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Costa Concordia e i danni all'ambiente

La Costa Concordia si sta inabissando in uno dei più bei parchi del Mediterraneo, il Santuario dei Cetacei, enorme bacino marino tra Toscana, Liguria, Principato di Monaco e Francia: il suo habitat è a rischio, vediamo perché

Costa Concordia e i danni all'ambiente

Cosa sta succedendo attorno al relitto

“La contaminazione ambientale è già iniziata” è ciò che ha annunciato qualche giorno fa il Capo della Protezione Civile Franco Gabrielli intervistato da Fabrizio Caccia per il Corriere della Sera. Parlare di Costa Concordia e danni all'ambiente è all'ordine del giorno. L’Ifo 380, terribile gasolio pesante che alimentava i motori della Costa, combustibile denso e vischioso, ad elevato tenore di zolfo, è il principale elemento tossico da eliminare per salvare l’area dall’inquinamento.

Sarà in grado l’Italia a far fronte a un possibile disastro naturale ed ecologico dall’enorme portata? Cosa succederebbe altrimenti a piante e animali e all’intero ecosistema marino?

Un cordone di panne assorbenti è stato posizionato attorno alla Costa Concordia per tamponare i primi rischi di inquinamento e danni all'ambiente appena circostante. Sono poi partite le pianificazioni per il recupero del gasolio, grazie anche all’aiuto di una compagnia olandese: una volta definito e programmato l’intervento, si riscalda e si aspira il carburante. Questa è un’ operazione molto delicata, poiché si deve fare attenzione a non riversare sostanze in mare durante il trapasso della sostanza. Un fattore x che potrebbe ostacolare il lavoro di uomini e mezzi impiegati è rappresentato dalle condizioni metereologiche. 

 

Con tutto questo, non solo si teme la fuoriuscita del gasolio Ifo380, ma bensì anche il riversamento in mare di altre sostanze tossiche e nocive derivate da: medicinali, pile, elementi elettronici (computer, cellulari, macchine fotografiche e strumenti vari usati dai passeggeri) e cavi elettrici, detersivi e prodotti chimici, oggetti in plastica, barattoli di vernici e solventi, olio da cucina e alimenti, lubrificanti per i macchinari della nave, acque nere di scarico prodotte dai passeggeri. Tutto quanto c'era a bordo insomma. L’elemento di gran lunga più temuto resta lo zolfo, contenuto nel carburante e in molte altre sostanze, il cui derivato semplice, l’anidride solforosa, distrugge ogni forma di vita al suo passaggio.

Gli effetti dannosi dell’anidride solforosa sugli animali sono infatti notevoli e riportano soprattutto danni celebrali, malfunzionamento dell'ipotalamo con conseguente danneggiamento del sistema nervoso.

Corrado Clini, ministro dell’ambiente, ha parlato già di un “danno ambientale dei fondali” causato dal relitto della Costa Concordia.  La mappa tracciata in mare, visibile sul sito dei Parchi italiani, è quella  del Santuario dei Cetacei, quella che sta monitorando Arpa con la nave Poseidon in questi giorni per tenerci aggiornati sul livello di inquinamento. Il  Santuario in realtà era già già a rischio due anni fa, lo annunciava il Corriere della Sera in un articolo, Ora è proprio per la zona attorno all’Isola del Giglio che si teme il peggio. 

 

Cosa potrebbe accadere nella peggiore delle ipotesi

Tra i vari scenari possibili, si spera davvero che quella della Costa Concordia non si trasformi in una catastrofe a catena dalle dimensioni incontenibili: piante, animali, uomo ne verrebbero intaccati. Già di per se l’enorme relitto del palazzo del mare sta togliendo luce a tutte le piante del fondale, in particolare alle poseidonie, presenti in gran misura nell’area, che patirebbero anche gli effetti dell’eventuale riversamento delle sostanze nocive.

 

L'eccesso di sostanze nutrienti, noto come fenomeno di eutrofizzazione, causato sempre da sostanze tossiche disperse in mare, è ugualmente dannoso: fosforo e azoto per esempio possono provocare abnormi esplosioni demografiche di alghe pericolose, con conseguenze deleterie per l’ambiente acquatico.

 

Per quanto riguarda gli animali, nella zona sono presenti molti tipi di cetacei, un migliaio di balene e  balenottere, così come moltissime fra stenelle, tursiopi e delfini comuni; e ancora grampi, capodogli, zifi e globicefali. Una splendida varietà ittica quella del Parco Acquatico che rischia di soffrire per mancanza di cibo o per i danni diretti delle sostanze inquinanti, come si è visto, dello zolfo sul sistema nervoso, per esempio. Per i pescatori significherebbe un danno ambientale ed economico per la pesca, pesca al tonno in particolare, di dimensioni notevoli. Anche gli uccelli marini da questo punto di vista non se la passerebbero meglio: oltre ai gabbiani, anche le meno note varietà di sule, berte e labbi rischierebbero grosso. Uno scenario ipotetico dal sentore apocalittico a cui si spera di non dover assistere.

Immagine | Ipsedixit.org

 

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