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Un nuovo allarme per influenza aviaria

Nell’autunno del 2021 sono stati identificati diversi focolai di influenza aviaria tra UK e Italia. Facciamo un passo indietro per capire cos’è, quanto è pericolosa e se c’è il rischio di un salto di specie dall’animale all’uomo.

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©henadzipechan/123rf.com

Cos’è l’influenza aviaria

In passato la chiamavano peste aviaria. Oggi sappiamo che l’aviaria è causata da alcuni virus influenzali di tipo A, molto contagiosi, che si diffondono tra gli uccelli selvatici e domestici e, più di rado, possono infettare anche l’uomo.  

 

Negli uomini l’aviaria si manifesta come una comune influenza, con febbre, tosse e mal di gola, mal di testa, diarrea e dolori muscolari. Possono comparire inoltre sintomi più specifici e gravi, come infezioni agli occhi, all’apparato respiratorio e all’encefalo. Nelle forme più serie, può rivelarsi letale

 

Finora quasi tutti i casi umani di infezione riguardano persone che lavoravano negli allevamenti di pollame e quindi erano a diretto contatto con gli uccelli, le loro piume o i loro escrementi. Rarissimo il passaggio del virus da uomo a uomo. Letteralmente impossibile contrarlo nel consumare carne e uova ben cotti.

 

Il ritorno dell’influenza aviaria

L’Italia è già stata interessata da sei epidemie di influenza aviaria tra il 1997 e il 2005, soprattutto in Veneto e in Lombardia per l’alta densità di allevamenti di pollame. Nell’autunno 2021, la malattia è ricomparsa prima nel Regno Unito e poi in Italia. Il primo focolaio nel nostro Paese è stato identificato a Ferrara nel mese di ottobre; nel momento in cui scriviamo quest’articolo se ne segnalano 21, per un totale di 700mila animali coinvolti. Non solo galline e polli, ma anche tacchini e struzzi.

 

Stavolta il virus in circolazione è H5N1, molto contagioso e propenso a mutare, acquisendo geni da altri virus. L’Istituto superiore di sanità mette bene in chiaro che, dal 2003 in poi, H5N1 ha già compiuto diversi salti di specie, arrivando a contagiare anche maiali, gatti e topi.

 

Il rischio di uno spillover

E se capitasse anche stavolta uno spillover, cioè un salto di specie dall’animale all’uomo, esattamente com’è successo con il coronavirus? La probabilità purtroppo c’è; per tenerla alla larga bisognerebbe isolare i focolai e abbattere immediatamente tutti i capi. A dirlo è Walter Ricciardi, ex-presidente dell'Istituto superiore di sanità e ora consulente del ministro della Salute Roberto Speranza, ospite della trasmissione televisiva Agorà su RaiTre. “La lotta che fanno i virus e i batteri all'uomo dura da 2000 anni, erano loro i padroni del mondo. Il vaccino è lo strumento principale”. 

 

Va da sé che l’emergenza richieda una risposta immediata, una risposta che solo le autorità sanitarie possono definire. L’organizzazione animalista Essere Animali ci invita comunque a osservare il problema con uno sguardo più ampio. “Continuare ad allevare milioni di polli, tacchini, anatre ed altri uccelli ci espone al rischio di una nuova pandemia di influenza aviaria, un rischio che non ci possiamo permettere di correre”, scrive l’ong. Pertanto, “scegliere un’alimentazione vegetale è un gesto collettivo che tutela la vita degli animali e la salute pubblica”.