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Sartorie sociali, cosa sono

In Italia stanno sorgendo realtà imprenditoriali, sotto forma di cooperative, che offrono l'opportunità di apprendere un mestiere e creare una redditività di sostegno. Si tratta delle sartorie sociali e hanno una grande valenza etica e formativa.

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©Anirut Rassameesritrakool / 123rf.com

Esiste una forma di artigianato che stava scomparendo, soprattutto nelle città, e che grazie ad alcune cooperative si sta riaffacciando sul mercato.

 

Stiamo parlando delle sartorie sociali, vere e proprie sartorie organizzate da cooperative che offrono da un lato un’opportunità di lavoro, dall'altro lato un servizio al pubblico.

 

Le sartorie sociali, una rete solidale

In alcune città italiane stanno sorgendo diverse sartorie sociali. Queste realtà hanno lo scopo di dare un’opportunità a categorie meno fortunate, a volte messe in disparte da una società sempre alla rincorsa della redditività e delle performance.

 

Persone (generalmente donne) disoccupate, immigrate o detenute in carcere possono trovare uno spazio formativo, creativo e, perché no, anche remunerativo in cui mettere in campo le proprie capacità e ritagliarsi uno spazio di vita.

 

Dall’inclusione sociale scaturisce l'opportunità di trovare anche una propria indipendenza economica.

 

Numerosi i vantaggi di questa formula: il lavoro creativo, gli investimenti iniziali ridotti, l'inquadramento fiscale agevolato, la condivisione di spazi e obiettivi. 

 

Non stupisce quindi che ci siano state molte adesioni a questo nuovo modello.

 

Attorno alla sartoria vera e propria si sono associati servizi aggiuntivi a sostegno delle partecipanti: baby-sitting, piccoli negozi per la vendita dei manufatti, spazi espositivi in contesti di grande passaggio come i centri commerciali.

 

Queste sartorie sociali lavorano sia per conto terzi sia per privati. Si occupano della produzione di campionari, della realizzazione di modelli commissionati, accessori, ma anche di confezioni su misura e semplici riparazioni.

 

Le sartorie sociali in Italia

Le città italiane ospitano molte realtà di questo tipo e alcune si sono distinte per iniziative particolari.

 

Presso l'Ikea di Corsico, in provincia di Milano, è stato allestito un corner di confezionamento e vendita al dettaglio.

 

Ikea ha contribuito non solo con lo spazio, ma anche con la donazione di una consistente metratura di tessuto.

 

La cooperativa è gestita da un gruppo di mamme arrivate dall’Africa, che si sono consorziate e messe in proprio dopo aver frequentato un corso di cucito e confezionamento.

 

Presso Ikea realizzano complementi d’arredo, tovaglie, fodere di cuscini, che possono essere commissionati e acquistati direttamente.

 

A Torino troviamo la sartoria sociale Il Gelso, nata per favorire l’inserimento lavorativo, che si è diversificata negli anni per offrire sempre più servizi, dalle riparazioni alla realizzazione di collezioni proprie.

 

L’aspetto distintivo che ha portato questa cooperativa a essere un modello formativo è stato l’avviamento di un laboratorio all’interno della Casa Circondariale Lorusso e Cotugno di Torino.

 

Così facendo, le detenute hanno la possibilità di imparare una professione che potranno mettere in campo una volta scontata la pena, nel loro percorso di reinserimento nella società.

 

Anche a Palermo è stata aperta una sartoria sociale che occupa persone disagiate di varia provenienza, guidate dai formatori.

 

Questa sartoria si occupa di riciclare capi usati, igienizzarli a rimaneggiarli, creando nuove confezioni, anche con destinazioni d’uso diverse.

 

Wear the Difference è il loro brand e il loro motto. Significa sostenere e celebrare le differenze che si amalgamo e trasformano, dando nuova vita e dignità a cose e persone, nel rispetto dell'ambiente.