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Il Parlamento europeo finalmente si attiva contro la deforestazione

L’Amazzonia e le altre foreste tropicali primarie vengono distrutte per coltivare o estrarre beni che, in gran parte, siamo noi a comprare. Le istituzioni europee vogliono impedirlo.

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©pedarilhos / 123rf.com

L’Unione europea vuole bloccare i prodotti legati alla deforestazione

Se la deforestazione è un problema prevalentemente delle zone tropicali del pianeta, come l’Amazzonia, il bacino del Congo e l’Indonesia, noi europei possiamo fare qualcosa per fermarla? La risposta è sì. Possiamo fare molto, moltissimo. Perché le foreste primarie vengono distrutte, spesso illegalmente, per ricavare legname o per fare spazio a pascoli e piantagioni intensive. Tutto ciò è finalizzato a produrre beni che siamo noi, dall’estero, a comprare. 

 

Da questa consapevolezza prende il via una bozza di regolamentazione della Commissione europea che vuole vietare l’importazione di beni – alimentari e non solo – che in qualche misura siano legati alla deforestazione. Una proposta che deve affrontare un lungo iter, ma sta andando avanti. E che il 12 luglio 2022 è stata resa ancora più ambiziosa da alcuni emendamenti che sono stati votati a larghissima maggioranza dalla Commissione ambiente del Parlamento europeo.

 

Cosa prevede la bozza di normativa sulla deforestazione

La normativa introduce per le aziende l’obbligo di verificare che determinati beni venduti nell’Unione europea non siano stati prodotti su terre deforestate o degradate. Questo principio tecnicamente si chiama due diligence ed è un netto cambiamento di rotta rispetto al passato, perché fa sì che le aziende siano ritenute responsabili non solo di ciò che fanno in prima persona, ma anche della condotta dei loro fornitori e subfornitori.

 

Per com’è stata concepita dalla Commissione europea, la proposta riguarda bestiame, cacao, caffè, olio di palma, soia e legname, così come i loro derivati (per esempio cioccolato, cuoio e mobilio). L’Europarlamento chiede di aggiungere anche carne di maiale, pecora e capra, pollame, mais, gomma, carbone e carta stampata. 

 

Una volta entrata in vigore la normativa, entro due anni la Commissione dovrà decidere se estenderla ad altri beni, come la canna da zucchero, le risorse minerarie e l’etanolo.

 

Bisogna salvare l’Amazzonia, e non solo

I deputati europei alzano la posta, chiedendo analoghe garanzie anche per gli istituti finanziari. E invitando ad allargare i confini della normativa per comprendere anche altri ecosistemi naturali in pericolo. 

 

È della stessa opinione anche Martina Borghi, responsabile della campagna foreste della ong ambientalista Greenpeace Italia. “Se la normativa proteggerà solo le foreste, gli impatti della produzione agricola industriale rischiano di spostarsi su altri ecosistemi come savane e zone umide che, esattamente come le foreste, ospitano popoli indigeni, specie animali e vegetali rare, e svolgono un ruolo importante nell’assorbimento dell’anidride carbonica e quindi nella lotta alla crisi climatica”.

 

Un esempio? Il Cerrado brasiliano, la savana più ricca di biodiversità del Pianeta, già deturpato dalle piantagioni di soia destinate all’industria dei mangimi.

 

“Il voto di oggi è un buon risultato, ma dovrà essere confermato a settembre”, conclude Borghi. “Nel frattempo dobbiamo fare di più se vogliamo che i consumi europei non siano più legati alla distruzione della natura”.