News

Riaprire un sito di cave: cosa comporta per l'ambiente

L’attività estrattiva va sempre più considerata come un retaggio del passato, anche per i suoi enormi impatti ambientali. Ma c’è anche chi propone di riaprire cave naturalizzate da decenni.

cava-marmo-appennino

Credit foto
©lightpoet/123rf.com

Dall’estrattivismo all’economia circolare

“Le cave sono un indicatore efficace per capire a che punto siamo della transizione del settore delle costruzioni verso un modello che punti su qualità ambientale e riciclo, capace di fermare la drammatica crisi iniziata nel 2008”. Inizia così l’edizione 2021 del Rapporto cave di Legambiente.

 

Era proprio il 2008 quando l’organizzazione ambientalista italiana iniziò il suo lavoro di monitoraggio delle attività estrattive in Italia, per capire quanti e quali materiali vengono ottenuti dal sottosuolo, quali territori sono interessati da tali attività, qual è l’impatto sull’ambiente e sul paesaggio e come si sta evolvendo il contesto normativo.

 

Le cave, sottolinea Legambiente, sono l’eredità che ci rimane dall’epoca dell’economia lineare. Adesso questo paradigma non è più ammissibile: non possiamo più deturpare il territorio per attingere a materiali per cui abbiamo già delle alternative valide, altrettanto performanti e realizzate mediante il recupero e il riciclo. Restare pigramente ancorati allo status quo significa precludersi altre opportunità ben più vantaggiose, tanto per l’economia quanto per l’ambiente.

 

Quante cave ci sono in Italia

È proprio il report di Legambiente che ci permette di tracciare un quadro aggiornato della situazione. In questo momento, in Italia le cave sono 4.168: in questo conteggio si includono tanto quelle attive, quanto quelle che potrebbero esserlo perché hanno le autorizzazioni ma, in questa fase, non hanno operazioni estrattive in corso. 

 

Questo numero è in costante diminuzione: nel 2017 le cave attive e autorizzate erano 4.752, nel 2008 erano 5.725 (da allora il calo è stato addirittura del 37%). Viceversa, aumenta il numero delle cave dismesse o abbandonate: nel 2021 sono 14.141, ben 727 in più rispetto al 2017. Questo fatto da un lato è figlio della crisi dell’edilizia, dall’altro lato segnala un problema ambientale da affrontare al più presto, perché i siti abbandonati vanno ripristinati.

 

Cosa significa riaprire cave naturalizzate

Ma c’è anche chi ha intenzione di fare esattamente l’opposto, cioè riaprire cave naturalizzate. Come Cava Peghini, nelle alpi Apuane, che ricade nel territorio del comune di Fivizzano (in provincia di Massa-Carrara). Il fatto che la riapertura sia prevista dal nuovo piano integrato del Parco delle Alpi Apuane ha provocato un’immediata levata di scudi da parte delle sezioni locali di Legambiente e del Cai, il Club Alpino Italiano.

 

A detta di queste organizzazioni, il progetto è insensato da ogni punto di vista. Innanzitutto in termini di praticità: la cava ormai è dismessa da decenni, è pienamente naturalizzata, è lontana da qualsiasi bacino estrattivo ed è priva di quelle infrastrutture che permetterebbero le attività di escavazione. 

 

Per non parlare dell’impatto ambientale. “Facciamo presente che la riapertura della cava, con la conseguente e necessaria realizzazione della viabilità di servizio, comporterebbe la distruzione di un’intera area boscata con gravi danni paesaggistici e ambientali”, scrive Legambiente Carrara in una lettera aperta in cui ricorda il nuovo testo dell’articolo 41 della nostra Costituzione: l’iniziativa economica privata è libera, purché non rechi danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, alla salute, all’ambiente.

 

Per permettere alle persone di toccare con mano il patrimonio paesaggistico che rischierebbe una ferita forse insanabile, il Cai e l’organizzazione di volontariato “Apuane Libere” hanno organizzato un’escursione, aperta a tutti, nella zona interessata. 

 

“Che impatto potrebbe avere la riapertura di questa cava, sull’ambiente già notevolmente compromesso delle pendici del Monte Sagro e del Monte Borla? Sull’importante colonia di tritone alpestre apuano (una specie endemica delle nostre Alpi) stabilitasi proprio nel laghetto sul fondo della cava, vera oasi di biodiversità?”, scrivono i referenti delle associazioni. “Non è solo quindi godere delle bellezze del paesaggio attraversato, bensì si tratta anche di sviluppare attraverso confronti ed approfondimenti, una sensibilità orientata alla cura e alla difesa dell’ambiente”.