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Pneumatici e ambiente: quanto è importante la manutenzione

Prendersi cura degli pneumatici della propria auto è anche un gesto di responsabilità nei confronti del Pianeta. Alla fine della loro vita utile, la strada maestra è il riciclo.

di Redazione

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©serezniy / 123rf.com

Le vere cause dell’inquinamento delle auto

Quando si parla di particolato atmosferico dovuto alle auto, viene istintivo pensare al fumo che esce dal tubo di scarico. Questo ragionamento resta valido soprattutto per i vecchi modelli a benzina e diesel ancora in circolazione; e sono parecchi, considerato che l’età media di un’auto italiana è di 11 anni e mezzo, perfettamente in linea con la media europea. 

 

Le auto più moderne, anche con motore a combustione interna, continuano a emettere anidride carbonica (responsabile del riscaldamento globale) ma ormai sono dotate di filtri antiparticolato sofisticatissimi, capaci di bloccare quasi del tutto le polveri sottili.

 

In questi casi, la fonte dello smog è un’altra: l’usura di freni e pneumatici. Questi ultimi meritano particolare attenzione per due motivi. Da un lato, le preferenze dei consumatori si indirizzano sempre più verso auto più ingombranti e pesanti; dall’altro lato, rilasciano anche microplastiche tristemente note per il loro devastante impatto sui mari. 

 

Si viene a creare così un paradosso in materia di salute pubblica. “Mentre gli standard per i gas di scarico dei veicoli a motore stanno diventando sempre più stringenti in tutto il mondo, le emissioni non legate ai gas di scarico sono in gran parte non regolamentate”, mette nero su bianco l’Ocse.

 

Proporzionalmente, dunque, il particolato sottile dovuto a pneumatici e freni diventerà preponderante; anzi, secondo alcune stime rappresenta già il 60% del PM2,5 dovuto al trasporto stradale e il 73% del PM10. Tutto ciò nel silenzio dei governi e delle autorità sanitarie.

 

Perché prendersi cura degli pneumatici

Una Golf del 2011 che percorre 320 km su strada ad alta velocità perde 1.844 grammi di massa, pari a 5,8 grammi per chilometro. Cioè mille volte rispetto al limite di 5 mg per chilometro imposto per i gas di scarico di un’auto Euro 5. È quanto emerge da un test condotto – volutamente in condizioni un po’ estreme – da Emissions Analytics.

 

Gli pneumatici della Golf sottoposta al test, per giunta, erano in condizioni ottimali che difficilmente si riscontrano nella realtà. Il 52% degli italiani infatti è abituato ad andare in giro con le gomme sgonfie, fa sapere Fabio Bertolotti, direttore di Assogomma. Il che significa che l’auto è meno stabile, lo pneumatico si usura, si surriscalda e rischia di scoppiare, e i consumi di carburante aumentano fino al 15%.

 

Tra le buone abitudini che meriterebbero di essere ben più diffuse c’è la visita stagionale al gommista per controllare la pressione delle gomme, invertirle a intervalli regolari e sostituirle senza esitazioni quando ormai sono lisce o presentano tagli e lacerazioni sui fianchi. È un piccolo investimento che avrà i suoi frutti in termini di sicurezza e, perché no, anche in termini ambientali.

 

I più attenti alla sostenibilità magari storceranno istintivamente il naso all’idea di una sostituzione più frequente, considerato che la materia prima è pur sempre il petrolio. Ecco perché il riciclaggio di pneumatici usati è essenziale.

 

Come e perché riciclare gli pneumatici

In Italia il riciclo degli pneumatici fuori uso (tecnicamente Pfu) ha fatto il suo debutto nel 2011, con l’entrata in vigore il primo regolamento ministeriale sul tema, aggiornato da poco con il decreto ministeriale 182/19 del ministero per l’Ambiente. 

 

A dieci anni di distanza è un settore fiorente. Ecopneus, il principale operatore nazionale con una quota di mercato che si aggira sul 60% del totale, nell’arco di un decennio ha preso in carico 2,2 milioni di tonnellate di Pfu, permettendo così di risparmiare l’uso di 3,3 milioni di tonnellate di materie prime (e gli 1,15 miliardi di euro necessari per importarle dall’estero). In termini ambientali, si è evitato il consumo di 15,5 milioni di metri cubi di acqua e il rilascio in atmosfera di 3,36 milioni di tonnellate di CO2 equivalente.

 

In pratica, come funziona il processo di riciclo? Una volta arrivati a fine vita, gli pneumatici sono portati in appositi centri per essere pesati, catalogati e controllati. Dopodiché vengono sminuzzati nelle cosiddette “ciabatte”. 

 

Qui si apre la prima possibilità: recuperare il materiale sotto forma di energia all’interno di cementifici, centrali termoelettriche, cartiere o altre industrie. Il Pfu infatti ha un potere calorifico equivalente a quello del carbone, ma emette in atmosfera molte meno sostanze inquinanti e climalteranti

 

In alternativa, le ciabatte si possono ridurre in granuli e polveri da destinare al riciclo vero e proprio. Così, gli pneumatici usati diventano l’ingrediente base per pavimentazioni sportive, oggetti e manufatti in gomma, isolanti acustici per l’edilizia e asfalto a bassa rumorosità. Un esempio da manuale di economia circolare.

 

Fonti

ACEA – Average age of the EU vehicle fleet, by country  

Emissions Analytics – Tyres Not Tailpipe  

OECD – Non-exhaust Particulate Emissions from Road Transport. An Ignored Environmental Policy Challenge

ACI – Ruote e pneumatici

Repubblica.it – Sicurezza stradale: il 52% degli italiani con le gomme sgonfie

Ecopneus, dieci anni di strategia green e circolare al servizio del Paese: oltre 2,2 milioni di tonnellate di Pneumatici Fuori Uso gestiti in 10 anni, + 6% rispetto gli obiettivi di legge

Riciclo e recupero dei Pfu