Intervista

Camminare per illuminare la via, intervista a Luigi Cappella

Secondo Luigi Cappella "sono i piedi a illuminarci". Luigi è un viandante, come gli piace definirsi, nonché un “promotore di vagabondaggi in cammino”, come riporta la breve biografia in quarta di copertina del suo libro in uscita "L’Aurora, per una nuova speranza".

di Redazione

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©Laura Lombardi

A cura di Laura Lombardi.

Luigi Cappella, classe 1952, è un ex medico di famiglia, ora in pensione, ex sindaco di Casteldelci (Rimini), piccolo comune nascosto in un Appennino ancora selvaggio in Alta Valmarecchia, e soprattutto è un viandante, come gli piace definirsi, nonché un “promotore di vagabondaggi in cammino”, come riporta la breve biografia in quarta di copertina del suo libro in uscita "L’Aurora, per una nuova speranza".

Il libro, stampato a proprie spese, è un testo che raccoglie scritti suoi e di Aurora Tonsini, una paziente novantenne, rigenerata dal suo invito pressante ad intraprendere la nuova “cura” della scrittura autobiografica.
 
L’affetto e la stima reciproca fanno leva sulla vitalità di Aurora, solo sopita, e la stimolano a raccontarsi nei pensieri quotidiani, nei ricordi di una vita semplice e vissuta all'insegna di una irrinunciabile dignità, mentre l’entusiasmo e, forse, un briciolo di vanità, oltre alla sconfinata pulsione verso la ricerca del benessere e della felicità propria ed altrui, portano Luigi a condividere le proprie emozioni, le proprie certezze e incertezze, i propri ricordi, le proprie fragilità, le proprie poesie, i propri desideri.
 

L’invito che Luigi fa è ad incamminarci tutti “verso la pandemia dell’amore per noi stessi, per gli altri, per il pianeta” con l’auspicio dichiarato che questo possa contribuire a nutrire il presente ed il futuro di speranza in una "Nuova Aurora" nella sfera medica, scientifica, politica, religiosa, relazionale, personale: “una nuova Aurora caratterizzata da ponti più che da muri. Caratterizzata dal valore superiore della diversità rispetto a quello inferiore dell'omologazione.
 

Da dove ha origine questo suo atteggiamento di profonda positività e fiducia?

Dai miei piedi
In anni e anni al servizio della salute, avevo sempre pensato che questa dipendesse dall’aspetto puramente biologico della persona. Credevo che il contesto psico-sociale fosse irrilevante. A un certo punto, nel 2006, ho iniziato a camminare. Ed è poi stata una reazione a catena.

Ho iniziato a rivedere le mie idee osservando le reazioni del mio corpo e del mio essere. Ho iniziato a toccare con mano.
Via il mal di ginocchio, via il torcicollo, potevo lavarmi il collo con la neve tutto sudato e stavo benissimo, diminuivano le frequenze. Da lì la scoperta dell’essenzialità, capire che si può mangiare il giusto, quel che serve, da lì la scomparsa delle paure che se ne vanno perché da solo nel bosco arrivi a uno stato di benessere tale per cui non si ha paura, anche se arriva un temporale.

Le paure sono foriere di malattia, di malessere. Camminando si acquisisce consapevolezza. E, tornando in ambulatorio, ho trasferito nella relazione con i pazienti tutte queste percezioni e ho iniziato un nuovo rapporto con loro e con l’arte medica.

Camminare ha significato scoprire di avere delle enormi possibilità a portata di mano per gioire della vita. Gioire con poche cose, con le cose di cui hai bisogno, qualcosa da mangiare, un posto dove dormire, incontrare le persone in un altro modo, sentire che il corpo manda segnali di benessere, che mente e spirito si illuminano.

Ecco che quando vai in ambulatorio magari rischi anche di essere fanatico, di spingere gli altri a camminare quando è evidentemente chiaro che ognuno deve trovare il proprio modo per gioire della vita. Puoi cantare, suonare, l’importante è comunque entrare in relazione con il silenzio, avere delle cose da fare solo per il gusto di farle, senza ricavarne utilità materiale. Questo porta a verificare che c’è unità spirituale che determina la bellezza della vita.

