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Plastica idrosolubile, la rivoluzione di Sharon Barack

A prima vista sembra comune plastica, ma per smaltirla basta passarla sotto un getto d’acqua. È una nuova tecnologia inventata da una startup israeliana.

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©Richard Whitcombe / 123rf.com

La plastica idrosolubile di Sharon Barack

A prima vista, sembra un comune foglio di plastica trasparente, utile per imballare un alimento o un oggetto. Basta passarlo sotto il getto d’acqua del rubinetto, però, ed ecco la sorpresa: si scioglie. È la prima plastica idrosolubile ed è opera di Sharon Barack.

 

Questa giovane ingegnera chimica israeliana è la mente dietro alla startup innovativa Solutum

 

Dopo un intenso lavoro di ricerca e sviluppo durato anni, il team è riuscito a mettere a punto un composto che assomiglia in tutto e per tutto alla plastica, perché viene realizzato con gli stessi macchinari e fornisce all’utente prestazioni paragonabili.
Ma con due fondamentali differenze.

 

  1. La prima: è costituito da materie prime a basso impatto ambientale.
  2. La seconda: dopo l’uso non va smaltito, né sottoposto a impegnativi processi di riciclo. Basta semplicemente scioglierlo in acqua. Cosa ancora più importante – promettono gli ingegneri di Solutum – non lascia alcun residuo tossico. Tant’è che, dopo qualche minuto, l’acqua può essere addirittura bevuta.

 

C’è ancora troppa plastica monouso

Negli ultimi anni la sensibilità ambientale ha conquistato fasce sempre più ampie della popolazione. E quello della plastica negli Oceani è senza dubbio uno dei problemi saliti alla ribalta.

 

Andando a scandagliare i dati, però, si scopre che la diffusione della plastica è ancora esorbitante. Nel 2018 ne sono stati prodotti circa 350 milioni di tonnellate nel mondo, 61,8 in Europa (i dati arrivano dall’associazione di categoria). Anche in Europa, all’avanguardia tanto in termini di legislazione quanto in termini di tecnologia, ne sono state avviate a riciclo appena 9,4 milioni di tonnellate.

 

Ancora più preoccupanti sono le stime che sostengono che circa la metà della plastica prodotta a livello globale sia destinata a prodotti usa e getta. Parliamo quindi di cannucce, bicchieri, posate, palloncini. Articoli che hanno una vita utile di pochi minuti.

 

Il costo dell’inquinamento da plastica

Sono stati spesi fiumi di inchiostro sul pesantissimo impatto ambientale dei rifiuti di plastica, in primo luogo sugli ecosistemi marini. Hanno fatto scalpore le previsioni della Ellen MacArthur Foundation: nell’arco di appena dieci anni, gli Oceani conterranno una tonnellata di plastica ogni tre tonnellate di pesci. Nel 2050 ci saranno più rifiuti che pesci.

 

Difficilmente si ricorda quanto l’inquinamento da plastica sia anche un costo in termini puramente monetari. Secondo l’Unep (Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite), i soli danni agli ecosistemi marini sono pari a 13 miliardi di dollari l’anno. Pesca e turismo i comparti più colpiti.

 

Per le aziende, dunque, elaborare alternative valide diventa anche un’opportunità. Oltre che un segnale di responsabilità verso il Pianeta e le prossime generazioni.