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Un dialogo a 4 su una moda (davvero?) più sostenibile

Dopo il trauma del Covid-19, la moda deve cambiare. Sì, ma come? Ne hanno discusso quattro pesi massimi del settore, riuniti dal New York Times.

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©karnizz / 123rf.com

L’impatto del Covid-19 sulla moda

Sarebbe difficile citare un settore che non ha sofferto per la pandemia da coronavirus, ma senza dubbio la moda ne è stata travolta con la violenza di uno tsunami. 

 

Con le persone improvvisamente rinchiuse tra quattro mura e i negozi con le serrande abbassate, gli ordini si sono improvvisamente azzerati. Gli operai della filiera, disseminati tra India, Bangladeh, Etiopia e altri Paesi del sud del mondo, hanno accumulato indennità di licenziamento e salari non corrisposti per un totale di 10 miliardi di euro. Nel frattempo, i magazzini si riempivano di capi invenduti che nessuno sapeva più come smaltire. 

 

Secondo le stime del McKinsey Global Fashion Index, nel 2020 i profitti del comparto moda sono crollati del 90%, dopo il +4% del 2019. Lo scenario più ottimistico prevede di tornare ai livelli pre-Covid già nel terzo trimestre 2022, quello più pessimistico sposta in là questo orizzonte di un altro anno.

 

Il dibattito organizzato dal New York Times

Cos’abbiamo imparato negli ultimi 12 mesi, sempre se abbiamo imparato qualcosa, e in che direzione stiamo andando?”. Con questa domanda il New York Times ha riunito quattro pesi massimi del settore fashion:

 

  • Anna Wintour, chief content editor della casa editrice statunitense Condé Nast (a cui fanno capo Vanity Fair, Vogue e il New Yorker). 
  • Nicolas Ghesquière, direttore artistico delle collezioni femminili per Louis Vuitton.
  • Tracee Ellis Ross, attrice statunitense nota per la sua interpretazione Rainbow Johnson nella sitcom Black-ish e imprenditrice del marchio di prodotti per capelli Pattern. 
  • Il portoghese José Neves, fondatore e amministratore delegato di Farfetch, marketplace digitale che vende prodotti di oltre 700 boutique e marchi di tutto il mondo.

 

Il futuro della moda dev’essere più sostenibile

In questa conversazione fitta di idee e suggestioni, la sostenibilità ha avuto un ruolo centrale. “Il Covid ci ha spinti a prendere decisioni su come la moda dovrà andare avanti”, ha affermato Anna Wintour.

 

“Spero che i designer si focalizzino sempre di più su vestiti estremamente creativi, vestiti che durano nel tempo, vestiti che hanno una connessione emotiva con le meravigliose persone che li indossano. E che questo aiuti i lettori e i clienti a capire che i vestiti non sono usa e getta. Che possono durare per tutta la vita. Che possono essere lasciati in eredità ai figli, come i gioielli. Spero che tutti noi incoraggeremo questo modo di vedere le cose”, ha continuato. 

 

Insomma, bisogna virare nella direzione opposta rispetto a un presente in cui “produciamo troppo e produciamo troppe cose sbagliate”, per riprendere le parole di José Neves. Il che non significa rinunciare alla creatività, sottolinea Nicolas Ghesquière che – da direttore artistico – ne fa il fulcro del suo lavoro. Significa creare “articoli senza tempo che durano più di una stagione” e fare in modo che vengano indossati, anno dopo anno.

 

Un prezioso assist arriva dalle piattaforme digitali che permettono per esempio di rivendere capi di seconda mano, tanto di lusso (come Vestiaire Collective, The RealReal o greenchic) quanto per un uso quotidiano (come Vinted o Depop). Oppure dai servizi di noleggio. Iscrivendosi a Nuuly o The Lauren Look (lanciato da Ralph Lauren) si riceve a casa ogni mese un pacchetto di vestiti da indossare e restituire; per le occasioni speciali ci sono i servizi “one-shot” come Rent the Runway.

 

Produrre meno, produrre meglio

“È vero: potremmo usare cose nuove in continuazione. Ma ci sono anche tanti modi in cui la proposta della moda può evolversi nel reinterpretare e riutilizzare gli elementi. Credo che la trasparenza sul modo in cui sono fatte le cose sia destinata a diventare essenziale. Ma è anche assolutamente essenziale non produrre troppo. Se non controlli i tuoi stock, produci in eccesso e generi sprechi”, chiosa Ghesquière.

 

Insomma, il dibattito è avviato. Il fatto che certi ingranaggi del sistema non funzionassero è sotto gli occhi di tutti. Quale sarà, allora, il futuro della moda? “A essere onesto, non lo so”, conclude Neves. “Questa è uno degli aspetti fantastici della moda. È così imprevedibile. E questo è indiscutibilmente parte del mistero e del fascino di questo mondo”.