Intervista

Sacro come lo spazio per cercare se stessi

Siamo violini e possiamo vibrare. Sacro è lo spazio dell’andare per trovarsi, del viaggiare prendendo se stessi per mano. Intervista a Paola Germani, insegnante di movimento in senso esteso, viaggiatrice, ricercatrice, sciamana

Sacro come lo spazio per cercare se stessi

Sacro come lo spazio per fare spazio e trovare quello spazio per conoscersi. Scusate quello che, più che un gioco di parole, è una pura ripetizione. Sacra come la voglia di prendere se stessi per mano andare seguendo la necessità di vedere agire dentro e fuori di sé questo grande gioco del mondo, ruoli, destini, incontri. 

Sacra come la disposizione a cambiare pelle, idea, città. 

Questo viaggio spazia per arrivare a tutti questi spazi di cui sopra. 

Non programmata, divertentissima, serenamente viva. Sto parlando di questa intervista a Paola Germani, ma, a rileggere bene, sono qualità che all’intervistata appartengono moltissimo. Scrivo in modo completamente imparziale, quindi del tutto neutrale.

È che io a Paola le voglio un gran bene, proprio detto così, nel modo più professionale, visto che volere il bene è la professione universale. Credo questa donna faccia parte di quella schiera preziosa che ha intuito quanto importanti siano due fattori base, proprio base:

  • Non rompere l’anima agli altri lamentandosi;

“Il mio spazio sacro” è il suo primo scritto, un libriccino che ho letto nella versione in spagnolo (traduzione di Meritxell Iglesias Carbonell), pubblicato nel luglio 2012 da Spazio Interiore. Nemmeno 100 pagine in cui fluiscono tante tecniche, terapie, città, biglietti aerei e ferroviari, battiti di cuore, goccioline di sudore. Ne parliamo qui a Cure-naturali.it perché ci interessano i viaggi e gli sforzi per entrare dentro.

Paola ama il movimento, è stata professoressa di educazione fisica, ha studiato pedagogia e tecniche di riequilibrio energetico.

Nei suoi occhi ci sono 30 anni di ricerca tra India, Italia, Thailandia. La prima volta che li ho incrociati ci ho rivisto quella sensazione del sentirsi un po’ altrove col cuore, senza sofferenza, con una specie di calmo tendere verso

Aura soma, sincronicità, respirazione olotropica.  
Dublino, Pune, Rishikesh, Varanasi, Instanbul, Bangkok, Roma e altri luoghi.   
Salti temporali, incontri gentili, sogni, ritmo di passi. 

Questo piccolo libriccino si orienta molto sulla sintonia, sulla modalità di stare al mondo che non consuma, ma genera ulteriore bellezza. Nel 1995 la vita pone Paola davanti a tutto ciò che significa imparare a lasciare andare sicurezze, garanzie, stabilità. E il dolore grande che alla mente fa riscoprire un istinto naturale cui troppo spesso resistiamo: cambiamento.

C’è poi il sottobosco di una grande esplorazione personale nel mondo di tante terapie che trattiamo nel nostro portale. E una verità che mi sentirei di scrivere a caratteri cubitali alla fine di ogni articolo sulle terapie olistiche: il terapeuta o la terapeuta ci mostrano la via, ci accompagnano; il lavoro lo si svolge internamente, cercando, insistendo, aiutandosi in estrema complicità con i propri talenti visibili e nascosti. 

 

Si viaggia anche stando fermi o c’è bisogno di muoversi, andare in oriente o altre mete? 

Il mio andare si è avviato per una sincronicità cui ho sentito di voler dare ascolto. Non si è trattato di andare a fare la turista, anzi, l’opposto. Se mi son trovata in quei precisi luoghi è stato perché lì potevo risolvere ciò che c’era da risolvere in quel momento. Prendere la decisione di andare è come passare per i libri, usare le coincidenze.

