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Metaverso: è sostenibile?

Nell'annunciare i suoi investimenti nel metaverso, Mark Zuckerberg l'ha presentato come un sistema in grado di evitare un enorme volume di emissioni di CO2. Sarà davvero così?

Metaverso

Cos’è il metaverso

Era il 1992 quando lo scrittore Neal Stephenson, nelle pagine del romanzo Snow Crash, descriveva per la prima volta una realtà virtuale in cui si poteva interagire attraverso il proprio avatar in 3D. Il metaverso, appunto. A distanza di tre decenni, quella che era nata come fantascienza sta diventando una possibilità molto, molto concreta. 

 

La prova definitiva è arrivata il 28 ottobre 2021 quando l’imprenditore statunitense Mark Zuckerberg, che grazie ai social network è diventato il settimo uomo più ricco del mondo, ha cambiato il nome della società capogruppo che controlla Facebook, Instagram, Messenger e Whatsapp (e non solo): non più Facebook bensì Meta

 

Il metaverso è la prossima frontiera nel connettere le persone, proprio come lo era il social networking quando abbiamo iniziato”, ha annunciato Zuckerberg. In questi anni Internet è diventato sempre più immersivo, perché il nostro smartphone si è trasformato in una finestra sul mondo a cui siamo connessi 24 ore su 24. Il metaverso, promette però Zuckerberg, sarà ancora coinvolgente perché ci darà la sensazione di partecipare fisicamente all’esperienza. 

 

“Nel metaverso, sarai in grado di fare quasi tutto ciò che puoi immaginare – riunirti con amici e familiari, lavorare, imparare, giocare, fare acquisti, creare – così come esperienze completamente nuove che non si adattano a come pensiamo ai computer o ai telefoni oggi”, ha continuato Zuckerberg.

 

L’impatto ambientale del metaverso

Nel suo entusiasta discorso di presentazione, il patron di Facebook ha subito fatto menzione alle emissioni di CO2 che eviteremo quando potremo lavorare o divertirci con gli amici nel metaverso, invece di spostarci fisicamente. Impossibile non chiedersi, dunque, se si appresti a essere davvero così green come promette. I tempi non sono ancora maturi per dare una risposta netta, ma si può quantomeno impostare un ragionamento. 

 

Americana Chen, ricercatrice per il World Institute of Sustainable Development Planner e l’Unesco Hong Kong Association, ha provato a stilare una lista dei pro e dei contro

  • Il primo indiscutibile vantaggio è quello citato dallo stesso Zuckerberg: sostituire beni ed eventi fisici con i loro equivalenti virtuali equivale tagliare le emissioni legate all’uso di materie prime, ai trasporti, allo smaltimento dei rifiuti e così via. 
  • Una realtà virtuale così sofisticata può inoltre diventare uno strumento prezioso per gli scienziati, impegnati – tra le altre cose – a studiare gli scenari climatici e testare tecnologie verdi. 
  • Un terzo punto a favore a livello ambientale sta nel fatto che l’infrastruttura del metaverso sia decentralizzata; ed è stato dimostrato quanto l’archiviazione dei dati in cloud abbia un impatto ambientale inferiore rispetto ai data center tradizionali.

 

Che dire, invece, dei contro? 

  • Innanzitutto, un uso sempre più massiccio della Rete comporta inevitabilmente un aumento delle emissioni associate al consumo di energia delle varie infrastrutture indispensabili per il suo funzionamento. Già oggi queste ultime rappresentano il 2% delle emissioni globali di CO2, l’equivalente dell’intero settore dell’aviazione.
  • Una user experience personalizzata come quella promessa dal metaverso è possibile grazie all’Intelligenza Artificiale. Gli algoritmi vanno prima allenati e poi nutriti con i dati sui comportamenti degli utenti. E ciascuna di queste operazioni comporta il dispendio di energia e la generazione di CO2.
  • Per la paralisi dei commerci globali innescata dalla pandemia, si è creato uno squilibrio tra domanda e offerta di chip che – secondo gli esperti – non si risolverà prima del 2023. Questo potrebbe danneggiare il mercato dell’auto elettrica, messe in secondo piano dai produttori di chip che, viceversa, hanno privilegiato i clienti del comparto IT. 
  • Il metaverso non può esistere senza gli NFT, che potremmo descrivere come certificati virtuali di originalità e autenticità creati tramite la blockchain. Un’infrastruttura, ancora una volta, energivora. Chen cita un’analisi per cui una singola transazione in Ethereum emette circa 110 kg di CO2, l’equivalente di oltre 18mila ore di video visualizzati su YouTube.