Indice glicemico vs indice insulinico: differenze pratiche e menu di ottobre
Negli ultimi anni si è parlato moltissimo di indice glicemico, spesso usato come metro assoluto per giudicare un alimento “buono” o “cattivo”. Ma la realtà, come sempre quando si parla di metabolismo, è più complessa.

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IG e carico glicemico: ripasso rapido
L’indice glicemico (IG) esprime la velocità con cui un alimento che contiene carboidrati fa aumentare la glicemia rispetto a un riferimento standard, in genere il glucosio puro.
È importante sottolineare che si tratta di una misura di rapidità, non di intensità: indica “quanto velocemente”, non “quanto in alto” sale la glicemia.
Da qui nascono molti fraintendimenti. Un alimento con un IG elevato non provoca necessariamente un forte aumento della glicemia se la quantità di carboidrati è ridotta. La carota ne è un esempio classico: l’IG è alto, ma il contenuto di carboidrati è talmente basso che l’effetto reale sul sangue è minimo.
Altro aspetto spesso ignorato: l’indice glicemico si riferisce al singolo alimento assunto isolatamente, una condizione quasi mai reale. In un pasto, infatti, l’interazione tra carboidrati, proteine, grassi e fibre modifica radicalmente la risposta glicemica. Un piatto di pasta condito con verdure e olio extravergine, ad esempio, avrà un IG molto diverso rispetto alla stessa pasta consumata in bianco.
Per una valutazione più realistica conviene considerare il carico glicemico (CG), che tiene conto anche della quantità di carboidrati ingeriti. Il CG si ottiene moltiplicando l’IG per i grammi di carboidrati disponibili nella porzione.
Un alimento può quindi avere IG alto ma CG basso: è il caso di molti ortaggi, che contengono zuccheri in quantità modeste.
Il messaggio chiave è semplice: l’effetto di un cibo sulla glicemia dipende dal contesto e dalla quantità, non da un numero preso isolatamente.
L’indice insulinico: cosa misura e perché è diverso
L’indice insulinico (II) valuta la capacità di un alimento di stimolare la secrezione di insulina, l’ormone che consente al glucosio di entrare nelle cellule.
A differenza dell’indice glicemico, che osserva la risposta della glicemia, l’indice insulinico si concentra sulla risposta ormonale. E qui emergono alcune sorprese.
Non solo i carboidrati inducono rilascio di insulina: anche proteine e, in misura minore, alcuni grassi contribuiscono a questo meccanismo. Lo yogurt, ad esempio, può avere un IG basso ma un indice insulinico elevato, perché le proteine del latte stimolano direttamente le cellule beta del pancreas.
Questo spiega perché due alimenti con IG simile possano generare risposte metaboliche molto diverse.
L’indice insulinico, tuttavia, non va interpretato come un parametro “buono” o “cattivo”. In alcuni contesti — come nel recupero post-allenamento — una risposta insulinica più marcata è fisiologicamente utile per ricostituire le scorte di glicogeno e favorire la sintesi proteica. L’importante è comprendere che l’IG e l’II non coincidono e che ognuno fornisce informazioni su aspetti differenti del metabolismo.
Quando considerare l’uno e quando l’altro
Indice glicemico e carico glicemico sono strumenti utili per chi deve gestire la glicemia, come nel caso di persone con diabete o insulino-resistenza.
L’indice insulinico, invece, può offrire spunti aggiuntivi quando si studia la risposta metabolica complessiva o si progetta un piano alimentare che tenga conto anche della risposta ormonale ai pasti.
Nel contesto di una popolazione sana, però, la loro utilità è limitata se isolata dal quadro generale. La qualità degli alimenti, la frequenza dei pasti, la quantità di energia introdotta e l’attività fisica quotidiana restano i determinanti principali del metabolismo glucidico.
In altre parole, nessun picco glicemico è pericoloso di per sé se il bilancio energetico è in equilibrio e il corpo dispone di tessuti metabolicamente attivi — come la massa muscolare — in grado di utilizzare il glucosio in modo efficiente.
Due menu autunnali “low-spike” completi
Menu “famiglia” – equilibrio stagionale e sazietà duratura
Colazione
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Yogurt bianco intero o kefir
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Fiocchi d’avena integrali
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Mela o pera a cubetti
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Un cucchiaino di semi di lino o chia
Spuntino di metà mattina
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Una manciata di frutta secca e un frutto di stagione a scelta
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Un caffè o tè non zuccherato
Pranzo
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Pasta integrale con zucca e ceci, condita con un filo d’olio extravergine e rosmarino
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Contorno di bietole o spinaci saltati
Merenda
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Yogurt bianco intero con un cucchiaio di cacao amaro o una manciata di castagne bollite
Cena
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Filetto di orata o branzino al forno con patate e finocchi
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Insalata mista di stagione con olio e limone
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Un piccolo frutto (ad esempio un kiwi o una clementina)
Perché funziona: fibre, legumi e cereali integrali rallentano la digestione, garantendo un rilascio graduale di glucosio e una risposta insulinica moderata. Le porzioni restano bilanciate e la varietà di nutrienti mantiene stabile il senso di sazietà.
Menu “sportivo” – energia controllata e recupero efficiente
Colazione
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Pane integrale tostato con ricotta e miele
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Una spremuta d’arancia o un frutto a scelta
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Caffè o tè verde
Spuntino di metà mattina
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Yogurt greco intero con qualche frutto rosso
Pranzo
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Riso integrale con tacchino\pollo o tofu e verdure di stagione
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Un cucchiaio di olio extravergine d’oliva
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Una piccola porzione di verdure crude o cotte a scelta
Pre-allenamento (1 ora prima)
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Banana + due datteri e acqua
Cena (post-allenamento)
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Zuppa di legumi e cereali integrali (ad esempio farro con fagioli e zucca)
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Contorno di cavolo nero saltato con aglio e olio
Dopo cena (opzionale)
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Una tisana con zenzero o cannella e uno yogurt greco bianco con un filo di miele
Perché funziona: le fonti di carboidrati complessi forniscono energia di lunga durata, mentre le proteine e i grassi buoni aiutano il recupero e stabilizzano la risposta ormonale. I legumi e i cereali integrali assicurano un apporto costante di glucosio, evitando oscillazioni marcate della glicemia.