Un esempio? Proprio quando stavo rivedendo il mio rapporto con la morte mi son trovata a Varanasi che è la città dove la morte si può vedere. Alcune mete non sono altro che gradini per renderti più consapevole.  

 

Paola Germani

 

Il tuo libro ha molto a che vedere con la sincronicità e con questo gioco di risonanza e attrazione in cui siamo immersi. Se sei occupato o preoccupato, la vita non ti si manifesta? O proprio perché sei occupato le cose che sarebbero buone per te non ti si avvicinano? 

Siamo fatti di vibrazioni che risuonano a una certa frequenza. Si tratta di uscire dalle vibrazioni della materia, collegarsi con il proprio sé e tutti i nostri corpi. In questa onda si manifestano sia avvenimenti a te favorevoli, sia si crea quel silenzio che serve per ascoltare la voce interiore.  

 

Come individuare momenti di silenzio interiore di vitale importanza, imparando a sfruttarli al meglio?

 

Chi pensa male, maledice, si lamenta influisce sul nostro campo vibratorio? 

Sì. Guarda, noi nasciamo con un unico compito nella vita: essere custodi di questa anima. Lei vuole esser portata a un punto più grande, esteso. Tutto il resto sono… ehm… (ride)... ci siamo capite. 

 

L’anima ha il compito di pensare a se stessa? 

. Quando mi decido a farlo intraprendo un cammino. Per uno può significare mettersi in viaggio, per un altro stare a casa. Non è detto che ci sia qualcosa che sia giusto in senso assoluto.  

 

Che vuol dire prendersi cura di sé? 

Esprimere all’universo la propria intenzione. L’universo si può accorgere che tu stai facendo sul serio, puoi dargliene prova. Andare nei luoghi di cui scrivo nel libro è stato soprattutto rispondere a una crescita che avevo deciso di fare. L’ho scritto per me, mai avrei pensato che sarebbe stato pubblicato.  

Si respira tanto nel libro questa dimensione di esistere come giocare. La vita è un gioco? 

In termini di filosofia induista si parla di Lila o Leela (in sanscrito लीला: passatempo, gioco).

Si tratta del gioco creativo di Dio, che, dopo aver creato il tutto, si è aperto, ha lanciato estroflessioni quasi per giocare e vedere che sarebbe accaduto. Io, te, saremmo cellule che il divino ha “buttato fuori”. Considera che per molto tempo ho avuto il rifiuto della tradizione da cui provengo: questa iconografia di tristezza, santi flagellati, sangue, punizione, colpa. Studiando le religioni indiane mi sono accorta che, oltre queste strutture umane c’era un senso intenso, diverso.  

 

In molti mitizzano l’India. Occorre andarci per capire?  

Guarda, significa più che altro di togliersi un po’ dalle convinzioni in cui siamo immersi, staccarsi dal proprio ambiente. Questo ti permette di creare una forza utile poi per sviluppare il cambiamento anche su altri livelli.  

 

Molti cantanti, vedi Madonna, Alanis Morissette e altri alla fine manifestano verso l’India qualcosa che, sintetizzato, somiglia a un: grazie. Tu per cosa la ringrazieresti? 

L’India è il femminile, ti accoglie, ti sostiene e non ti chiede nulla in cambio. Questa è la grande differenza, se vuoi, rispetto ad altre mete.

Immaginala come una persona che sta lì e ti aspetta a braccia aperte. Ovvio, è cambiata molto nel tempo, ma ecco tu scendi dall’aereo e ti senti sollevata, qualcosa che non sai definire ti sostiene, ti lascia la possibilità di vivere ed esplorare tutta la tua energia vitale.

Puoi capire chi sei, di cosa hai bisogno. Questo paese può aprire una fase che, come ogni fase, è momentanea, ma può produrre un cambiamento profondo, rigoglioso, orientato all’abbondanza. 

 

Che significa essere zen in tempi di crisi?

 

 

Immagine | Paola Germani