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La natura integrata dello Yoga e il contributo dei Tantra

La pratica dello Yoga nella sua visione sistemica integrata come risoluzione dei conflitti tra corpo e anima e il contributo dei Tantra

La natura integrata dello Yoga e il contributo dei Tantra

Per comprendere la natura sistemica integrata dell'essere umano nel suo corpo-mente, il contributo dei Tantra è straordinario, con la visione del corpo metafora e al tempo stesso legame con l'intero universo, lo sviluppo di pratiche centrate nel e sul corpo come fonte di unione su piani spirituali, dove per spirituali si intende incorporei, non visibili all'occhio umano ma egualmente e fortemente presenti in ciascuno di noi.

Nei Tantra, ad esempio, la colonna vertebrale non è soltanto ciò che anatomicamente conosciamo come tale, ma diventa il mitologico Monte Meru, il centro dell'Universo. Lo scorrere del sangue e le correnti più sottili di energia diventano i fiumi sacri che serpeggiano nel territorio indiano: Gange, Saraswati, Yamuna. Le migliaia di Templi dedicati alle dee e agli dei disseminati un po' ovunque in India, qui li ritroviamo incarnati nel corpo. Mircea Eliade descrive così questa relazione micro-macro:

“In queste discipline, le attività sensoriali venivano magnificate sconvolgendo le proporzioni come risultati di infinite identificazioni con gli organi e le funzioni fisiologiche con regioni cosmiche, stelle e pianeti, dei, eccetera. Hatha Yoga e Tantra transustanziano il corpo fornendogli dimensioni macro-antropiche e assimilandolo ai vari corpi mistici (…) Molti 'corpi sottili' sono sovrapposti: il corpo sonoro (suono), il corpo architettonico, il corpo cosmologico, il corpo mistico-fisiologico. Questa omologazione multistrato deve essere compresa; ma in quanto risultato dell'esperienza yogica, il corpo fisico si “dilata”, si “cosmicizza” e si transustanzia”.

I differenti corpi sottili di cui parla Eliade si riferiscono a una serie di associazioni: i suoni elementali correlati ad alcuni centri del corpo (corpo sonoro), l'edificio dei templi basato su una struttura dalla forma umana (corpo architettonico), il ritratto dell'universo che è l'intero corpo della Shakti (il corpo cosmologico), e una fisiologia elaborata dell'essere umano che ha risvegliato il suo corpo sottile attraverso l'esperienza diretta con il divino (il corpo mistico-fisiologico). Di conseguenza, attraverso lo Yoga, questi corpi macrocosmici vengono scoperti per essere incorporati all'interno del microcosmo.

Da questi assunti, il corpo nei Tantra è identificato come parte sacra della Creazione (Shakti), la personificazione dei principi maschile e femminile, e come riflesso dei movimenti fondamentali dell'intero universo.

Ma se l'assoluto si estende fino al corpo, qual è allora il senso delle pratiche fisiche? Come viene incorporato il divino? Il modello classico dei koshas (gli strati del corpo) viene descritto innanzi tutto come una visione yogica dell'incarnazione. La fisiologia sottile dello Yoga è dunque considerata come vero e proprio sentiero della trasformazione yogica. Sebbene questa visione del corpo abbia diverse correlazioni con l'anatomia occidentale, è stata codificata grazie a un processo ascetico e “visionario” di meditazione profonda all'interno del corpo.
In tutta la tradizione yogica, il corpo stesso del praticante è il vero e proprio laboratorio della scoperta.

Ecco perché, anziché a descrizioni anatomiche, ci troviamo di fronte a un linguaggio fortemente metaforico, basato sull'esperienza e naturalmente radicato all'interno del simbolismo della cultura spirituale indiana. Come lo stesso Mircea Eliade sostiene, la fisiologia sottile fu probabilmente elaborata su esperienze ascetiche, estatiche e contemplative e dunque espressa con lo stesso linguaggio simbolico della cosmologia tradizionale e rituale.

In ogni caso, sarebbe riduttivo relegare la consapevolezza di questa fisiologia sottile a componente e strutturante soltanto dei praticanti di Yoga o degli indiani. Può – e deve- essere risvegliata in tutti gli esseri umani, in quell'ottica di risveglio e di restituzione della sovranità estorta alla Mater che è il “fare anima” cui si riferisce fondamentalmente James Hillman.

 

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