Per me il veicolo è camminare in solitaria. Il cammino solitario ha creato una relazione con la mia intimità che era impensabile nella mia quotidianità precedente. Camminare da solo mi ha cambiato la vita. È stato tornare spontaneamente verso la naturale bontà.
Camminare in compagnia ti può migliorare un po' la vita ma non è scontato che accada.

I piedi ti liberano lentamente da ogni paura. Ti insegnano la prudenza e la responsabilità. La gioia della libertà, dell'intuizione, della scoperta continua. È così, ma solo se cammini da solo.
Gli strateghi della sudditanza inconsapevole, temono chi cammina da solo. Sanno del loro coraggio, della loro audacia.
 

Il cammino quindi l'ha portata al benessere personale, trasferito poi nella relazione con i pazienti.

Sì, benessere nella relazione con i pazienti, ma non solo. Direi con tutti. La reazione a catena scatenata dal camminare mi ha portato ad eliminare la parte più negativizzante di me.

Nello stato di beatitudine, si arriva al punto in cui nessuna persona, nessun contesto sembra orribile. Camminare mi ha dotato di occhi per vedere bellezza anche laddove prima avrei solo girato lo sguardo da un’altra parte.
 

Lei è stato anche sindaco

Sì, e le percezioni che ho avuto camminando sono arrivate paradossalmente a mettere in crisi il mio rapporto con i canoni delle relazioni nel mondo della politica laddove, se parli di valenza del valore del benessere spirituale sembri fuori contesto.

Mentre con i pazienti riuscivo a trovare un equilibrio nuovo, bello, evolutivo, nelle relazioni familiari idem, nella politica attiva, che pur ha avuto una parte importante nella mia vita, mi sono ritrovato addirittura a star male, prigioniero in una gabbia che gli altri non vedevano.

Quando ho raggiunto l’apice del mio impegno politico, diventando sindaco, ho avuto a che fare con una sofferenza molto forte, una sorta di dualismo, che era la risposta del mio organismo ad una insofferenza nuova per me, insofferenza a quel tipo di meccanismi tipici della politica ormai in contrasto con il mio nuovo modo di essere, molto più tollerante.

Camminare mi ha tolto l’arroganza. È venuto meno il pregiudizio o l’essere fazioso.
Ho trovato benessere e soddisfazioni anche facendo politica, non lo nego, ma facendo molta fatica perché mi è costato un duro lavoro interiore dal quale non potevo prescindere.
Ora che sono uscito da questo tipo di gabbia sto molto meglio e riesco a far star meglio le persone intorno a me.

La politica ha le sue leggi, i suoi codici, deve mediare, trovare il compromesso, e non c’è niente di male in questo, ma per me è stata dura. Io sogno un mondo politico che trovi una nuova Aurora, un modo per essere più vicino alla gente, più tollerante, più rispettoso.

Gli altri, gli avversari, non sono il Male. E penso che si debba contrastare quanto sta accadendo oggi con una visione del mondo profondamente nuova. Abbiamo bisogno di politici che se ne facciano interpreti credibili. Che investano sulla speranza, sulla gioia, sulla gratitudine, sulla relazione umana, sul lavoro gratificante, sulla libertà dall'ignoranza, sulla cultura, sulla consapevolezza.
 

Dove cammina?

Io sono nato e vivo a Pennabilli, in Valmarecchia. Mio padre era contadino. Sono affascinato dai miei dintorni, dal mio paesaggio appenninico che ho però scoperto solo da viandante. Non conoscevo i miei luoghi.

Non sono stato attratto da Santiago, dai cammini delineati, ma dall’idea di partire a piedi da casa mia e andare, incontrare persone camminando, perché nell’incontro camminando si ha la percezione autentica delle persone, si è in un tempo diverso, più aperto all’ascolto. Sono innamorato della mia valle.
 

Dal benessere proprio e relazionale alla scrittura? 

Alla lettura. Ho scoperto autori, medici, scienziati, scrittori che trattano i temi dai quali mi sentivo sempre più coinvolto. Quindi lettura e poi sì, soprattutto, scrittura.

Il mattino del 10 Agosto 2006, zaino in spalla, sono uscito di casa per il mio primo cammino solitario di alcuni giorni. Alle ore 10 del terzo giorno ecco l’urgenza di fermarmi per fissare l'emozione di quel momento.

