nuovi casi nelle ultime 24 ore: si tratta di Campania, Umbria, Calabria, Molise e Basilicata. 

 

Se è vero che questi numeri non sono paragonabili ai bollettini di guerra a cui assistevamo a marzo e aprile, è vero anche che la pandemia continua a mietere vittime. In Italia e nel mondo. Drammatica la situazione negli Stati Uniti, dove sono morte più di 109mila persone su un totale di 1,8 milioni di casi confermati. Al secondo posto nella graduatoria c’è il Brasile, che negli ultimi giorni si aggira su un’allarmante media di oltre mille decessi al giorno.

 

In sintesi, non possiamo permetterci di abbassare la guardia. Nemmeno nel nostro Paese, dove per certi versi la situazione appare in miglioramento. Il Covid-19 è ancora la più grave emergenza sanitaria globale e come tale va considerato.

 

Per sconfiggere il Covid-19 serve un vaccino

La via d’uscita dalla pandemia è soltanto una: trovare un vaccino. Non esiste un piano B. Nell’attesa, l’unica opzione che abbiamo a disposizione è quella che abbiamo già imparato a conoscere a suon di piccoli e grandi sacrifici individuali: identificare e isolare le persone affette, limitare le occasioni di contagio e rispettare le norme igieniche.

 

Per gli altri due virus della stessa famiglia che sono stati scoperti negli ultimi vent’anni, Sars e Mers, queste misure si sono rivelate sufficienti. Il processo di sviluppo dei rispettivi vaccini è stato quindi abbandonato piuttosto in fretta, perché non avrebbe avuto senso sostenere una spesa di questo calibro quando il numero dei casi si era già quasi azzerato.

 

Per sviluppare e mettere in commercio un nuovo vaccino, sottolinea l’Istituto Mario Negri, di norma servono anni e investimenti enormi. Prima di tutto “occorre comprendere come il virus o il batterio si trasmette, entra nell’organismo umano e si replica, e poi identificare quali sono gli antigeni (i componenti del virus o del batterio) in grado di attivare una risposta del sistema immunitario capace di eliminare o bloccare l’agente patogeno”.

 

Una volta identificato, il potenziale vaccino va testato in laboratorio, prima in vitro (cioè usando colture di cellule) e poi in vivo (cioè con modelli animali). Se questa sperimentazione preclinica dà ulteriori prove della sua efficacia e sicurezza, si può passare alla sperimentazione clinica sull’uomo. Quest’ultima è suddivisa a sua volta in quattro fasi, che coinvolgono un numero sempre maggiore di partecipanti; l’ultima avviene dopo la messa in commercio. Tutto ciò rispettando rigorosamente il principio di precauzione.  

 

La scommessa di Pfizer: vaccini entro l’autunno

Attorno al Covid-19 si è scatenata una mobilitazione senza precedenti da parte di case farmaceutiche, centri di ricerca, università, governi. L’ultimo aggiornamento dell’Organizzazione mondiale della sanità censisce dieci vaccini già entrati nella fase di sperimentazione clinica e altri 123 per cui è in corso la valutazione preclinica. 

 

Per quanto si possa premere sull’acceleratore, però, tra gli immunologi è opinione comune che il vaccino arriverà non prima del prossimo anno. Dopodiché entrerà in gioco un altro problema: quello di produrne in quantità sufficiente per tutti coloro che ne avranno bisogno. 

 

“Non è abbastanza”. Così il numero uno di Pfizer Albert Bourla ha risposto ai ricercatori della sua azienda, che gli facevano presente questa tempistica di massima. Tanto più con la prospettiva di una nuova recrudescenza della pandemia tra l’autunno e l’inverno del 2020.

 

“Pensate in termini differenti,” li ha esortati. “Fate finta di avere un libretto degli assegni aperto, non dovete preoccuparvi dei soldi. Pensate che faremo tante cose in parallelo, non una dopo l’altra”. Ha dato a centinaia di scienziati l’incarico di setacciare il database di Pfizer, attingendo sia ai farmaci in commercio sia a quelli ancora in fase sperimentale. Li ha autorizzati a scambiarsi informazioni con le case farmaceutiche concorrenti. 

 

Tutto pur di raggiungere un obiettivo: milioni di dosi di vaccino che entro la fine dell’anno siano a disposizione della popolazione, soprattutto delle fasce più vulnerabili.

 

Al momento nella lista ufficiale dell’Oms Pfizer compare con un vaccino a base di Rna sviluppato insieme a BioNTech e Fosun Pharma, che al momento è nella fase 1-2 della sperimentazione clinica.

 

Prima ancora di sapere se funzionerà, l’azienda sta riconvertendo quattro stabilimenti per metterli nelle condizioni di produrre venti milioni di dosi entro la fine di quest’anno e altre centinaia di milioni nel 2021. Prima della fine del 2020, Pfizer ha intenzione di scommettere un miliardo di dollari su questa colossale sfida scientifica.