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Fast tourism: il turismo veloce che fagocita il pianeta

La morigeratezza non è certo una delle qualità del turista consumista, che frequenta in modo invasivo le grandi città. Se è vero che il fast tourism è una fonte di guadagno, quanto costa il suo impatto sociale e ambientale?

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©Vereshchagin Dmitry / 123rf.com

Turismo e consumismo

Le cartoline delle grandi capitali storiche europee ci regalano sempre scorci meravigliosi dei centri storici, momenti idialliaci in cui l’arte urbana si esprime al suo apice e trasmette un senso di armonia e comfort. Ma la realtà è molto lontana da questa rappresentazione.

 

L’Europa è la capitale mondiale del turismo, con Francia e Italia ad attrarre, da sole, quasi 150 milioni di turisti ogni anno.

 

Tutti i governi hanno investito fortemente in questa fornte di guadagno, focalizzandosi all'inizio sui turisti americani e, più di recente, su quelli cinesi e indiani.

 

Stiamo parlando di un nuovo immenso bacino di circa due miliardi di abitanti, con una crescente borghesia benestante che ha già iniziato a prendere di mira l’Europa per le proprie vacanze. Il tutto in pieno stile consumistico.

 

Nell modello capitalista infatti non sono solo i prodotti a essere consumati, ma anche le esperienze

 

Il lato oscuro del fast tourism

Città come Venezia, Amsterdam, Parigi e Barcellona stanno vivendo una vera e propria crisi da invasione. 

 

Se le attività locali tendono a rivolgersi ai turisti, ciò significa che i servizi per i cittadini spariscono e si fatica a trovare una merceria o uno studio dentistico, oppure a salire su un autobus senza trovarlo stracolmo.

 

Le case diventano alternative agli alberghi grazie ad Airbnb, non esistono più vicini di casa e i quartieri storci sembrano parchi a tema pieni di souvenir.

 

Mentre i prezzi aumentano, aumenta anche l'inquinamento scatenato dai movimenti di masse di turisti che, mappa alla mano, intendono visitare tre o quattro grandi città nell'arco di un paio di settimane.

 

Non c'è da stupirsi, dunque, se chi può si trasferisce altrove. Il caso più emblematico è quello di Venezia, dove la popolazione è diminuita di due terzi nell'arco di sessant'anni.

 

Un turismo alla portata di troppi

È vero che il turismo ha generato in Europa un giro d'affari stimato in 320 miliardi di euro all’anno, dando lavoro a 12 milioni di persone.

 

Eppure, dall'altro lato, tutto si impoverisce: i centri storici perdono identità, la qualità della vita degrada, le risorse ambientali diminuiscono, lasciando i cittadini locali estremamente scontenti.

 

È possibile controllare questo fenomeno? Non è semplice, visto che entrano in gioco tanti fattori diversi ma convergenti:

 

> il riscaldamento globale fa si che in Europa l’alta stagione cominci prima e finisca dopo, e rende appetibili nuove città del nord Europa finora considerate troppo fredde;

 

> con l'aumento della popolazione mondiale, si allarga anche la fascia benestante che può permettersi di viaggiare per svago;

 

> negli ultimi anni poi, grazie a Airbnb e alle linee aeree a basso costo come Ryanair e Vueling, viaggiare è diventato un passatempo alla portata di tutti. 

 

Ripensare il turismo

Parallelamente alla crescita del turismo, purtroppo, non è cresciuta la coscienza del vero viaggiatore.

 

Le città vengono letteralmente consumate, più che vissute. La cultura sparisce, la storia si riduce a un paio di righe da leggere nei pressi di un monumento, o alla veloce spiegazione di una guida.

 

Inoltre le città, in preda a questa "febbre dell'oro", non sono preparate a comprendere (e quindi affrontare) le conseguenze ecologiche e sociali del turismo.

 

Il trend è ancora in salita:

> il turismo in Asia cresce quasi del 10% annuo;

> in America Latina (nonostante tutti i rischi legati alla criminalità) di poco più del 3%;

> ai Caraibi del 2% annuo;

> in Europa i flussi turistici crescono dell'8% ogni anno e ora inglobano anche le città dell'Est.

 

Si tratta di un vero e proprio tema sociale, che per anni le amministrazioni hanno sottovalutato, intravedendo soltanto le possibilità di un facile ritorno economico.

 

Ora, però, le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti ed è evidente che bisogna fare cambiare rotta. Non possiamo più aspettare: è arrivato il momento del turismo sostenibile.