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Costa Concordia: il danno ambientale 9 anni dopo

Nove anni dopo l'incidente della Costa Concordia, l'Ispra fa il punto sui lavori di ripristino degli ecosistemi compromessi, dopo le azioni di smantellamento del relitto. Le azioni, tuttora in corso, prevedono il reimpianto di esemplari di Posidonia oceanica e la messa a dimora di organismi del coralligeno, entrambi preziosi scrigni di biodiversità nel Mediterraneo.

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©topdeq / 123rf.com

Sono passati nove anni dal tragico incidente della Costa Concordia, che causò la morte di  trentadue persone e provocò ingenti danni ambientali. Terminate le azioni di smantellamento della nave e ripristino dei fondali, l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) fa il punto sui lavori in corso: la terza fase di attività, iniziata nel 2019, prevede il recupero di alcuni elementi chiave degli ecosistemi marini compromessi.

 

Costa Concordia, la tragedia

13 gennaio 2012. Alle 21.45 la nave da crociera Costa Concordia, in navigazione da Civitavecchia a Savona, urtò uno scoglio in prossimità dell'Isola del Giglio.

 

Come conseguenza dell'impatto, che provocò uno squarcio di 70 metri, la nave si inclinò, sprofondando verso il fondale con la sola prua emergente. Il bilancio fu terribile: trentadue morti, decine di feriti e un disastro ambientale da arginare

 

I danni ambientali

Oltre 2.000 tonnellate di olio combustibile pesante stivate nei serbatoi della nave, 1351 m³ di acque grigie e nere, 41 m³ di oli lubrificanti, 280 litri di acetilene, 600 kg di grassi per apparati meccanici, 855 litri di smalto liquido, 50 litri di insetticida liquido, 1 tonnellata di ipoclorito di sodio (candeggina) e 25.000 tonnellate di cemento contenute in 14 mila sacchi necessari per raddrizzare la nave. Questi i numeri, forniti dall'Ispra, che descrivono l’incidente in termini di danni ambientali.

 

Non solo la presenza del relitto, ma anche le inevitabili attività realizzate allo scopo di rimuoverlo hanno impattato grandemente sull'ecosistema: un ambiente popolato da organismi la cui vita è in stretta relazione con il fondale, in cui il recupero dopo il trauma subito può durare più di un decennio, o addirittura “non realizzarsi affatto”.

 

A fare maggiormente le spese della catastrofe, due tipologie di organismi: le praterie di Posidonia oceanica e i popolamenti del Coralligeno, danneggiati dall'effetto ombra del relitto (che inibisce la fotosintesi di alghe e piante) e dalla sedimentazione del materiale di cantiere che ha soffocato i fondali. Entrambe le popolazioni sono protette da convenzioni internazionali, in quanto patrimonio di biodiversità e area di riproduzione e rifugio per molte specie marine

 

I lavori di bonifica e ripristino dell'ecosistema

“L’incidente della Costa Concordia è stata innanzitutto una tragedia che ha portato lutti e sofferenze per tante famiglie e ha colpito profondamente tutti noi” ha dichiarato Stefano Laporta, presidente Ispra e Snpa (Sistema Nazionale Protezione Ambiente), durante la presentazione del rapporto tecnico-scientifico sullo stato delle manovre. 

 

“L’operazione di messa in sicurezza e di rimozione del relitto è stata straordinaria sia dal punto di vista del costante monitoraggio ambientale, con oltre 36.000 operazioni di analisi e controlli in poco più di due anni e che hanno visto impegno e sforzo congiunti da parte di Ispra e del Snpa insieme a tutte le istituzioni e gli enti di controllo e ricerca preposti, sia per il complesso delle attività che hanno portato alla corretta rimozione della nave. Il successo di queste operazioni ha consentito di ripristinare l’habitat naturale dell’ambiente costiero marino in una delle zone più belle del nostro Paese e di riportarlo alla sua naturale bellezza, un modo per onorare le vittime di questa tragedia”.

 

Concluse nel 2018 le attività di ripristino ambientale dei fondali, mirate a eliminare le fonti di danno per l’ecosistema, dal 2019 ci si sta occupando del cosiddetto “recupero ambientale”. In particolare le azioni, attualmente in corso, prevedono il reimpianto di esemplari della Posidonia oceanica e la messa a dimora di organismi del coralligeno per un’estensione complessiva di 2.100 m2. Nel corso del biennio di lavoro, il reimpianto ha già interessato oltre 1000 m2 di superficie