Intervista

Cetacei a rischio nel Mar Ligure: ne parliamo con Sabina Airoldi project manager del Cetacean Sanctuary Research

Sabina Airoldi è project manager del Cetacean Sanctuary Research, un progetto di ricerca condotto dal Tethys Research Institute di Milano, l'organizzazione senza fini di lucro nata nel 1986 e dedicata alla conservazione dell’ambiente marino attraverso la ricerca scientifica e la sensibilizzazione del pubblico.
E' grazie a Tethys che è nato il Santuario Pelagos per la conservazione dei mammiferi marini del Mediterraneo.

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©Michael Rosskothen -123rf

Non tutti sanno che al largo della costa ligure, all’altezza di Sanremo e Bordighera per la precisione, c’è un’area ricca di mammiferi quali delfini, balenottere e capodogli.

Un ambiente che può vantare la più alta concentrazione di cetacei fra tutti i mari italiani e che con tutta probabilità rappresenta l'area faunisticamente più ricca dell'intero Mediterraneo.

La zona, costituitasi nel 1999 grazie a un accordo tra Italia, Francia e Principato di Monaco, è conosciuta come Santuario Pelagos e si tratta di un’area protetta di 87.500 chilometri quadrati.

Abbiamo intervistato Sabina Airoldi, project manager del Cetacean Sanctuary Research, una ricerca condotta dal Tethys Research Institute di Milano.
 

Sabina, partiamo dalle informazioni di base. Che cos’è il Tethys Insitute?

L’Istituto Tethys è una organizzazione senza fini di lucro dedicata alla conservazione dell’ambiente marino attraverso la ricerca scientifica e la sensibilizzazione del pubblico. Fondato nel 1986, ha sede presso l’Acquario Civico di Milano.

In oltre tre decenni di attività, Tethys ha prodotto uno dei più vasti dataset sui cetacei del Mediterraneo (disponibile online, nda), comunicando i risultati delle proprie ricerche attraverso centinaia di pubblicazioni scientifiche.
 

E l’istituto è stato tra i primi a proporre la creazione del Santuario Pelagos, giusto?

Esatto. Nel 1991 Tethys è stata la prima organizzazione a concepire e proporre la creazione di un’area protetta emblematica, appunto il Santuario Pelagos, per la conservazione dei mammiferi marini del Mediterraneo, la prima al mondo istituita oltre le giurisdizioni nazionali.

Nell’ambito di un programma di citizen science che oggi è tra i più lunghi al mondo, Tethys ha coinvolto nelle attività in mare, dal 1987, migliaia di persone di ogni nazionalità come collaboratori non-specialisti.
 

Voi organizzate delle crociere aperte a tutti, dando l’opportunità di osservare i cetacei da vicino e assistere alla raccolta dei dati. Quali sono i principali rischi legati alla fauna marina che avete misurato nel tempo?

In primis ci occupiamo di misurare i cambiamenti e le eventuali diminuzioni numeriche dei mammiferi, dovute alle attività antropiche. Il primo problema che abbiamo riscontrato è sicuramente quello dell’inquinamento acustico.

Sott’acqua c’è molto rumore, soprattutto vicino alle coste, nei porti e per effetto del trasporto marittimo. Il rumore generato da questi mezzi va a interferire con i canali di comunicazione dei mammiferi, che propagano onde sonore sfruttando frequenze molto basse, per noi essere umani inudibili.

L’inquinamento acustico che si genera a causa del traffico di merci spinge gli animali ad alzare le frequenze per potersi sentire, quindi si altera il loro naturale modo di comunicare.
 

Con quali effetti?

I cetacei sono animali sociali, quindi comunicano tra di loro con linguaggi molto sviluppati. Addirittura, le diverse specie usano linguaggi differenti, a volte con variazioni dello stesso linguaggio come se fossero dei veri e propri dialetti.

Quindi c’è tutto un insieme di linguaggi che rischia di andare perso. E poi in mezzo al rumore si rischia di “non capirsi”, così questi animali non solo rischiano di non incontrarsi ma anche di non accoppiarsi.
 

Ma si tratta di un’area protetta…

Sì, però le imbarcazioni possono transitare. Pochi sanno che il Mar Ligure ospita centinaia di esemplari di balenottera comune, che è il più grande mammifero esistente dopo la balenottera azzurra e che arriva a misurare 24 metri di lunghezza e a pesare 60 tonnellate.

Le imbarcazioni non generano solo un problema acustico ma danno vita a numerose collisioni con questi animali.
 

E posso immaginare che questi esemplari muoiano negli scontri…

Alcuni muoiono affettati dalle eliche delle imbarcazioni più grosse e ad alte velocità, altri continuano a vivere con squarci e cicatrici. Anche le reti abbandonate dai pescatori sono un grave problema in un’area densa di esemplari.

Di recente, insieme a Greenpeace, abbiamo inviato una lettera al Ministro delle politiche agricole chiedendo la messa al bando delle reti derivanti che tante vittime stanno causando tra gli animali marini. Ma reti e passaggio delle imbarcazioni non sono, purtroppo, le uniche minacce che incombono sui mammiferi marini.

Ci sono anche l’inquinamento chimico e il riscaldamento delle acque che causano carenze di cibo e quindi stanno modificando pericolosamente le dinamiche oceanografiche.