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Tapasya, la disciplina della bellezza

Il termine tapasya viene spesso tradotto con austerità. Siamo nell'ambito della bellezza pura. Come è possibile che disciplina e armonia vadano insieme? Che c'entra la bellezza con il rigore? Scopriamolo

Tapasya, la disciplina della bellezza

L'etimologia della parola Tapas sta a indicare un processo di purificazione interno che passa attraverso una disciplina.

Questo processo conduce a maturità, sviluppo di forza, un tipo di forza che si deve intendere anche come un misto tra grazia e determinazione. Non c'è superbia, non c'è rabbia. Vediamo nello specifico di cosa si tratta.

 

Tapas: purificarsi, acquisire forza e bellezza

In alcuni ambienti questo termine viene scambiato per una condotta casta e impeccabile; in realtà si tratta della messa a punto di un principio di salvaguardia e amore verso se stessi.

Nella medicina ayurvedica la salute dipende principalmente dalla purezza dei pensieri e dallo stato di salute del sistema digestivo; prendendo ad esempio quest'ultimo, quando il fuoco digestivo diventa debole, l'operazione pura e cosciente da compiere, quella dettata veramente da un senso di autopurificazione e una spinta al miglioramento, è introdurre meno cibo.

Sembra logico e scontato, ma in una società del consumo non è affatto così, anzi accade che la distanza tra il sentire e il viversi adeguatamente diventi enorme.

Se prendiamo invece un esempio relativo al primo ambito, quello inerente al mentale, ecco che pensieri governati da emozioni che hanno preso il sopravvento possono condurre, qualora ci sia amore a sufficienza verso se stessi, a revisione totale delle modalità con cui si accolgono certe emozioni.

In altre parole, l'autodisciplina ci conduce alla bellezza, perché è una modalità attraverso cui ci si conosce, si fortifica l'intenzione e ci si toglie di mezzo lo sporco, inteso anche come il superfluo che non serve e ostacola. 

 

I 3 tipi di tapasya 

Ci sono 3 tipi di tapasya e hanno caratteristiche differenti:

  1. quella considerata la più "alta" è la sattvica, che nasce dall'intenzione ferma di purificare corpo e mente a scopo di elevazione spirituale. La via attraverso cui questa purificazione si segue è quella della meditazione. Stando dentro se stessi si provano dal cuore le limitazioni, le convinzioni e tutto quel che ci frena dall'esplorare l'infinita potenza. Nel momento in cui la mente si mette a generare troppi "mostri", la pratica meditativa si torna con la mente al pranayama, all'arte somma del controllo del respiro. Rientra in questa pratica anche l'esecuzione delle posizioni (hatha yoga) tenute con intenzione e respiro regolare e profondo. Si combinano talvolta anche la recitazione di mantra e il canto vedico. In un senso esteso, tutto ciò che è yoga e unione attraverso la pratica fisica è comunque lavoro sattvico. 
  2. quel che viene identificato come rajasico che è strettamente inerente al digiuno e all'esposizione del corpo a fonti di calore e di freddo per eliminare le impurità dal corpo. Quando non si ha un chiaro intento o una buona guida questo tipo di pratica può rivelarsi completamente inutile e causare dispersione di molta energia.
  3. Il terzo tipo è il tamasico. Qui il corpo in alcuni casi può anche esser messo davvero a dura prova e un esempio ne sono i fachiri o i praticanti di posizioni estreme tenute per un periodo lungo. In ogni caso, si parte sempre da un lavoro sulla calma della mente. 

Al di là delle forme tradizionali, queste vie stanno a ricordarci quanto gli eccessi gravino sui sensi e li rendano deboli. Ripercussioni si hanno anche a livello metabolico ed emozionale, dato che le cose non sono scisse.

Si tratta di riconoscere le proprie dipendenze e liberarsene, togliendo categorie di colpa e di vergogna che rallentano il processo. 

 

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