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Chetosi per dimagrire: gli effetti

La dieta chetogenica sfrutta il fenomeno della chetosi per dimagrire. Fra i benefici spicca una rapida perdita di peso iniziale, ma non mancano gli effetti indesiderati.

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Dieta chetogenica e chetosi diabetica, differenze

Fra i regimi dimagranti più discussi degli ultimi anni è inclusa la dieta chetogenica, una dieta che sfrutta il fenomeno della chetosi per dimagrire.

 

Spesso viene guardata con diffidenza per assonanza con la chetosi diabetica – o, meglio chetoacidosi diabetica, una complicanza del diabete dovuta a un'insufficienza di insulina che può comparire anche durante la gravidanza e che deve essere opportunamente trattata per non incorrere in gravi conseguenze.

 

In realtà, però, la chetosi indotta dalla dieta chetogenica non è rischiosa.

 

A caratterizzarla è la produzione dei cosiddetti corpi chetonici, ma mentre nel caso della chetoacidosi diabetica i loro accumulo è eccessivo e porta al pericoloso fenomeno dell'acidosi metabolica, nella chetosi nutrizionale i corpi chetonici sono prodotti in piccole concentrazioni e non alterano il pH del sangue.

 

Cos'è la “keto diet”

La dieta chetogenica è un regime alimentare caratterizzato da un apporto molto basso di carboidrati.

 

Secondo le indicazioni riassunte dalla Società Italiana di Nutrizione Umana (Sinu) all'interno dei Larn (i Livelli di assunzione di riferimento di nutrienti ed energia per la popolazione italiana) i carboidrati dovrebbero apportare tra il 45 e il 60% delle energie assunte quotidianamente con l'alimentazione.

 

La keto diet, invece, ferma questa quota a un ben più limitato 5-10%. Ciò significa che, anche assumendo 2000 kcal al giorno, l'apporto di carboidrati della dieta chetogenica non supererebbe i 50 grammi quotidiani.

 

In una situazione come questa la secrezione di insulina viene fortemente ridotta e l'organismo cerca di procurarsi da altre fonti l'energia che normalmente ricava proprio dai carboidrati.

 

In particolare, dopo aver dato fondo alle scorte di glicogeno, attiva due processi metabolici distinti: la gluconeogenesi e la chetogenesi.

 

La prima è la produzione di glucosio; a occuparsene è soprattutto il fegato, che lo ricava principalmente dall'acido lattico, dal glicerolo e dagli aminoacidi alanina e glutammina.

 

La chetogenesi porta invece alla sintesi dei corpi chetonici, che rimpiazzano il glucosio come fonte principale di energia; ad attivarla è un'ulteriore riduzione della disponibilità di questo zucchero, che nel frattempo mantiene bassa la secrezione di insulina.

 

Ecco un primo modo in cui la chetosi aiuta a dimagrire: quando l'insulina è bassa, lo è anche lo stimolo ad accumulare grassi.

 

In più, vari cambiamenti ormonali possono contribuire all'aumento della degradazione dei grassi, che vengono utilizzati come materiale di partenza per la sintesi dei corpi chetonici.

 

La perdita di peso iniziale è piuttosto consistente. In parte si tratta di una perdita di fluidi, ma non solo: la dieta chetogenica aiuta a perdere anche massa grassa, il tutto risparmiando la gran parte della massa muscolare.

 

Ci sono anche altri potenziali effetti positivi, come il miglioramento del controllo della glicemia, della pressione, dei trigliceridi e dei livelli di colesterolo HDL (comunemente noto come “colesterolo buono”).

 

Il colesterolo LDL (quello considerato “cattivo”) potrebbe invece aumentare.

 

Chetosi per dimagrire: gli effetti collaterali

Gli effetti collaterali a breve termine della chetosi sono stati ampiamente caratterizzati; i più comuni non sono pericolosi e in genere scompaiono nell'arco di pochi giorni o settimane.

 

In particolare, è stata rilevata un'associazione tra chetosi e mal di testa, nausea, vomito, senso di affaticamento, capogiri, insonnia, stitichezza e difficoltà nell'esercizio.

 

Un'assunzione adeguata di fluidi e minerali può aiutare a combattere diversi di questi sintomi.

 

In ogni caso, è bene evitare il fai da te: chi vuole sfruttare la chetosi per dimagrire deve affidarsi ai consigli di un medico o di un nutrizionista esperto nel campo.

 

Solo in questo modo è possibile sfruttare in sicurezza i benefici della chetosi nutrizionale ed evitare il rischio di effetti collaterali a lungo termine.