Intervista

Lo shiatsu ad Amatrice a sostegno delle vittime del sisma

Michela Pasqualetti è operatrice shiatsu promotrice insieme ad altri colleghi della rete "Shiatsu per Amatrice". L'intento (riuscito) è di portare benessere e ascolto alle popolazioni colpite dal terremoto del centro Italia dell'agosto 2016.

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©Michela Pasqualetti

Sono tante le persone che negli anni hanno messo la loro vita nelle mani di Michela Pasqualetti. Letteralmente. 

 

Michela è operatrice shiatsu, una professione che ha a che vedere col benessere profondo. Ma che ben si confà anche al concetto di vocazione. 

 

Sì, perché Michela nei giorni successivi a quel 24 agosto del 2016, quando l'Italia centrale tremò modificando irreversibilmente paesi come Amatrice o Accumoli, trovò un suo posto per esistere: andare nei luoghi del terremoto e portare sollievo ai sopravvissuti al sisma con lo shiatsu, una disciplina che grazie all'ascolto e al contatto può far sentire reale presenza. E conforto.

 

La rete Shiatsu per Amatrice è una proposta gratuita che da anni si avvale della disponibilità degli operatori che dedicano tempo e cuore alle popolazioni colpite dal terremoto. 

 

Sei diplomata come operatrice Shiatsu da non molto ma hai trovato una modalità di utilizzo “socialmente utile”. Da dove è arrivata questa ispirazione?

Il progetto per Amatrice prende vita “concretamente” a luglio del 2017, poco prima di diplomarmi in questa disciplina e, “nella mente”, quasi un anno prima.  “L'ispirazione” è arrivata da diverse cose legate insieme: una triste vicenda personale, due immagini e una voce.

 

Ad ottobre 2015, purtroppo, a mio fratello fu diagnosticato un microcitoma polmonare; a distanza di qualche giorno trovai a terra casualmente l’immagine sacra di Rita da Cascia, famosa come “Santa delle cause impossibili”. Lo presi come un segnale positivo per la malattia di mio fratello che invece a breve venne a mancare.   

 

Il 24 agosto del 2016, come sappiamo, ci fu la forte scossa di terremoto nel centro Italia che causò molte vittime. A Terni, dove vivo, si avvertì molto forte e, memore di quella che distrusse L’Aquila, capii che altrove doveva aver fatto un disastro.

 

Quella notte alla radio ascoltai l’intervista a Sergio Pirozzi, allora sindaco di Amatrice, che pronunciò parole che si scolpirono nella mia mente e nel mio cuore: “Amatrice non esiste più, non ci abbandonate”. Parole che successivamente portarono alla scelta di operare proprio su quel territorio.

 

A ottobre 2016, esattamente un anno dopo dal primo ritrovamento, una seconda immagine sacra di Santa Rita; iniziai a pensare che fosse una sorta di “messaggio” ma non sapevo di che tipo. 

 

Nello stesso mese ci fu la scossa che colpì Norcia, Castelluccio e molti altre zone limitrofe e in me crebbe la convinzione di dover fare qualcosa per le persone colpite. Quello che sapevo fare, anche se
ancora da studente, era lo Shiatsu.  

 

Pensai così di prendere una settimana di ferie, andare sul territorio, portare un po’ di sollievo alle persone facendo trattamenti. Non era facile realizzare questa iniziativa anche per via degli oltre due metri di neve caduti quell’inverno e questa idea rimase in cantiere qualche mese. A metà maggio, in occasione di una visita ad Ascoli, vidi paesi letteralmente “sbriciolati” lungo la montagna e mi resi conto che quello che avevo visto fino ad allora in TV e su internet non era nulla in confronto alla realtà che mi si presentava davanti. Così ripresi l’idea, con la variante di coinvolgere altre persone

 

I miei compagni della Scuola Italo-Giapponese Shiatsu Namikoshi di Roma e gli insegnanti accolsero subito con entusiasmo l’iniziativa così come l’associazione di volontariato Shin e studenti di altre scuole. 

 

Parlaci di questo progetto

Il “nostro” progetto inizialmente consisteva in un singolo weekend. Non fu facile l’organizzazione, soprattutto trovare uno “spazio fisico” dove fare trattamenti: molta gente era ancora senza casa

 

Anche se alla fine ci riuscimmo, la partenza fu complicata: le persone avevano subìto un forte trauma psicologico con numerose perdite di persone care e nel giro di pochi istanti il “mostro”, come viene chiamato da molti di loro, aveva portato via i sacrifici di una vita. Facemmo una sorta di porta a porta tra le SAE (Soluzioni abitative di emergenza) per dire che circa quindici operatori Shiatsu erano lì per loro. Ma cosa era lo Shiatsu? La maggior parte delle persone non lo sapeva e le invitammo a provare. 

 

Quel weekend fu un successo ma nessuno poteva immaginare che avrebbe preso piede una iniziativa che continua ancora oggi. Le persone, alcune con le lacrime agli occhi, ci ringraziavano chiedendo fino a quando avremmo continuato e noi rispondevamo loro che ci sarebbe stato Shiatsu per Amatrice fino a quando ci fossero stati volontari per i trattamenti. Con quale coraggio dire che sarebbe stato solo per quel weekend? Non potevamo che decidere di continuare.