Stavo provando una tale sensazione di gioia che mi è venuta voglia di fermarla, ho cercato qualcosa per scrivere che non ho avevo, quindi su un fazzoletto di carta ho scritto:

Quando cammini è tutto diverso.
Almeno un piede tocca la terra.
Hai il tempo per osservare ogni cosa.
Hai il tempo per ascoltare ogni voce e persino di accarezzare una foglia.
La mente libera pensieri d'amore e nell'armonia di una pace interiore,
Vai discorrendo...
... forse chi ha creato il mondo,
Pensava che l'uomo, continuasse anche a camminare...!

 

Cammini, vivi emozioni, hai voglia di scrivere e con la scrittura le racconti, le proponi, le narri, crei ascolto, favorisci relazioni umane più piacevoli, più allegre.
Una penna, un foglio bianco. Due, venti, quaranta parole in dialetto o in lingua. Mi fa sentire più contento. Non ho mai più perso occasione per decantare la bellezza intorno a me. Nessuna vergogna. I presenti sembravano gradire. A volte persino applaudivano. Ho continuato.
 

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©Aurora Tonsini

Fino a questo libro, “l’Aurora”

Sì. Perché non dobbiamo perdere l'entusiasmo di vivere. Ci stanno spaventando, ci stanno abituando ad una sorta di coprifuoco più o meno militarizzato. Dobbiamo reagire, con gentilezza.
Il mio è un invito a tutti, e in particolare agli artisti, ai pensatori olistici, ai camminatori di tutto il mondo, ad unirci e partire.

Oltre alle mie narrazioni e quelle di Aurora, ho voluto inserire nel libro anche alcuni testi di amici nei quali riconosco urgenze simili alle mie ed a quella dell'Aurora. Una capacità di ascoltare il linguaggio semplice delle persone comuni e della madre Terra.

Insieme alle loro voci voglio dare una interpretazione il più possibile felice dell'accorato appello che le montagne ed i montanari sussurrano a tutti gli abitanti del pianeta perché è urgente costruire il futuro con una nuova visione antropologica.

Un futuro dove le diverse voci trovino l'armonia di una grandissima orchestra. Un'armonia in grado di silenziare il fragore delle armi ed il ticchettio del denaro nero. Ho imparato da Aurora che esistono le bugie "bianche", spese a fin di bene. Sia così anche per il denaro.


 

Va a camne' - Vai a camminare

Quent la tristezza la t’ariva me cor
dli volti en c’è un mutiv, dli volti ei n’è anca tropp
sta zitt, sta zitt!
Arcoi su tutt'i dulor
porti a camne' sa te,
t'Ia macchia, tè fium, tè foss, tè stradell

Se la nebbia la t'fa veda tutt bui
elza i occh par guarda' me sol
se i lament di cristien t'un'i support più
spegn tutt! Ascolta s'no li paroli cuntenti d'Ia natura
se li cattiverii, li delusion, i vlen in ti da' pec
buga la testa dentra la storia di sass
cammina cammina
fina a stracat! Tutt molli id sudori
Cammina, cammina ancora
ecc' cl’ariva e' mirecli!
Ta voja da rida, l’è passet tutt li pauri,
e t'arcmenz avle' ben ma la vita.

 

Quando la tristezza ti penetra il cuore
A volte non c'è un motivo
A volte c'è n'è sono anche troppi
Stai zitto, stai zitto.
Raccogli su tutti i dolori e portali a camminare con te.
Nel bosco, nel fosso, nel fiume, nel sentiero.
Se una fitta nebbia ti avvolge nel buio
Alza lo sguardo verso il cielo e guarda il sole.
Se i tuoi lamenti e quelli degli altri, non li sopporti più,
Spegni tutto ed ascolta soltanto le voci allegre della natura.
Se i rancori, le cattiverie non ti danno pace,
Entra col pensiero dentro la storia dei sassi
Sei stanco, tutto bagnato di sudore.
Cammina ancora, cammina ancora.
Ecco che arriva il miracolo.
Hai voglia di ridere, sono passate tutte le paure.
Ricominci a voler bene alla vita.