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Riscaldamento globale e fake news: il dataroom di Milena Gabanelli

Nell'ultima puntata di Dataroom, la giornalista Milena Gabanelli ci accompagna alla scoperta delle lobby dei combustibili fossili che finanziano le fake news sui cambiamenti climatici.

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©gajus / 123rf.com

Riscaldamento globale, c’è chi contesta addirittura l’Onu

“Negli ultimi decenni si è diffusa una tesi secondo la quale il riscaldamento della superficie terrestre di circa 0,9°C osservato a partire dal 1850 sarebbe anomalo e causato esclusivamente dalle attività antropiche, in particolare dalle immissioni in atmosfera di CO2 proveniente dall’utilizzo dei combustibili fossili”. 

 

Questa però sarebbe soltanto “una congettura non dimostrata, dedotta solo da alcuni modelli climatici”. “Al contrario, la letteratura scientifica ha messo sempre più in evidenza l’esistenza di una variabilità climatica naturale che i modelli non sono in grado di riprodurre”. Insomma, “la responsabilità antropica del cambiamento climatico osservato nell’ultimo secolo è quindi ingiustificatamente esagerata e le previsioni catastrofiche non sono realistiche”.

 

Con questa lettera aperta, un gruppo di scienziati italiani invita a tenersi alla larga dalle “politiche di riduzione acritica della immissione di anidride carbonica in atmosfera con l’illusoria pretesa di governare il clima”, soprattutto in virtù della “cruciale importanza che hanno i combustibili fossili per l’approvvigionamento energetico dell’umanità”.

 

Questa presa di posizione, risalente al 2019, ha fatto parecchio discutere. D’altra parte non capita spesso di sentir smentire apertamente le posizioni espresse dal Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici, la principale autorità scientifica globale sul clima che fa capo all’Onu.  

 

Peccato però che il testo fosse pieno zeppo di imprecisioni, smontate riga per riga dagli autori del blog scientifico Climalteranti. D’altra parte i promotori erano sì docenti universitari, ma senza alcuna pubblicazione scientifica all’attivo nel campo della climatologia. Un po’ come se un ortopedico prescrivesse una terapia per l’ipertensione.

 

Le notizie false fanno danni veri

Da un lato quindi c’è il pieno consenso scientifico sul fatto che il riscaldamento globale sia dovuto alle attività umane (ormai è stata superata la soglia del 99% degli scienziati). Dall’altro c’è una chiassosa minoranza che si ostina ad affermare il contrario, facendo leva su una galassia di fake news

 

C’è lo studio sul presunto aumento della popolazione di orsi polari; c’è la presunta dichiarazione della Nasa sul fatto che i Suv e i combustibili fossili non abbiano nulla a che vedere con l’aumento delle temperature medie globali; c’è il presunto stop del riscaldamento globale a partire dal 2000

 

Tante “presunte” notizie che a lungo andare alimentano un clima di confusione, soprattutto tra quella larga parte della popolazione che non ha un background scientifico. Difficile accettare di buon grado i piccoli e grandi cambiamenti necessari per incamminarsi verso la decarbonizzazione, se manca una piena cognizione del perché

 

Per fermare la crisi climatica servono politiche coraggiose. Politiche che possono nascere soltanto da governi lungimiranti, sostenuti da una cittadinanza consapevole e preparata. Ecco perché le fake news non possono affatto essere liquidate come episodi folkloristici, ma sono un affare molto serio.

 

A dirlo è anche un gruppo di premi Nobel firmatari dell’appello “One planet, one future”. “Gruppi di interesse e media di parte possono amplificare la disinformazione e accelerare la sua diffusione attraverso i social media e altri mezzi di comunicazione digitali. In questo modo, tali tecnologie possono essere sfruttate per deprimere gli sforzi collettivi e erodere la fiducia pubblica. Le società devono agire urgentemente per contrastare l’industrializzazione della disinformazione e trovare metodi per migliorare i sistemi di comunicazione globale al servizio del futuro sostenibile”.

 

Gabanelli denuncia il giro d’affari dietro alle fake news

Il riferimento ai “gruppi di interesse” non è casuale. La giornalista Milena Gabanelli ha dedicato un’intera puntata di Dataroom alle lobby che foraggiano a suon di miliardi le fake news sul riscaldamento globale.

 

Sulla scia di quello che ha fatto l’industria del tabacco per quarant’anni, il comparto dei combustibili fossili destina circa 900 milioni di dollari l'anno a think tank e organizzazioni che pubblicano studi benevoli nei loro confronti. Studi che vengono amplificati da abili campagne di comunicazione fino ad approdare su giornali e tv. 

 

In Rete le cose diventano addirittura più facili grazie ai software capaci di sfornare all’occorrenza migliaia e migliaia di tweet, denuncia Gabanelli. 

 

È proprio quello che è successo quando, nel 2017, l'allora presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato la clamorosa uscita degli Usa dall'Accordo di Parigi. In prima battuta, sembrava che milioni di cittadini americani si fossero schierati apertamente dalla sua parte; a tre anni di distanza uno studio della Brown University ha svelato che un tweet su quattro era stato pubblicato da un bot.

 

 

Per chi è curioso di saperne di più, la puntata di Dataroom è su Corriere.it