 

A oggi molti colleghi sono passati per “dare una mano” a questo progetto. Da Lecce, da Bologna, le persone si sono addossate fior di chilometri in due giorni pur di esserci; chiaramente, chi sta più vicino, garantisce una maggiore presenza. A volte siamo stati quattro, altre volte dieci, mediamente in sei o sette, una volta al mese in date concordate con la Caritas di Rieti che gentilmente ci concede i locali. Siamo arrivati anche a 45 trattamenti in un giorno e mezzo.

 

Indubbiamente una bella esperienza anche per me: ho conosciuto moltissimi nuovi colleghi, di diversi stili e scuole di Shiatsu di provenienza, tutti uniti nel portare un po’ di benessere a chi si affida a noi e, quando disponibili, insieme anche ad operatori di riflessologia plantare e reiki.

 

Tra i nostri riceventi non c’è una fascia di età che prevale: ragazzi, adulti, meno giovani, cercano, oltre al benessere fisico che lo shiatsu può portare, sostegno psicologico, voglia di “staccare” dalla quotidianità, un momento tranquillo da dedicare a loro stessi che non li faccia sentire abbandonati.

 

Quali storie di vita si incontrano in questa particolare esperienza?

Ci sono tante storie perché ognuno ha vissuto il sisma in modo diverso. C’è chi ha perso familiari, chi amici, chi semplicemente conoscenti, chi ha perso la casa, chi è riuscito a salvare qualcosa. 

 

Ognuno di noi, quando si trova davanti a una grande tragedia, ha un modo
diverso per affrontarla. Una cosa che abbiamo sicuramente notato è che ora, rispetto a quando siamo arrivati due anni e mezzo fa, la gente è molto più scoraggiata e demotivata perché la burocrazia si muove molto lentamente. Dopo tutto questo tempo siamo entrati in confidenza con i nostri riceventi e sappiamo la storia quasi di ognuno di loro anche perché alcuni sono con noi da quel primissimo weekend di luglio 2017.

 

Una storia che tutti conosciamo è quella di “nonna Filomena”, una signora di 81 anni a cui il sisma ha portato via una figlia poco più che
quarantenne e una nipote adolescente, che aveva già perso un’altra figlia per malattia. 

 

La prima volta venne di sabato pomeriggio e poi tornò anche la domenica mattina, portando con sé, oltre al trauma psicologico, anche un bel bagaglio di dolori fisici dovuti all'età. Non riusciva a stringere le dita e i trattamenti riguardarono principalmente braccia e mani. La domenica pomeriggio, con commozione, venne a ringraziarci perché, dopo molto tempo, a pranzo era riuscita a mangiare senza sporcare nulla, ce l’aveva fatta nuovamente a stringere bene la forchetta. 

 

Da allora, nonna Filomena ha saltato due, massimo tre appuntamenti ma solo perché lontana da Amatrice e la cosa più bella per tutti è quando, congedandosi, finalmente si concede un sorriso.

 

Lo Shiatsu, e penso di poter parlare anche a nome dei miei colleghi, è stato tutto quello che potevamo offrire ma nel tempo si è trasformato in una straordinaria risorsa a livello fisico, psicologico e umano, un arricchimento personale sotto ogni punto di vista. 

 

Professionalmente, alcuni di noi da studenti si sono confrontati con problematiche fisiche dalle più comuni alle più articolate, facendo tesoro dell’esperienza di altri colleghi e crescendo come operatori; abbiamo capito soprattutto che quando metti il cuore e la passione in ciò che fai i risultati sono stupefacenti

 

Questa esperienza, ci ha dato la possibilità di creare una sorta di grande famiglia con gli abitanti delle zone colpite dal sisma, che ci hanno accolto con affetto, stima e fiducia. Ogni volta che dobbiamo ripartire è un dispiacere reciproco, ci congediamo già con la voglia di rivederci
nell’appuntamento successivo, e aspettiamo con ansia la stagione calda, quando ci tratteniamo due giorni e ci riuniamo per cenare tutti insieme. 

 

Ci piacerebbe creare anche un secondo gruppo per Accumoli, stiamo cercando di organizzarci, di sensibilizzare un maggior numero di  operatori. 

 

Questa iniziativa dà modo di ritrovarsi tra persone che prima del sisma vivevano vicine e ora, travolte dagli eventi, si trovano ad abitare a chilometri di distanza per questioni logistiche. Per quanto piccolo, cerchiamo di dare il nostro contributo per portare sollievo. A noi piacerebbe essere una presenza ancora più costante sul territorio, perché potremmo risolvere più rapidamente alcune problematiche, ma non è facile. Con il nostro appuntamento mensile però portiamo sicuramente qualcosa di utile ed apprezzato: più di una persona ci ha detto che, da quella terribile notte del sisma, gli unici momenti in cui riesce a rilassarsi sono quelli in cui si trova sotto le nostre mani. 

 

Credo che sul territorio ogni tanto operino anche fisioterapisti osteopati e indubbiamente se ci fosse una presenza più assidua e un  piano collaborativo da parte di tutti i risultati sarebbero ancora più visibili.